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Ginecologia: l’antibiotico resistenza si combatte con i probiotici

Per contrastare la resistenza agli antibiotici in ambito ginecologico, i probiotici possono rappresentare una strategia alternativa efficace.
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Ginecologia: l’antibiotico resistenza si combatte con i probiotici

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In questo articolo

Per contrastare il fenomeno della crescente resistenza agli antibiotici, in ambito ginecologico, i probiotici possono rappresentare una strategia alternativa ed efficace.

L’antibiotico resistenza è uno dei principali problemi di salute pubblica della nostra epoca, soprattutto nei Paesi industrializzati. Quando un batterio cambia (muta) nel sito d’azione dell’antibiotico o acquisisce meccanismi di difesa, il farmaco non è più efficace [1].

Accedi al nostro dossier: Probiotici orali per disturbi ginecologici

Per combattere l’infezione si deve perciò ricorrere a un’altra terapia il ché può spesso ritardare, anche di molto, l’inizio del reale trattamento con complicazioni talvolta gravi per il paziente. La ricerca di alternative è un tema di stringente attualità.

Antibiotici in ginecologia

In ambito ginecologico, il trattamento con antibiotici è piuttosto frequente. Vengono prescritti ad esempio in casi di vaginosi batterica, candidiasi vulvovaginale e per contrastare le infezioni del tratto urinario.

Considerando però come l’apparato urogenitale sia attivamente colonizzato da batteri commensali essenziali per la salute della donna, l’impatto degli antibiotici sul microambiente vaginale non va affatto sottovalutato.

Prima di valutare l’impatto di un trattamento antibiotico sul microbiota locale, è bene conoscerne le principali caratteristiche. In condizioni “normali”, l’ambiente vaginale è dominato da Lactobacillus spp. con valori di 107/108 CFU in donne fertili.

Tra i ceppi più rappresentati troviamo Lactobacillus iners, Lactobacillus crispatus, Lactobacillus gasseri, Lactobacillus jensenii seguiti a distanza da L. acidophilus, Lactobacillus fermentum, Lactobacillus plantarum, Lactobacillus brevis, Lactobacillus casei, Lactobacillus vaginalis, Lactobacillus delbrueckii, Lactobacillus salivarius, Lactobacillus reuteri e Lactobacillus rhamnosus.

Composizione ed espressione dei singoli ceppi variano però significativamente in relazione a fattori endogeni (età, ciclo, gravidanza) o esogeni (terapia ormonale, antibiotici, attività sessuale ecc.) [2,3].

Elevati livelli di Lactobacillus spp. sembrerebbero tuttavia indispensabili per contrastare lo sviluppo di infezioni. Ciò lo si deve principalmente alla loro capacità di produrre acido lattico che, acidificando l’ambiente vaginale (pH 4-4,5) lo rende inospitale per l’insediamento e proliferazione di patogeni. Quando questo viene a mancare il rischio di infezione aumenta considerevolmente [2,3]. Vediamo le principali.

Vaginosi batterica

La vaginosi batterica è infatti il risultato della riduzione di lattobacilli con, di contro, la crescita di altre specie (Gardnerella vaginalis in particolare ma anche Mycoplasma hominis, Prevotella spp., Peptostreptococcus spp., Mobiluncus spp., Bacteroides spp., Atopobium vaginae, e Megasphera spp.), che comportano un aumento dei valori di pH con alterazione dell’immunità innata locale. Soprattutto se ricorrente, la vaginosi batterica può tradursi in gravi conseguenze cliniche soprattutto durante la gravidanza.

Il trattamento standard prevede la somministrazione orale o topica di metronidazolo o clindamicina. Il successo terapeutico del metronidazolo nel breve termine è del 95% per ridursi progressivamente con il prolungarsi della terapia con, di contro, un aumento delle recidive una volta terminato il ciclo (70-80% dopo 4 settimane, 40% dopo 3 mesi, 50% a 6 mesi).

Il fallimento è da ricondurre all’eterogeneità dei batteri presenti nell’ambiente vaginale ulteriormente sostenuto dalla loro capacità, anche a basse concentrazioni, di inibire Lactobacillus spp. Disbiosi a parte, questi antibiotici sono spesso associati a effetti collaterali quali nausea, reazione allergica, sapore metallico in bocca ecc [4].

Candidiasi vulvovaginale

Il 75% delle donne in età fertile è colpito da candidiasi almeno una volta, il 40-45% anche due. Perdite biancastre, irritazione, eritema e gonfiore sono i sintomi classici e da ricondurre principalmente al lievito Candida albicans.

L’applicazione orale o topica di antimicotici (fluconazolo, itraconazolo) o antibiotici ad azione anticomicotica (nistatina) è la terapia standard ed efficace nella maggior parte dei casi per il trattamento degli episodi acuti.

In aumento è tuttavia la resistenza non solo di C. Albicans ma anche delle non-albicans Candida spp. (Candida glabrata ad esempio) soprattutto al fluconazolo [4,5].

Infezioni urinarie

Principalmente a carico di batteri Gram negativi quali Escherichia coli ma anche Staphylococcus saprophyticus, Enterococcus faecalis, Klebsiella pneumoniae e Proteus mirabilis si parla di infezioni al tratto urinario inferiore (cistite) se interessano la vescica, superiore (pielonefriti) se ad essere coinvolti sono i reni.

