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Scoperto possibile nuovo approccio per modulare il microbiota vaginale

Studio su Lactobacillus iners svela la possibilità di sviluppare nuovi trattamenti per le vaginosi batteriche
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Stato dell'arte
Lactobacillus iners, la specie più diffusa e abbondante nel microbiota del tratto genitale femminile, è associato a molti esiti sfavorevoli di vaginosi batterica. Tuttavia, la biologia di L. iners non è ancora completamente caratterizzata, a causa delle difficoltà legate alla sua crescita in coltura.
Cosa aggiunge questa ricerca
Un recente studio ha aggiunto un tassello alle conoscenze su L. iners, dimostrando che questa specie ha una capacità limitata di sfruttare le fonti di cisteina esogena (Cys).
Conclusioni
Oltre a consentire una migliore comprensione della biologia di L. iners, i risultati ottenuti suggeriscono la possibilità di sviluppare nuovi approcci terapeutici per modulare il microbiota vaginale e migliorare la salute riproduttiva femminile.

In questo articolo

Un recente studio, pubblicato su Nature microbiology, mostra che l’incapacità di Lactobacillus iners di crescere in vitro è dovuta alla sua scarsa capacità di sfruttare le fonti di cisteina esogena (Cys)

Questa scoperta, oltre a permettere una conoscenza più approfondita di questa specie, potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento delle vaginosi batteriche e, quindi, nella prevenzione delle complicanze a esse correlate

Ruolo dei lattobacilli nelle vaginosi batteriche

La composizione del microbiota del tratto genitale femminile è collegata alla salute sessuale e riproduttiva delle donne. Per esempio, diverse indagini hanno dimostrato che il microbiota vaginale è correlato alla suscettibilità alle infezioni da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e da papillomavirus (HPV), al rischio di gravidanze pretermine, alle infiammazioni della mucosa e alla displasia cervicale. 

Le vaginosi batteriche (che colpiscono fino al 58% delle donne in tutto il mondo) e le loro sequele negative, sono correlate alla presenza nel microbiota vaginale di diverse comunità batteriche, in particolare quelle formate da batteri anaerobi. 

Nel microbiota genitale femminile sono presenti, tuttavia, anche comunità batteriche utili per la salute, come il Lactobacillus crispatus e la maggior parte delle altre specie di Lactobacillus. Un’eccezione degna di nota riguarda L. iners, la specie più diffusa e abbondante nel microbiota vaginale, associata a esiti sfavorevoli di vaginosi batterica

Tuttavia i fattori che influenzano l’equilibrio tra L. iners e i lattobacilli legati al benessere vaginale sono ancora poco conosciuti. 

La stretta associazione tra microbiota vaginale e patologie del tratto genitale rendono le terapie mirate al microbiota una strategia chiave per migliorare la salute delle donne e gli esiti riproduttivi. La modulazione del microbiota è stata studiata principalmente proprio per le vaginosi batteriche, nelle quali i trattamenti attuali mostrano bassa efficacia e alti tassi di recidiva. Infatti, oltre il 50% delle donne con vaginosi batterica sintomatica, che ricevono una terapia antibiotica standard con metronidazolo (MTZ), presenta una recidiva entro 12 mesi, mentre fino all’80% delle donne con una precedente storia di recidiva va incontro a ricadute entro 16 settimane. Il MTZ, in genere, sposta il microbiota associato alle vaginosi verso comunità dominate da L. iners

Quindi, la possibilità di sviluppare innovazioni terapeutiche per promuovere il predominio di L. crispatus rispetto a quello di L. iners, durante il trattamento delle vaginosi, rappresenta un punto chiave nello sviluppo di nuove strategie di trattamento

Lactobacillus iners, un ceppo difficile da studiare

Nonostante la sua ubiquità nelle popolazioni umane, la biologia di L. iners è ancora caratterizzata in modo incompleto. Diverse proprietà lo distinguono dagli altri lattobacilli, tra cui un presunto fattore di virulenza (inerolisina), la mancanza di produzione di acido d-lattico e perossido di idrogeno, una ridotta dimensione del genoma e un potenziale metabolico ridotto. 

Queste caratteristiche suggeriscono l’adattamento di nicchia e la dipendenza da nutrienti esogeni. In effetti, la ricerca su L. iners è stata, fino a oggi, ostacolata dall’impossibilità di coltivare il batterio su terreni MRS (de Man, Rogosa e Sharpe) standard per Lactobacillus, complicando i tentativi di isolamento e caratterizzazione in vitro. 

Lo studio pubblicato su Nature microbiology ha identificato il motivo per cui la crescita in vitro di L. iners è sempre stata difficile da ottenere e questo sembra essere dovuto alla capacità limitata del batterio di sfruttare le fonti di cisteina esogena (Cys). I ricercatori hanno generato una raccolta di isolati batterici da più di 300 donne in 4 continenti, con e senza vaginosi batterica, da cui hanno ottenuto un catalogo di più di 1.200 genomi. 

Attraverso l’analisi di questi genomi, è stato dimostrato che le principali specie di lattobacilli vaginali mancano di percorsi di biosintesi di Cys canonici. Le concentrazioni vaginali di Cys sono più elevate nelle donne senza vaginosi batterica e l’abbondanza in vivo sia di L. iners che di L. crispatus è correlata alla disponibilità di Cys. Tuttavia, L. iners manca di meccanismi di trasporto e di accumulo della cisteina, che sono invece possedute da altre specie di Lactobacillus.

Nuove prospettive terapeutiche

La scoperta dell’incapacità di L. iner di sfruttare le fonti di cisteina esogena, apre le porte a nuove opzioni terapeutiche. Lo studio, infatti, oltre a dimostrare che la crescita in vitro di L. iners dipende dalla L-cisteina, a causa dell’assenza di percorsi di biosintesi della cisteina canonici e di un repertorio ristretto di meccanismi di trasporto correlati, ha anche evidenziato che la combinazione di un inibitore dell’assorbimento di cisteina con la terapia a base di MTZ promuove il predominio di L. crispatus nel microbiota, sopprimendo L. iner. 

La ricerca ha permesso, inoltre, di verificare che le concentrazioni di cisteina nei campioni di lavaggio cervicovaginale sono correlate con l’abbondanza di Lactobacillus in vivo. Sembra, quindi, che sia stato identificato un nuovo bersaglio in grado di modulare il microbiota vaginale. I risultati ottenuti nello studio consentiranno una migliore comprensione della biologia di L. iners e suggeriscono la possibilità di usare nuovi trattamenti per modulare il microbiota vaginale e per migliorare la salute riproduttiva delle donne a livello globale.

Roberta Altobelli
Science writer e medical writer freelance. Laureata in Biotecnologie Mediche presso l’Università Sapienza di Roma, ha conseguito un Master in Genetica Forense e un Master in Comunicazione della Scienza.

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