Dato per scontato che in natura – a parte i patogeni veri e propri – non esistono batteri buoni e batteri cattivi e che questa distinzione è una semplificazione di comodo per far comprendere al grande pubblico che alcuni microrganismi contribuiscono attivamente al benessere dell’organismo, accade periodicamente che la letteratura scientifica punti l’indice accusatorio contro un batterio commensale opportunista che in determinati contesti e circostanze sembri sia coinvolto più o meno direttamente in uno o più stati patologici.
È questo il caso di Desulfovibrio piger, batterio gram-negativo, solfato-riduttore appartenente alla famiglia delle desulfovibrionaceae, phylum proteobacteria. Ubiquitario nell’ambiente e commensale nel microbiota intestinale, il D. piger è responsabile della produzione di H2S e la sua proliferazione eccessiva è stata collegata allo sviluppo di numerose malattie, non soltanto intestinali.
A suo carico ci sono poi capi di imputazione multipli e la requisitoria nei suoi confronti appare stringente. Lo intervistiamo in attesa che venga pronunciata la sentenza.
Signor Desulfovibrio piger, ci spiega come è finito sul banco degli imputati?
«Alcuni studi sostengono che mi si possa rintracciare in quantità eccessive nel microbiota di pazienti affetti da diverse malattie. In pratica, vengo accusato di essere in possesso di proprietà genotossiche e di alterare la struttura molecolare del muco intestinale, aprendo in questo modo il varco ai processi infiammatori (1). Parte proprio da queste constatazioni una lunga serie di capi di imputazione, ma ritengo si tratti almeno in parte di una discriminazione a scapito di una minoranza: me compreso, infatti, sono soltanto cinque i batteri che utilizzano la riduzione dissimilativa del solfato con H2S come prodotto finale (2). Sono insomma un bersaglio facile: basti pensare che una recente review mi ha definito “The enemy within”, cioè “Il nemico interno”, prendendo spunto da una serie tv che parla di un’agente della CIA che ha tradito il proprio paese. E questo senza contare che il mio nome evoca inevitabilmente il Vibrio cholerae e non depone certo a mio favore».
Detto senza mezzi termini, l’atto di accusa nei suoi confronti è piuttosto pesante e circostanziato…
«Devo ammettere che è così. Oltre al generico coinvolgimento nell’infiammazione intestinale che determina il Crohn e la colite ulcerosa, si parla di batteriemia con disseminazione extraintestinale, di malattie di carattere neurodegenerativo come il Parkinson, ma anche di disturbi dello spettro autistico e deficit cognitivi, fino all’onnipresente cancro e alla sindrome metabolica (3), e altro ancora. Ma voglio sottolineare che molte di queste cosiddette evidenze provengono da studi condotti su modelli animali e non sono mai state confermate oltre ogni ragionevole dubbio nell’uomo».
Secondo la letteratura scientifica, però, molti di questi studi equivalgono a testimonianze di colpevolezza e gli accertamenti descrivono anche di ipotetiche modalità d’azione a danno dell’organismo…
«Sì, si è parlato del ruolo dannoso svolto da alcuni prodotti del mio metabolismo che rappresenterebbero in pratica la mia longa manus, quasi alla stregua di complici che farebbero il lavoro sporco per mio conto. Giusto per fare nomi e cognomi, sono stati chiamati in causa soprattutto l’idrogeno solforato, ma anche il lipopolisaccaride come endotossina e le vescicole extracellulari. Poi ci sarebbero i condizionamenti a carico della struttura molecolare del muco intestinale, che compromettono l’integrità di barriera e aprono il varco ai processi infiammatori. Roba, insomma, che può far pensare a una vera e propria associazione a delinquere. È una bella teoria, lo ammetto, ma si tratta pur sempre di pura teoria, per la quale mancano prove davvero concrete. In altre parole, il mio ipotetico modus operandi resta in gran parte da dimostrare, e questo sorvolando sull’intenzionalità degli ipotetici reati».
In ambito biologico l’intenzionalità non ha un gran significato…
«Ne sono consapevole, intendevo dire che tutte le malattie per le quali sono stato chiamato in causa sono patologie complesse e multifattoriali, per le quali non credo sia corretto additare un unico responsabile, che nella fattispecie sarei io. Non mi piace la parte del colpevole che si nasconde dietro attenuanti generiche o, addirittura, né intendo presentarmi come una vittima delle circostanze, ma voglio ricordare che l’intero filone degli studi sul microbiota sottolinea quanto siano decisive le abitudini dietetiche dell’ospite per determinare i cambiamenti d’assetto della microflora endogena che aprono la strada a problemi di salute (4)».
Sta di fatto che la sua reputazione è irrimediabilmente compromessa e ormai sarà difficile scrollarsi di dosso la qualifica di patobionte…
«Può darsi, ma resto convinto che le accuse che mi vengono rivolte siano basate esclusivamente su prove indiziarie e che per accertare la verità siano necessarie ulteriori indagini. Ma c’è di più: non è la prima volta che mi trovo sul banco degli imputati e se proprio bisogna attribuire tutta questa rilevanza agli studi in letteratura non credo sia superfluo ricordare che un lavoro recente (5) – peraltro condotto su un’ampia coorte di soggetti – mi ha sostanzialmente assolto, attestando semmai che l’abbondanza della mia presenza nel microbiota coincide con migliori condizioni di salute in termini di BMI, girovita, trigliceridemia e uricemia, quanto meno in alcune specifiche popolazioni».
Che cosa si aspetta quindi dal processo attualmente in corso?
«Direi un’assoluzione perché non ho commesso il fatto o per insufficienza di prove, ma comprendo che sia difficile che un carico di accuse così pesante possa concludersi con un nulla di fatto, per cui sarei anche disposto a patteggiare una lieve condanna a svolgere lavori socialmente utili. Voglio ricordare infatti che posso vantare possibili applicazioni in ambito biotecnologico, in particolare nello smaltimento e riclaggio dei metalli pesanti (2), a tutto vantaggio dell’ambiente. Sempre in termini ecologici, tramite l’ossidazione di benzene, toluene, etilbenzene e xilene posso anche fornire contributi interessanti alla bonifica ambientale dai derivati del petrolio (2). In ogni caso, ritengo che la soluzione migliore sarebbe di sospendere il verdetto in attesa di nuovi riscontri».
References
- Chassaing B. Microbiota Alterations in Inflammatory Bowel Diseases: From Correlation to Causality. Cell Mol Gastroenterol Hepatol 2016 May 14;2(4):403-404
- Dordevic D., Jancikova S., Vitezova M., Kushkevych I. Hydrogen sulfide toxicity in the gut environment: Meta-analysis of sulfate-reducing and lactic acid bacteria in inflammatory processes. J. Adv. Res. 2021;27:55–69. doi: 10.1016/j.jare.2020.03.003
- Singh SB, Carroll-Portillo A, Lin HC. Desulfovibrio in the Gut: The Enemy within?. Microorganisms. 2023;11(7):1772. Published 2023 Jul 7. doi:10.3390/microorganisms11071772
- Gentile CL, Weir TL. The gut microbiota at the intersection of diet and human health. Science. 2018;362:776–780. doi: 10.1126/science.aau5812.
- Chen YR, Jing QL, Chen FL, Zheng H, Chen LD, Yang ZC. Desulfovibrio is not always associated with adverse health effects in the Guangdong Gut Microbiome Project. PeerJ. 2021;9:e12033. Published 2021 Aug 18. doi:10.7717/peerj.12033