Curare il microbiota per vivere più a lungo. È quanto si può parafrasare dallo studio di Na Wang e colleghi della Fudan University di Shangai (Cina) recentemente pubblicato su PLOS ONE. L’elevata concentrazione di Bacteroides fragilis, Parabacteroides merdae, Ruminococcus gnavus e Clostridium perfringens sembrerebbe infatti contribuire alla longevità. Non solo. Contrariamente a quanto si possa pensare, il microbiota di ultra-novantenni in buona salute sembra caratterizzato da una maggior ricchezza, robustezza e diversità rispetto a soggetti di 65-70 anni.
Che l’età influenzi la nostra componente batterica intestinale è noto. Lo è meno come questo cambi in ristrette finestre di tempo soprattutto durante la vecchiaia e se influenzi addirittura la durata della vita. I dati finora disponibili sono stati infatti ricavati da studi su popolazioni selezionate o focalizzati su determinati ceppi. Manca perciò una visione d’insieme che comprenda non solo l’età, ma anche lo stile di vita, la dieta, le caratteristiche fisiche ecc. È quanto hanno fatto i ricercatori cinesi confrontando 187 campioni fecali ottenuti da 198 soggetti residenti in diverse zone della Cina definiti anziani se di età compresa tra 65 e 70 anni (n=95) o longevi se di 90-99 anni (n=52) o al di sopra dei 100 anni (n=40). I dati microbiologici sono stati quindi incrociati con quelli relativi a parametri antropometrici (sesso, peso, altezza ecc.) e agli stili di vita (fumo, alcol, dieta ecc.). Di seguito i principali risultati.
Analizzando per prima cosa le caratteristiche generali del microbiota dei tre gruppi è emerso che:
- sono stati identificati un totale di 1.023 OTUs
- ricchezza e diversità sono risultate significativamente differenti tra i gruppi 65-70 e 90-99, con valori minori nel primo. Analogia è stata invece riscontrata tra i due sottogruppi longevi (90-99 e 100+)
Passando poi alla composizione dei taxa:
- a livello di phylum, Bacteroidetes, Firmicutes e Proteobacteria sono risultati i più abbondanti in ogni gruppo. La maggior parte dei phyla non ha tuttavia mostrato alterazioni significative tra i gruppi, a eccezione di Synergistetes e Verrucomicrobia
- a livello di famiglia, è stata rilevata una concentrazione notevolmente maggiore di Prevotellaceae, Lachnospiraceae e Porphyromonadaceae nel gruppo dei longevi
- negli ultracentenari, rispetto agli anziani (65-70 anni), è stata inoltre registrata un’abbondanza relativa più alta di Ruminococcaceae, Alistipes e Barnesiella, minore di Lachnospira, Prevotella_9 e Prevotella_2. Se confrontati invece con il gruppo 90-99, è emersa una maggiore espressione di Barnesiella, Butyricimonas e Butyricicoccus, minore di Streptococcus
- gli ultracentenari hanno mostrato rispetto agli anziani una concentrazione significativamente più elevata di Clostridium_sensu_stricto_1, Parabacteroides e Streptococcus, inferiore di Megamonas, Blautia e Coprococcus_2.
Correggendo infine tali risultati per abitudine al fumo, alcol, dieta e BMI, Bacteroides e Faecalibacterium a livello di genere e Bacteroides fragilis, Parabacteroides merdae CL03T12C32, Ruminococcus gnavus, Coprococcus sp HPP0074 e Clostridium perfringens a livello di specie hanno mostrato associazione positiva con la longevità. Correlazione negativa invece per Bacteroides vulgatus, Ruminococcus sp 5139BFAA e Clostridium sp AT5.
Nonostante alcune evidenze sostengano una riduzione progressiva soprattutto della biodiversità con l’avanzare dell’età, questo studio ha invece rilevato un profilo batterico “migliore” in soggetti ultranovantenni rispetto ai più giovani. Alcuni taxa maggiormente presenti nel gruppo dei longevi sembrerebbero inoltre positivamente associati a una maggior durata della vita. A questi, si aggiungono con ogni probabilità altri taxa non ancora identificati e perciò in attesa di ulteriori approfondimenti.