Principi attivi mimetici dell’epcidina, principale regolatore del ferro prodotto anche dalle cellule dendritiche, potrebbero portare notevoli benefici in caso di patologie gastrointestinali. Grazie alla sua capacità di agire sui fagociti che esprimono il recettore per il trasporto del ferro (ferroportina), ne promuove il sequestro a livello locale e regola la componente batterica coinvolta nella riparazione tissutale, facilitando così la guarigione delle lesioni tipiche di condizioni gastrointestinali gravi.
È quanto dimostra lo studio coordinato da Nicholas Bessman della Cornell University (New York, USA), di recente pubblicazione su Science.
Infiammazione intestinale e sanguinamento
L’infiammazione è una caratteristica comune di patologie infiammatorie intestinali, neoplasie colon-rettali o infezioni gastriche. Nei casi più gravi si può arrivare al sanguinamento, al malassorbimento e alla diarrea, con conseguente anemia e aumento di ferro a livello intestinale.
L’epcidina, il principale regolatore dell’omeostasi del ferro, è prodotta principalmente dal fegato per la degradazione del ferro intracellulare e agisce sul suo trasportatore, il recettore ferroportina.
Tale recettore è ampiamente espresso dai macrofagi e a livello duodenale, con il rispettivo scopo di facilitare il riciclo di ferro dai globuli rossi senescenti e assorbire ferro dalla dieta.
Rimane tuttavia da chiarire se l’epcidina sia o meno coinvolta nel mantenimento della salute gastrointestinale o in una sua compromissione.
Lo studio per valutare il ruolo dell’epcidina
Per capirlo, i ricercatori hanno indotto danni intestinali con destrano sodio solfato (DSS), mimando il quadro patologico dei pazienti con morbo di Crohn, in topi wild-type (Hamp+/+) o carenti di epcidina (Hamp-/-). Durante la somministrazione di DSS il peso, il livello infiammatorio e di danno tissutale sono risultati comparabili nei due gruppi. Nel gruppo Hamp-/- è stato osservato un peggioramento di tali effetti in seguito alla sospensione del trattamento; l’architettura delle cripte epiteliali e la lunghezza del colon hanno infatti mostrato una notevole compromissione.
Monitorando i livelli di epcidina nel gruppo di controllo è stata registrata una significativa diminuzione epatica e sistemica durante la somministrazione di DSS, condizione simile a stati di anemia o eritropoiesi. Tuttavia, alterandone l’espressione epatocita-dipendente, la riparazione delle ferite è stata comunque promossa, suggerendo l’implicazione di altri mediatori.
Dall’analisi di altri tessuti prelevati dal gruppo di controllo, è stata registrata una significativa espressione di epcidina nei linfonodi mesenterici e nella lamina propria del colon, che si è mantenuta anche durante la somministrazione di DSS.
Epcidina nel colon
La principale fonte di epcidina nel colon sembrerebbe essere rappresentata dalle cellule dendritiche convenzionali di tipo 2 (cDC2s) stimolate da determinati ceppi batterici e loro metaboliti. La sua produzione, al contrario di quella epatica, ha dimostrato un ruolo primario nella guarigione delle ferite mucosali.
Per individuare il target dell’epcidina coinvolto in questo processo, i ricercatori hanno indagato l’espressione di ferroportina (Slc40a1) nel colon, registrando l’abbondanza maggiore a livello epiteliale, dei neutrofili e dei macrofagi. L’azione sulle ferite sembrerebbe essere però mediata solamente dal recettore presente in macrofagi e neutrofili.
I ricercatori hanno poi testato se l’asse intestinale ferroportina-epcidina fosse in grado di regolare la distribuzione locale del ferro. Rispetto ai controlli, i valori di ferro nel tessuto ciecale di modelli HampDCD11c, modificati per non esprimere epcidina nelle cellule dendritiche convenzionali (cDC), si sono mostrati inferiori, con un parallelo aumento di ferro non-eme nel lume intestinale dopo la somministrazione di DSS. Tale incremento non è stato invece osservato nei controlli.
Epcidina e microbiota intestinale
Considerando come il sequestro del ferro sia essenziale per l’immunogenicità, è stato valutato l’impatto di epcidina cDC-correlata sul microbiota. I topi HampDCD11c hanno infatti mostrato una notevole alterazione nella composizione batterica rispetto alla controparte wild-type riconducibile soprattutto a Catenibacterium e Bifidobacterium.
In particolare, le specie Bifidobacterium hanno dimostrato un marcato aumento in relazione a una dieta a scarso contenuto di ferro. In modelli wild-type una loro somministrazione orale ha dimostrato inoltre di sostenere l’espressione delle proteine di giunzione stretta e, nei topi HampDCD11c, di favorire la guarigione delle ferite intestinali.
Il trapianto di microbiota da topi HampDCD11c in riceventi germ-free ha inoltre indotto un danno mucosale analogo, sostenendo il ruolo del microbiota nel suo sviluppo.
Modelli HampDCD11c, in seguito a somministrazione di DSS, hanno infine presentato una maggiore infiltrazione batterica tissutale rispetto ai controlli.
Conclusioni
In conclusione, dunque, a differenza dell’epcidina epatica attivata da citochine proinfiammatorie e implicata nella regolazione delle infezioni sistemiche, quella prodotta da cellule immunitarie cDC in risposta al microbiota promuove la riparazione del danno mucosale intestinale, limitando il rilascio di ferro dai fagociti locali e l’infiltrazione batterica tissutale.
Ulteriori studi sono tuttavia necessari per approfondire i meccanismi d’azione, valutando in particolare se l’epcidina da cDC abbia come target la risposta immunitaria, l’omeostasi del ferro o altre vie metaboliche.