La recente scoperta che il nostro tratto genitourinario è tutt’altro che sterile ha aperto le porte a studi volti a indagare sia l’identità di questi microorganismi residenti sia le loro funzionalità e possibili correlazioni in situazioni di patologia. Oggi si parla quindi di “microbioma urinario”. Ma quanto lo conosciamo realmente?
Mark C. Markowski e colleghi della Johns Hopkins University School of Medicine hanno voluto fare il punto della situazione attraverso un lavoro di revisione di recente pubblicazione su European Urology focalizzato sul possibile ruolo del microbioma genitourinario e gastrointestinale nello sviluppo di neoplasie in sede renale, prostatica e vescicale oltre che nella risposta ai vari trattamenti. Ecco cos’è emerso.
Microbioma e sviluppo tumorale
È ormai noto come, tra i fattori predisponenti vari tipi di carcinogenesi, rientri anche l’infezione cronica batterica seppur con differenze caso per caso e a seconda del tipo di tumore.
Tumore alla vescica
Il microbioma vescicale di individui con tumore alla vescica, in generale, sembrerebbe differenziarsi da quello di persone sane. Se questa alterazione sia una causa o una conseguenza della presenza del tumore rimane però ancora da chiarire. Vediamo qualche esempio di studio.
- Adebayo et al. (2017), collezionando campioni di urina da 70 individui ha notato come Fusobacterium, Sphingobacterium ed Enterococcus siano caratteristici di soggetti che, dopo la schistosomiasi, hanno sviluppato carcinogenesi vera e propria, non di controlli sani o persone con l’infezione risolta
- secondo Xu W et al (2014), rispetto a controlli sani, in pazienti con tumore vescicale sono più rappresentati Streptococcus, Pseudomonas e Anaerococcus
- Popovic et al (2018) di contro, non evidenzia alcuna differenza significativa in termini di alpha diversity o di composizione batterica tra soggetti sani e con tumore. Le uniche alterazioni sono emerse nei livelli di espressione di Fusobacterium, Actinobaclulum, Facklamia e Campylobacter, più espressi nei pazienti, Veillonella, Streptococcus e Corynebacterium invece nei soggetti sani
- un ulteriore studio (Wu P. et al., 2018) ha dimostrato come solo la ricchezza batterica, non la diversità, sia superiore nei campioni di urina di pazienti tumorali
Da questi pochi spunti, già si nota quindi un’ampia eterogeneità di risultati dovuta soprattutto a un altrettanto importante varietà di disegni di studio, spesso però condotti solo su uomini e dalla scarsa numerosità campionaria.
Tumore alla prostata
Gli studi volti a determinare se infezioni batteriche alla prostata siano o meno coinvolte nello sviluppo di cancro prostatico offrono evidenze spesso contraddittorie, inconclusive o non fondate su un’opportuna dimensione campionaria o target di indagine.
Volendo tuttavia portare qualche esempio, Shrestha E et al. (2018) dimostra come il microbioma urinario di uomini con tumore prostatico sia più ricco di batteri pro-infiammatori associati a patologie genitourinarie come prostatite, infezioni sessualmente trasmesse ecc.. Non essendo però uno studio longitudinale non è stato possibile determinarne la relazione causale.
Porter et al. invece non ha identificato un core batterico commensale e specifico per la prostata. Molti sono quindi gli aspetti ancora da chiarire.
Tumore renale
Anche in questo caso, il contributo di una precedente infezione al tratto urogenitale nello sviluppo del tumore è oggetto di discussioni. Sembrerebbero tuttavia supportarlo gli studi condotti rispettivamente da Dhote R. et al (2004) e Parker AS et al (2004).
Con l’arrivo di nuove tecnologie d’indagine sarà possibile, nonché necessario, approfondire quindi la relazione tra microbioma urinario e incidenza di cancro renale.
Microbioma e terapie oncologiche
L’assorbimento e il metabolismo della maggior parte dei farmaci, chemioterapici o immunoterapici compresi, avviene soprattutto a livello intestinale. Già in più di qualche occasione si è visto come la componente batterica locale abbia un ruolo determinante in questo processo. Ad esempio, Mycoplasma hyrhinis o varie specie di Proteobacteria hanno dimostrato di inattivare la gentamicina. Anche abiratenone acetato, principio attivo usato per tumori prostatici allo stadio avanzato, ha dimostrato di risentire della presenza batterica locale.
La risposta e quindi l’efficacia di una terapia, oncologica in questo caso, dipende quindi non solo dal microbioma dell’organo target ma anche di quello intestinale attraverso una sua azione indiretta. Un panorama quindi complesso e intricato che rende difficile l’identificazione di un profilo batterico predisponente il rischio tumorale o di non efficacia terapeutica. Tecniche di metagenomica e metabolomica potrebbero tuttavia venire in aiuto per l’individuazione di marcatori prognostici e predittivi.
A tal proposito, dallo studio di Liss et al. (2018) sono emerse 10 vie metaboliche correlate a specie batteriche intestinali differentemente espresse in uomini con cancro prostatico vs controlli sani (folati, arginina ecc.).
Passando infine alla possibilità di mettere appunto terapie alternative per la cura delle neoplasie genitourinarie basate sulla manipolazione del microbioma, appare chiaro come ci sia ancora molto da lavorare data la scarsità e spesso non concordanza dei risultati, anche a riguardo di una loro effettiva correlazione.
In conclusione dunque, il ruolo nonché la composizione e funzionalità del microbioma locale (e non) nell’ambito delle neoplasie al tratto genitourinario necessita ancora di studi approfonditi al fine di potenziare, se i dati lo supporteranno, le possibilità di cura e/o di prevenzione offrendo un’alternativa alle pratiche cliniche correnti.