Diversi aspetti dello stile di vita associato all’industrializzazione, come alimenti trasformati, antibiotici e servizi igienico-sanitari, sembrano in grado di modificare il microbiota intestinale, portando a un aumento delle malattie infiammatorie e autoimmuni.
Justin ed Erica Sonnenburg dell’Università di Stanford hanno esaminato gli studi che collegano lo stile di vita industriale ai cambiamenti nel microbiota umano e alla contemporanea diffusione di condizioni come diabete di tipo 2, steatosi epatica e malattia di Crohn. Gli studiosi propongono anche approcci per preservare i batteri intestinali potenzialmente benefici per la salute umana.
Cambiare il microbiota
Le persone con uno stile di vita non occidentalizzato presentano una composizione del microbiota diversa da quella riscontrata nelle popolazioni industrializzate, spesso caratterizzate da una diversità microbica inferiore.
Per esempio, è stato rilevato che la migrazione negli Stati Uniti di individui provenienti dal Sud-est asiatico è in grado di modificarne il microbiota e che gruppi di cacciatori e raccoglitori della Tanzania presentano, rispetto alle popolazioni industrializzate, un maggior numero di microrganismi in grado di digerire i polisaccaridi vegetali complessi, caratteristici di una dieta ricca di fibre.
Gli antibiotici e i servizi igienico-sanitari limitano l’esposizione a microrganismi dannosi, ma possono avere effetti a lungo termine sulla struttura e sulla funzione del microbiota intestinale. Gli studi hanno dimostrato che somministrare microrganismi non patogeni agli individui che consumano cibo e acqua sterili potrebbe migliorarne la salute.
Il ruolo della dieta
Il cibo ha una grande influenza sul microbiota intestinale. La dieta umana è passata dalla carne e dai prodotti agricoli agli alimenti trasformati che contengono conservanti e additivi. Ciò ha portato a una riduzione dei carboidrati accessibili al microbiota, che sono abbondanti in legumi, cereali integrali, verdure e noci.
Questo tipo di dieta è risultato associato a una minore diversità del microbiota e a bassi livelli negli indicatori di salute. Inoltre, è stato dimostrato che gli additivi e gli edulcoranti presenti negli alimenti industrializzati alterano la composizione del microbiota e promuovono l’infiammazione intestinale.
Fibre, cibi fermentati e probiotici
Il microbiota delle popolazioni industrializzate sembra essere più resistente agli antibiotici e meno in grado di degradare la fibra alimentare, ma potrebbe non essere ottimale per garantire la salute dell’uomo. Anche se non è ancora chiaro se i cambiamenti del microbiota associati all’industrializzazione causino malattie, i ricercatori ipotizzano che una dieta ricca di cibi integrali e povera di alimenti trasformati, nonché l’esposizione a cibi fermentati, possano essere utili per le popolazioni industriali.
Altri interventi potrebbero essere focalizzati sull’uso di microrganismi benefici per modulare la comunità batterica. Per esempio, i microrganismi commensali potrebbero ridurre le infezioni della ferita dopo un intervento chirurgico e i prebiotici potrebbero rappresentare un metodo alternativo per decontaminare le superfici ospedaliere.
Mentre i ricercatori raccolgono informazioni più approfondite sull’influenza della vita moderna sul microbiota intestinale, potrebbe essere in ogni caso utile l’identificazione di ceppi batterici sensibili all’industrializzazione e la definizione di pratiche mediche, alimentazione e strutture igienico-sanitarie sostenibili potrebbero aiutare a proteggere il nostro microbiota.