È stato ipotizzato che il microbiota intestinale possa contribuire all’inflammaging, una condizione caratterizzata da bassa infiammazione cronica sistemica senza un fattore scatenante; tuttavia, i meccanismi fisiologici attraverso i quali ciò si verifica rimangono ancora poco compresi.
Alcune ipotesi suggeriscono che i cambiamenti nella composizione del microbiota legati all’età possano creare un ambiente infiammatorio all’interno dell’intestino, con conseguente degrado della barriera epiteliale.
Questo potrebbe consentire ai componenti batterici del lume, come lipopolisaccaridi e frammenti di peptidoglicano, di entrare nella circolazione sistemica e innescare una risposta infiammatoria periferica.
Sulla permeabilità intestinale della popolazione anziana in buona salute sono stati condotti pochi studi e questi non hanno prodotto risultati. Quindi è ancora poco chiaro se infiammazione e permeabilità intestinale elevate si verifichino prima o dopo l’insorgenza di malattie legate all’età.
Malattia di Alzheimer e “inflammaging”
Tra le malattie neurodegenerative legate all’età si colloca la malattia di Alzheimer (AD), caratterizzata dall’aggregazione cerebrale di proteina beta-amiloide (Aβ) e proteina tau fosforilata (pTau), accompagnata da attivazione microgliale e astrocitaria e associata a neuro-infiammazione.
Crescenti evidenze suggeriscono che la disbiosi intestinale e l’infiammazione periferica siano associate alla Malattia di Alzheimer e possano contribuire alla sua patogenesi. Infatti, fattori come la disbiosi intestinale e i metaboliti derivati dai batteri intestinali sono stati correlati all’infiammazione, al declino cognitivo preclinico e alla diagnosi di AD, ma le loro relazioni meccanicistiche con la patologia rimangono ancora poco definite.
Un recente studio, pubblicato su Scientific reports, ha indagato la possibile associazione tra una maggiore infiammazione intestinale, l’età avanzata e la malattia di Alzheimer (AD). Lo studio è stato condotto su 125 soggetti over 40 ed anziani, ai quali è stata valutata l’infiammazione intestinale tramite la misurazione della calprotectina fecale, durante il continuum biologico e clinico dell’AD.
La calprotectina è un eterodimero di proteine S100 leganti il calcio, espresse principalmente nelle cellule mieloidi e rilasciate dal citosol di neutrofili attivati. Questo complesso molecolare rappresenta un ottimo biomarcatore grazie alla sua abbondanza nei neutrofili ed alla sua stabilità a temperatura ambiente fino a 7 giorni. Gli Autori hanno testato le associazioni tra calprotectina fecale, età, funzione cognitiva e marcatori della patologia AD valutati con tomografia a emissione di positroni (PET) e biomarcatori del fluido cerebrospinale (CSF).
I risultati delle analisi hanno mostrato livelli di calprotectina elevati nell’età avanzata e più alti nei soggetti con demenza AD amiloide-confermata. Inoltre, tra gli individui con demenza AD, il livello di calprotectina più alto era associato ad un carico amiloide maggiore. Le analisi esplorative hanno, inoltre, rilevato che i livelli di calprotectina erano associati ai marcatori dell’AD nel liquido cerebrospinale e a una funzione di memoria verbale più bassa, anche tra i partecipanti cognitivamente non compromessi.
L’analisi della relazione calprotectina-età non ha mostrato significatività (P = 0,17), ciò suggerisce che la calprotectina ha una relazione patologia-specifica con l’amiloide, indipendente dall’età.
Implicazioni delle associazioni rilevate
I risultati dello studio portano a diverse riflessioni, tra cui:
- considerando gli studi precedenti sulla sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e sulla malattia infiammatoria intestinale (IBD), la relazione tra calprotectina e funzione mnemonica suggerisce che, nella popolazione anziana, interventi che mitigano l’infiammazione intestinale potrebbero avere un impatto benefico sulla funzione cognitiva;
- visto le analisi trasversali condotte, è possibile che l’infiammazione intestinale esacerbi la progressione dell’AD, ma non si può escludere la possibilità che lo sviluppo dell’AD possa esacerbare l’infiammazione intestinale.
Complessivamente, sembra che l’infiammazione intestinale sia legata alla patologia cerebrale anche nelle fasi più precoci della malattia e che l’infiammazione intestinale aggravi la progressione dell’AD. L’infiammazione intestinale e la possibile permeabilità intestinale che ne consegue, quindi, potrebbero rappresentare possibili futuri target modificabili dell’invecchiamento e dell’AD.