Oltre alla discendenza genetica, con i nostri antenati condividiamo anche qualcosa in più: alcuni dei nostri ceppi commensali. Microrganismi promotori di salute in comune con l’uomo moderno come Blautia, Dorea, Roseburia, Ruminococcus, Faecalibacterium e Bifidobacterium sono infatti stati scoperti nel microbiota intestinale dell’uomo di Neanderthal in sedimenti risalenti a circa 50 mila anni fa.
Questa curiosa scoperta la si deve a Simone Rampelli, Silvia Turroni e colleghi dell’Università di Bologna con uno studio da poco pubblicato su Communication Biology.
L’evoluzione del microbiota
La dimostrazione di come il nostro microbioma intestinale sia attivamente coinvolto in svariati aspetti della nostra salute ha fatto emergere anche l’interesse di capirne un’eventuale evoluzione nel tempo, non solo nell’arco della nostra vita, ma anche di quella dell’intera specie umana.
Con lo scopo di risalire al microbioma ancestrale, quindi, le ricerche hanno iniziato a coinvolgere anche siti archeologici con tutte le difficoltà del caso (recupero reperti, conservazione ecc.). A tal proposito, in questo studio i ricercatori italiani hanno analizzato reperti di provenienti dal sito archeologico di El Salt (Alicante, Spagna) noto per esser stato occupato dall’uomo di Neanderthal, il nostro antenato più vicino in termini di evoluzione (60-45 mila anni fa circa) prima della ramificazione con la comparsa dei Sapiens.
L’attenzione si è in particolare concentrata sul contenuto intestinale di 14 mummie analizzandolo con avanzate tecniche di metagenomica. Vediamo cosa hanno scoperto.
Per ogni campione sono state ottenute una media di circa 6.800 sequenze, corrispondenti a una parte abbastanza consistente del DNA batterico ancestrale. Accanto alla valutazione del DNA batterico anche quella dell’ospite per validarne l’origine umana.
I risultati dello studio italiano
Tecniche di amplificazione genica hanno poi permesso di assegnare questo materiale a più di cento specie batteriche, ambientali e presumibilmente appartenenti al microbioma intestinali. Di queste:
- delle specie ambientali, Actinobacteria ha mostrato essere il phylum più abbondante accanto a famiglie Streptomycetaceae, Pseudonocardiaceae, Micromonosporaceae, Nocardiaceae, Mycobacteriaceae, Microbacteriaceae e Nocardioidaceae. Segue, in ordine di espressione, il phyum Proteobacteria, classi Alphaproteobacteria (famiglie Rhodobacteraceae, Rhodospirillaceae e Sphingomonadaceae soprattutto), Betaproteobacteria (Comamonadaceae, Burkholderiaceae) e Gammaproteobacteria (Xanthomonadaceae) in particolare
- dopo aver distinto i contaminanti ambientali, l’attenzione si è spostata sulla proliferazione delle specie potenzialmente intestinali, individuandone 91 appartenenti in particolare a Lachnospiraceae (inclusi commensali “buoni” e presenti anche nel nostro attuale microbioma come Blautia, Coprococcus, Dorea, Fusicatenibacter e Roseburia spp.), Ruminococcaeae (membri di Anaerotruncus, Ruminococcus e Subdoligranulum) e produttori di butirrato appartenenti a Faecalibacterium per i quali è stato anche recentemente proposto un ruolo come biomarcatori di salute gastrointestinale. Minore, ma presente, anche Bacteroides, Parabacteroides, Alistipes e Bifidobacterium spp., altri nostri noti commensali
- considerando poi “l’età” del DNA analizzato, alcuni danneggiamenti sono da prevedere. Correggendo quindi i risultati precedentemente ottenuti è stato possibile identificare ulteriori specie riconducibili al microbioma intestinale quali Alistipes, Bifidobacterium, Desulfovibrio e Prevotella spp., e Faecalibacterium prausnitzii
- non solo batteri buoni però. Sono stati infatti identificate tracce di potenziali patogeni opportunisti associati a carie dentali quali Methanobrevibacter oralis, Scardovia inopinata, Streptococcus parasanguinis, Streptococcus sanguinis, Pseudoramibacter alactolyticus, Catonella morbi, Johnsonella ignava, Lachnoanaerobaculum saburreum, Shuttleworthia satelles, Stomatobaculum longum, Treponema maltophilum, Treponema medium, Treponema socranskii e Treponema vincentii
- elevata anche la presenza di coprostanolo, metabolita prodotto dall’idrogenazione del colesterolo attraverso determinati batteri intestinali. A supportare questo processo, l’identificazione di ceppi coinvolti come Bifidobacterium, Collinsella, Bacteroides, Prevotella, Alistipes, Parabacteroides, Enterococcus, Lactobacillus, Streptococcus, Eubacterium, Lachnospiraceae (es.Coprococcus e Roseburia) e Ruminococcaceae (es. Anaerotruncus, Faecalibacterium, Ruminococcus e Subdoligranulum). Il metabolismo del colesterolo sembrerebbe quindi essere una funzione fondamentale dei ceppi batterici commensali non solo al giorno d’oggi quando l’introito è sicuramente maggiore
Conclusioni
Con questo studio si può quindi iniziare a parlare di “microbioma antico” che, in parte, ha mostrato di essere analogo a quello dell’uomo moderno.
L’appello dei ricercatori è quindi quello di prestare più attenzione ai cambiamenti che la modernizzazione (intesa come dieta, stile di vita ecc.) sta comportando nel nostro profilo batterico.
Sembrerebbe infatti esserci la tendenza a una riduzione della diversità batterica. Importante quindi mettere a punto strategie mirate per la salvaguardia in particolare dei microrganismi che hanno dimostrato, sin dall’antichità, di essere essenziali per il nostro benessere.