Uno studio pubblicato su Immunity da ricercatori statunitensi e giapponesi ha analizzato la capacità di uno specifico batterio presente nel microbiota oculare, il Corynebacterium mastitidis, di colonizzare stabilmente la congiuntiva aumentando la resistenza verso i patogeni.
Secondo precedenti studi, la congiuntiva preserva la salute della cornea mediando la risposta immunitaria. Al suo interno, infatti, si trovano follicoli (simili ai follicoli linfoidi dell’intestino) che contengono le cellule del sistema immunitario, tra cui cellule APC di origine mieloide, linfociti T (di cui circa la metà sono cellule T γδ) e linfociti B.
La conferma: il microbiota oculare esiste
Nonostante questo ambiente sia costituito da mucosa, proprio come l’intestino o la cavità orale, la presenza stabile di batteri commensali è stata a lungo oggetto di dibattito a causa del costante lavaggio da parte della pellicola lacrimale e della natura antimicrobica delle secrezioni oculari.
L’analisi dei tamponi, inoltre, ha rivelato soltanto limitate quantità di batteri e non è stata utile a confermare l’esistenza di un vero e proprio microbioma.
I dati dei precedenti studi clinici indicano però che l’uso topico di antibiotici oftalmici è correlato positivamente alle infezioni fungine, suggerendo che la distruzione dell’interazione tra il sistema immunitario e i microrganismi della congiuntiva renda l’occhio suscettibile ai patogeni. Di conseguenza è ipotizzabile che alcuni microrganismi siano in grado di stimolare i linfociti T a produrre interleuchine pro-infiammatorie a livello della mucosa oculare.
Partendo da queste considerazioni i ricercatori del National Eye Institute, Bethesda (USA), dell’Harvard Medical School, Boston (USA) e della Tokyo University of Science, Tokyo (Giappone), coordinati da Rachel R. Caspi, hanno identificato il Corynebacterium mastitidis, batterio che si trova nei ratti e che è anche un noto commensale della pelle umana, come possibile microrganismo del microbiota oculare e hanno quindi verificato questa ipotesi.
Il Corynebacterium mastitidis protegge l’occhio dai patogeni
Lo studio nasce da un’osservazione diretta degli autori: rispetto ai topi da laboratorio più diffusi in commercio, i wild-type (WT) allevati nelle loro strutture avevano un livello più alto di neutrofili e interleuchine IL-17+ sulla congiuntiva durante lo stato stazionario.
Inoltre, la maggior parte delle cellule produttrici di IL-17 erano linfociti T γδ (di cui la metà subset Vγ4+) e soltanto il 5% delle cellule T γδ non produceva IL-17 Vγ4.
Gli scienziati, supponendo che queste differenze fossero dovute alla presenza nei WT di specifici batteri oculari in grado di stimolare la produzione di interleuchina 17, hanno omogeneizzato e posto le congiuntive dei topi allevati “in casa” su piastre di coltura con agar per una settimana. Al termine del periodo di incubazione vi erano diverse colonie di un batterio Gram+ sensibile alla gentamicina, il cui il sequenziamento genico del 16S ha rivelato essere Corynebacterium mastitidis. Lo stesso era assente ripetendo il procedimento con i topi non wild-type.
Per appurare che fosse proprio il Corynebacterium mastitidis a stimolare il sistema immunitario, i ricercatori hanno incubato un lisato del batterio sia con cellule dendritiche umane CD11b+CD11c+ sia con cellule Thy1+ murine. Il lisato batterico ha indotto la produzione di IL-17 in entrambi i casi.
I topi germ-free o trattati con gentamicina, invece, hanno mostrato una riduzione di linfociti T γδ e di S100A8, un peptide anti-microbico della superficie oculare che normalmente si trova nella pellicola lacrimale murina, supportando ancora l’ipotesi iniziale.
Successivamente è stata testata la capacità delle lacrime degli animali WT di impedire la proliferazione di Candida albicans in vitro e in vivo prima e dopo l’applicazione topica di gentamicina, ottenendo ulteriori conferme: i batteri oculari sono necessari al funzionamento del sistema immunitario contro le infezioni da funghi e la disgregazione dell’ipotetico microbiota aumenta la suscettibilità ai patogeni.
Infine, applicando tramite tampone il Corynebacterium mastitidis sulla superficie oculare dei topi si è osservato l’instaurarsi di una relazione di commensalismo dopo cinque settimane dall’intervento, con un miglioramento della resistenza contro Candida albicans e Pseudomonas aeruginosa. Ma non solo: anche le generazioni successive presentavano il batterio, mettendone in luce la capacità di trasmissione verticale.
L’abilità di colonizzare stabilmente l’occhio non è una proprietà di tutti i batteri, anche se dello stesso genere. Il medesimo esperimento ripetuto con Corynebacterium bovis, Corynebacterium glutamicus e Staphylococcus epidermidis ha dato infatti esiti negativi.
Microbiota oculare: quali gli sviluppi futuri?
Sulla base di questi risultati gli autori sono convinti di aver risposto alla controversia: il microbiota oculare esiste e aumenta la capacità dell’organismo ospitante di resistere agli agenti patogeni. Tuttavia, questa ricerca è solo un primo passo e il rapporto tra occhio e batteri commensali deve necessariamente essere approfondito in futuro.
Per esempio, attualmente è ignoto il motivo per cui Corynebacterium mastitidis, a differenza di altri ceppi, riesca a colonizzare la superficie oculare e perché riesca a resistere alla risposta immunitaria da esso stessa attivata. Non è chiaro neppure se questo batterio possa diventare patogeno in talune circostanze, né il meccanismo di trasmissione verticale.
Rispondere a questi quesiti potrebbe avere implicazioni cliniche nello sviluppo di strategie terapeutiche a base di prebiotici e probiotici.