Complessivamente tutte le abitudini alimentari seguite subito dopo lo svezzamento, non solo la modalità di allattamento praticata a monte, vanno a influire sullo sviluppo di malattie autoimmuni quali la celiachia.
È quanto dimostra lo studio condotto su 1997 bambini da parte di Monica Barroso dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam e colleghi, di recente pubblicazione su Gastroenterology.
La celiachia è una malattia cronica immuno-mediata provocata dall’alterata risposta dell’individuo all’ingestione di glutine. La sua incidenza è in costante aumento colpendo ad oggi circa l’1-3% della popolazione mondiale e viene diagnosticata attraverso la determinazione dei livelli sierici dell’anticorpo TG2A (anti-tissue transglutaminase 2) in quanto strettamente legato al livello di infiammazione intestinale e all’atrofia dei villi, altra caratteristica della patologia. La diagnosi definitiva richiede tuttavia la positività alla biopsia.
Leggi anche: Celiachia: ricercatori italiani indagano il ruolo del microbioma
Gli studi su microbiota e celiachia
Recentemente sono molte le ricerche che hanno indagato le possibili cause della sua dilagante insorgenza, la maggior parte tuttavia concentrate sul determinare una possibile correlazione tra la modalità di allattamento, cioè al seno o in formula, e lo sviluppo della malattia.
Mancanti, stando a quanto detto dagli autori di questo lavoro, sono invece gli studi che si distaccano dall’allattamento in sé andando a comprendere tutti gli alimenti con il quale il neonato viene in contatto durante e appena dopo il periodo di svezzamento.
È ormai riconosciuto infatti come la dieta vada a modificare pesantemente il microbiota intestinale soprattutto in tenera età e di come un’alterazione di questo ultimo sia associata alla comparsa di svariate patologie durante l’infanzia o in età adulta.
Capire quindi quale sia l’alimentazione migliore da seguire sin dai primi mesi per sostenere la corretta maturazione della componente batterica, offre una protezione maggiore da future malattie.
Svezzamento e rischio celiachia
Alla luce di ciò, i ricercatori hanno voluto esaminare l’eventuale associazione tra uno specifico regime alimentare e l’occorrenza di celiachia a sei anni d’età.
Per fare ciò sono state indagate le abitudini alimentari dei bambini inclusi nello studio attraverso dei questionari sviluppati ad hoc e che hanno permesso di delineare, con analisi RRR (reduced rank regression) e PCA (principal component analysis), 4 schemi di dieta diversi tra loro, denominate del dettaglio:
- “Dieta prudente”: ricca di verdura, fibre, cereali, oli vegetali, moderata nel consumo di pesce, legumi e carne, carente di zuccheri, cibi confezionati e cereali raffinati;
- “Snack e cibi lavorati”: centrata sull’assunzione di cibi confezionati, merendine e cereali raffinati ma povera di frutta e cereali grezzi;
- “Formaggi, cereali, carne”: caratterizzata da abbondante uso di margarina o burro, cereali a chicco intero, carni e prodotti caseari a basso contenuto di grassi;
- “TG2A specifica”: alto consumo di frutta, cereali da colazione e a chicco intero, burro e margarina.
Dall’analisi dei risultati basata sul fattore di correlazione di Pearson, è emerso come l’aderenza alla cosiddetta “dieta prudente” sia negativamente correlata con l’insorgenza di celiachia in bambini di 6 anni d’età in maniera statisticamente significativa.
Di contro, i restanti regimi alimentari non hanno riscontrato associazioni rilevanti.
Ulteriore conferma di questi dati la si è trovata dopo aver corretto le analisi per i diversi fattori confondenti quali stato socio-economico, salute della madre, caratteristiche alla nascita.
Questo studio suggerisce quindi un possibile ruolo della dieta seguita appena dopo lo svezzamento nello sviluppo di celiachia durante l’infanzia sottolineando inoltre l’importanza di considerare tutto il panorama alimentare e non solo il singolo cibo o limitarsi alla modalità di allattamento.