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Permeabilità intestinale: una review del Cemad fa il punto sulle possibili cause

Molti fattori influenzano la fisiologica permeabilità intestinale, tra cui il microbioma. Una review italiana ha indagato: ecco i risultati.
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Permeabilità intestinale: una review del Cemad fa il punto sulle possibili cause

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In questo articolo

Stato dell’arte
Lo scambio di soluti e fluidi tra il lume e la mucosa intestinale dipende dalla permeabilità intestinale, che è influenzata a sua volta da molteplici fattori. Una sua alterazione è implicata in patologie gastrointestinali e non.

Cosa aggiunge questo studio
La revisione riassume i fattori che più impattano la permeabilità intestinale, microbioma incluso, descrivendo i metodi clinici più comuni per la sua determinazione.

Conclusioni
Più che individuare i fattori coinvolti nell’alterazione della permeabilità intestinale, la vera sfida sta nel quantificare questo processo, ottenendo risultati clinicamente rilevanti.


Una permeabilità intestinale fisiologica è, molto spesso, sinonimo di buona salute, non solo a livello enterico. Da essa dipende infatti lo scambio di soluti e fluidi dal lume alla mucosa dell’intestino. Sono molti però i fattori che possono influenzare questo meccanismo, quali lo strato mucoso, l’integrità delle cellule epiteliali, la risposta immunitaria, la motilità intestinale, la vascolarizzazione intestinale e, non da ultimo, il microbioma. A questi si associano stress, invecchiamento, dieta, infiammazione, troppo esercizio fisico e farmaci.

Considerata la tematica di ampio respiro e i risvolti in molti ambiti clinici, Cristina Graziani e colleghi della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma hanno condotto una revisione di letteratura pubblicata di recente su European Review for Medical and Pharmacological Sciences, con lo scopo di offrire una panoramica generale sulla permeabilità intestinale in condizioni fisiologiche e patologiche. A ciò è stata affiancata una descrizione dei metodi più comuni per la quantificazione di tale parametro.

Tralasciando gli aspetti correlati ad altri fattori di influenza, di seguito ci concentreremo su quelli associati al microbioma.

Il microbioma intestinale ha sede nello strato esterno della barriera intestinale, competendo con eventuali patogeni per spazio e risorse. È importante tuttavia ricordare che, benché i batteri siano i microrganismi predominanti e i più studiati, sono presenti anche funghi, archeae, lieviti e virus, in stretta correlazione tra loro e con l’ambiente circostante. Tra i batteri, Bacteroidetes e Firmicutes sono generalmente i più espressi, seguiti da Proteobacteria, Actinobacteria e Fusobacteria. 

Essendo il microbioma uno dei fattori che regolano la permeabilità, fondamentale è il mantenimento della sua composizione in condizioni fisiologiche. L’uso di antibiotici, probiotici e prebiotici è quindi da monitorare. Per quanto riguarda gli antibiotici è stato dimostrato per esempio che:

  • il loro uso, anche per un breve periodo, ha implicazioni importanti sull’ecologia del microbioma locale e può facilitare l’insorgere di infezioni;
  • la ciprofloxacina riduce pesantemente Ruminococcus spp;
  • la ciprofloxacina in combinazione con beta-lattamici riduce la diversità del 25%, il core batterico da 29 a 12, con un innalzamento del rapporto Bacteroidetes:Firmicutes;
  • di contro, la rifaximina riduce la virulenza batterica e la traslocazione incrementando la presenza di Bifidobacteria, Faecalibaterium prausnitzii e Lactobacilli.

Per quanto riguarda i probiotici, è risultato che:

  • L. rhamnosus e L. reuterei hanno ridotto la permeabilità intestinale in 41 bambini con dermatite atopica;
  • L. rhamnosus GG accelera la maturazione della barriera intestinale promuovendo l’espressione di claudina 3 in modelli animali;
  • E. coli Nissle 1917 modula positivamente la barriera epiteliale intestinale aumentando la produzione di proteine antimicrobiche e correlate all’integrità epiteliale (ZO-1, ZO-2, claudina-14). Dati analoghi sono stati ottenuti con test condotti su cellule CaCo2 di pazienti con patologia infiammatoria cronica;
  • la formulazione mista di Lactobacillus, Bifidobacteria e Streptococci protegge la barriera epiteliale intestinale di modelli murini di colite, sostenendo l’espressione delle proteine di giunzione stretta e prevenendo l’apoptosi.

Da ultimo, studi con prebiotici hanno dimostrato per esempio che:

  • composti saccaridici (inulina, frutto-oligosaccaridi, galattosaccaridi ecc.) hanno effetti positivi sulla permeabilità intestinale;
  • di contro, altri prebiotici e loro prodotti di fermentazione hanno ridotto la permeabilità gastrointestinale agendo direttamente sull’integrità delle cellule epiteliali e indirettamente potenziando la crescita locale di simbionti e la produzione di mucina.

Ma come valutare la permeabilità intestinale reale? Diversi sono i metodi, più o meno innovativi. In breve:

  • rapporto lattulosio/mannitolo, test non invasivo tipicamente utilizzato per testare la permeabilità intestinale in caso di svariati quadri patologici (dermatite atopica, intolleranza al lattosio, celiachia ecc.); è basato sulla somministrazione orale di questi due composti, entrambi degradati da batteri e secreti per via urinaria, ma caratterizzati da differente peso molecolare e da una diversa via di assorbimento;
  • quantificazione di saccarosio e sucralosio, anch’essi escreti per via urinaria;
  • 51 Cr-EDTA, composto radiomarcato, non tossico e diffuso per via paracellulare attraverso l’epitelio intestinale;
  • marcatori sierologici (LPS , zonulina ecc.);
  • microscopio confocale per la valutazione istologica in vivo;
  • misurazione della resistenza elettrica transepiteliale/transendoteliale (TEER) attraverso lo strato monocellulare, utile nella determinazione dell’integrità delle giunzioni strette.

Da questo lavoro di revisione si può dunque concludere come siano molti gli aspetti da considerare al fine di salvaguardare l’integrità e la funzionalità della barriera intestinale, non sempre concordanti fra loro. Anche i metodi per la sua determinazione sono molteplici e adattabili alle diverse situazioni e obiettivi clinici.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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