A dominare, per tutto il 2020, è stata senz’altro la pandemia da Covid-19. Ma è stato anche l’anno in cui, per la prima volta, i finanziamenti privati (venture capital) alle aziende che studiano e sviluppano prodotti microbiome based hanno sostanzialmente superato i finanziamenti pubblici.
Ma non solo. Sono state pubblicati oltre 75.000 paper, ci sono circa 150 studi clinici attualmente in corso e finanziamenti da venture funding raggiungono quasi i 2 miliardi di dollari. Risultati notevoli, considerando le difficoltà del periodo.
Impennata di studi pubblicati
Sono state oltre 75.000 le pubblicazioni uscite nel 2020 che in un modo o nell’altro hanno a che fare con la ricerca sul microbioma. Una crescita del 24% rispetto al 2019, lo stesso trend registrato negli ultimi 3 anni.
A favorire questa crescita ci sono molteplici fattori, oltre naturalmente all’aumento dei budget dedicati: i progressi nelle tecnologie come il sequenziamento di nuova generazione (NGS), lo sviluppo della bioinformatica, l’editing genetico applicato ai batteri, i progressi nella metabolomica e il crollo dei costi del sequenziamento.
La gran parte delle pubblicazioni ha riguardato la gastroenterologia, le interazioni tra nutrizione e microbiota intestinale, le malattie infettive (in primis C. difficile), la resistenza agli antibiotici. Seguono, in ordine di impatto numerico, le ricerche volte a comprendere le implicazioni del microbioma nelle malattie immunitarie come allergie, diabete di tipo 1, le patologie della tiroide, l’artrite reumatoide e il lupus.
Altra area top è l’oncologia. Molti studi hanno riguardato il ruolo del microbioma nell’oncogenesi, nella progressione di malattia, nella risposta terapeutica.
Anche l’ambito del cosiddetto asse microbiota-intestino-cervello è in rapida crescita, così come le ricerche sul microbioma della pelle, anche se partono da una numerica nettamente inferiore.
Sul fronte dei trial clinici, la crescita è costante nell’ultimo quinquennio. Oggi siamo a quota 150. Da segnalare tre importanti sperimentazioni cliniche, tutte concentrate sulle infezioni da C. Difficile, che nel corso del 2020 hanno letteralmente galvanizzato il settore e portate avanti da tre aziende: Seres therapeutics, Rebiotix e Finch therapeutics.
Finanziamenti pubblici in calo
Abbiamo fatto davvero tanta strada dal lancio del Human Microbiome Project del 2006 e del corrispettivo europeo MetaHit. Sono stati investiti moltissimi soldi, con una tendenza al rialzo fino al 2019. Ma nel 2020 per la prima volta sono calati i finanziamenti pubblici alla ricerca, dai circa 1,9 miliardi di dollari nel 2019 ai circa 1,1 miliardi nel 2020. A pesare soprattutto lo shift di interesse verso il COVID.
La gran parte di questi finanziamenti sono stati indirizzati su studi di biologia di base, un settore spesso lasciato scoperto dalle aziende e dagli investitori privati.
Gli ambiti che hanno ricevuto più fondi sono quelli sulle malattie infettive, sui disturbi immunitari, sulla resistenza agli antibiotici, sull’impatto del microbioma intestinale in patologie come il diabete di tipo 1, l’asma e il lupus. Poco è stato investito invece sul fronte dell’oncologia e della dermatologia.
Il ruolo delle società di venture capital
Tenere d’occhio cosa fanno gli investitori è sempre utile, in qualunque ambito. E se in un anno complicato e difficile come il 2020 i finanziamenti da parte delle società di venture capital verso la ricerca e lo sviluppo nel microbiome space hanno raggiunto livelli storici di quasi 2 miliardi di dollari, significa che l’interesse è alto.
A dominare la scena sono gli investitori venture capital statunitensi, seguiti dall’UE, in particolare Francia, Regno Unito e Irlanda. Attenzione però, anche se l’ambito biomedico la fa da padrone, non bisogna scordare che c’è una parte di ricerca sul microbioma che si rivolge al mondo dell’agricoltura e della veterinaria.
È difficile oggi prevedere come andrà il 2021, anche se le premesse per un progresso delle conoscenze e delle applicazioni pratiche ci sono. Eccome se ci sono. È molto probabile che anche il mercato di questo settore passi dall’essere considerato “nascente” a “maturo” o quanto meno in sviluppo.
E avremo, nella migliore delle ipotesi, i risultati dei trial in corso che potrebbero accendere ulteriori “focolai” di interesse verso questo mondo. Con altri finanziamenti, nuova ricerca di qualità, nuove prospettive. Pandemia permettendo.