Come fare arrivare i batteri vivi vicino alle cellule bersaglio, per esempio quelle tumorali, in totale sicurezza? È una domanda che molti centri di ricerca si sono posti negli ultimi anni. Uno studio pubblicato di recente su Nature Biotechnology cerca di dare una risposta.
Secondo quanto riportato, lo studio condotto su modelli murini potrebbe rappresentare la svolta per considerare questo approccio terapeutico al tumore come una promettente strada da seguire.
Probiotici in oncologia
Il microbioma gioca molteplici ruoli fondamentali nel mantenimento della salute umana e, per conseguenza, l’utilizzo di batteri vivi (probiotici) a scopo terapeutico ha destato un notevole interesse come possibile trattamento di svariate patologie.
I microrganismi possono essere ingegnerizzati e utilizzati come batteri vivi in grado di rispondere al microambiente che li circonda, capaci di colonizzare nicchie, per esempio nel tratto gastrointestinale, nella bocca, sulla pelle, nei polmoni o, addirittura, i tumori, e trasportare molecole attive e tarapeutiche fungendo da sistemi di direzionamento e consegna.
Le capacità uniche dei batteri di proliferare, spostarsi e colonizzare svariati organi o tessuti, e di trasportare farmaci nei tessuti cancerosi, necessitano di un attento controllo della farmacocinetica in vivo così come il problema della loro immunogenicità nell’organismo ospite che va attentamente considerato.
Una strategia per evitare fenomeni di immunogenicità nell’ospite è la generazione di batteri con un knockout dei geni che codificano per molecole di superficie con capacità antigenica, come il lipopolisaccaride (LPS, Lipopolysaccharide), ma ciò risulta anche in un’attenuazione del ceppo batterico con perdita della capacità di colonizzare.
Un’altra strada promettente è quella di utilizzare un coating sintetico della superficie microbica con molecole come alginato, chitosano, polidopamina, lipidi o nanoparticelle.
I risultati dello studio su E. Coli Nissle 1917
In questo studio è stato messo a punto un sistema di ingegnerizzazione delle molecole di superficie dei batteri E.Coli Nissle 1917 attraverso un pathway genetico sintetico che consente un miglior controllo delle interazioni tra microbi e ambiente.
In particolare, è stato preso in considerazione il polisaccaride capsulare di superficie (CAP, Capsular Polysaccharide) un biopolimero naturale che ricopre la membrana extracellulare e protegge il microrganismo da fattori ambientali potenzialmente sfavorevoli.
Nell’uomo, le molecole CAP promuovono la sopravvivenza del batterio e le sue possibilità di colonizzazione attraverso meccanismi di escape e protezione dal sistema immunitario dell’ospite come la cascata del complemento, l’opsonizzazione e la fagocitosi.
È stato quindi messo a punto un sistema di engeneering della sintesi del CAP attraverso approccio di biologia sintetica per migliorare il direzionamento e la sopravvivenza dei batteri nel topo con tumori.
In dettaglio, l’espressione programmabile del CAP grazie ad un inducer attivato esternamente messo a punto sul ceppo E.Coli Nissle 1917 (EcN) con un profilo clinico favorevole e con proprietà probiotiche, su modelli murini, consente di modulare le interazioni dei batteri con molecole antimicrobiche, batteriofagi, acidità e sistema immunitario dell’ospite.
Conclusioni
Questa strategia offre un controllo preciso dell’immunogenicità che può essere indotta dai batteri nell’organismo ospite, consentendo alla specie microbica utilizzata a scopo terapeutico di raggiungere, sopravvivere e colonizzare il target prescelto, che può essere un tumore, garantendo altresì la sicurezza del trattamento.