Trimetoprim/sulfametossazolo, nitrofurationa e fluorochinoloni sono gli antibiotici più comunemente usati in queste circostanze. Elevato è tuttavia il tasso di resistenza che già oggi si registra rendendoli perciò spesso inefficaci. Nitrofurantoina ad esempio è attiva (di norma) contro E. coli, enterococci, Klebsiella spp. e Enterobacter spp., ma non più contro Pseudomonas spp. e Proteus spp. [4].

Probiotici, l’alternativa agli antibiotici

L’idea di combattere i batteri patogeni dall’esterno con farmaci aggressivi anche per i ceppi commensali (i classici antibiotici) sembra ormai sorpassata. Un aiuto potrebbe infatti venire dagli stessi batteri. Efficacia in tal senso l’hanno dimostrata i probiotici ossia “microrganismi che, se somministrati in quantità adeguate, apportano benefici per l’ospite” [6].

In che modo? Principalmente aderendo alla barriera mucosale e quindi “togliendo posto” all’eventuale patogeno e/o producendo sostanze antimicrobiche come acido lattico, perossido di idrogeno, batteriocine e biosurfattanti.

La colonizzazione vaginale da parte dei probiotici può esser ottenuta per assunzione orale o vaginale. Nel primo caso la formulazione (compresse, capsule) deve sopravvivere all’ambiente gastrico e raggiungere il tratto vaginale ascendente.

Nel caso della vaginosi batterica, efficacia clinica è stata dimostrata con un mix di probiotici (Lactobacillus acidophilus e Lactobacillus rhamnosus). Se assunto per via orale per 15 giorni ha dimostrato non soltanto di migliorare la sintomatologia, ma anche di ridurre le recidive a 6 mesi rispetto al solo trattamento antibiotico. [3]

L. gasseri, L. fermentum, L. rhamnosus hanno invece mostrato una buona colonizzazione vaginale associata alla diminuzione di cattivo odore, perdite e a un maggior successo terapeutico rispetto al solo trattamento con antimicotici nel caso di candidasi. [4].

Con infezioni urinarie infine, ceppi di L. crispatus hanno dimostrato di ridurne le recidive [4].

Conclusioni

Salvaguardare l’equilibrio del microbiota vaginale è fondamentale per la prevenzione e il trattamento della maggior parte delle infezioni ginecologiche.

«Dobbiamo cambiare prospettiva» afferma Franco VIcariotto, ginecologo dell’Humanitas San Pio X di Milano. «I batteri non sono tutti nemici da combattere. Al contrario, la loro “serenità” è la nostra salute. Certamente gli antibiotici sono farmaci importanti ed essenziali in determinate circostanze, ma è altrettanto fondamentale sia evitarne l’abuso sia il cattivo utilizzo, per esempio in presenza di infezioni virali o semplici processi infiammatori. Il problema dell’antibiotico resistenza è difatti sempre più presente, Italia compresa».

L’utilizzo di probiotici come alternativa ai classici antibiotici sta dimostrando non soltanto una buona efficacia clinica, ma anche una valida strategia nel ridurre il diffondersi della resistenza riducendo l’uso di questi farmaci sono in particolari casistiche.

«I probiotici – conclude Vicariotto – sono spesso anche più efficaci dei comuni antibiotici essendo in grado di penetrare la corazza che molti patogeni formano nello sviluppo e progressione dell’infezione, il cosiddetto biofilm. Come “il simile scioglie il simile”, così un batterio buono può difenderci da uno cattivo. Nella scelta, è però importante considerare la ceppo-specificità. I meccanismi d’azione e i relativi effetti dei probiotici non sono infatti sempre gli stessi. Il “restoring”, ossia l riequilibrio, non la lotta ai batteri è la strategia vincente per la lotta contro le infezioni, ambito ginecologico incluso».

Referenze

  1. Paulo Durão, Roberto Balbontín, Isabel Gordo, Evolutionary Mechanisms Shaping the Maintenance of Antibiotic Resistance, Trends in Microbiology, Volume 26, Issue 8, 2018, https://doi.org/10.1016/j.tim.2018.01.005
  2. Godha K, Tucker KM, Biehl C, Archer DF, Mirkin S. Human vaginal pH and microbiota: an update. Gynecol Endocrinol. 2018;34(6):451-455. doi:10.1080/09513590.2017.1407753
  3. R. Russo, E. Karadja , F. De Seta, Evidence-based mixture containing Lactobacillus strains and lactoferrin to prevent recurrent bacterial vaginosis: a double blind, placebo controlled, randomised clinical trial. Beneficial Microbes, 2018. doi: 10.3920/BM2018.0075
  4. Sandra Borges, Joana Barbosa and Paula Teixeira, Gynecological Health and Probiotics Probiotics, Prebiotics, and Synbiotics. Chapter 56, http://dx.doi.org/10.1016/B978-0-12-802189-7.00056-3
  5. J. D. Sobel & R. Sobel (2018) Current treatment options for vulvovaginal candidiasis caused by azole-resistant Candida species, Expert Opinion on Pharmacotherapy, 19:9, 971-977, DOI: 10.1080/14656566.2018.1476490
  6. Food and Agriculture Organization/World Health Organization. Joint FAO/WHO Expert Consultation on Evaluation of Health and Nutritional Properties of Probiotics in Food Including Powder Milk with Live Lactic Acid Bacteria. 2001. Available at http://www.fao.org/es/esn/food/ foodandfood_probio_en.stm

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