Approfondire i meccanismi di azione diretti e indiretti del glifosato sul microbiota intestinale permette di fare ulteriore chiarezza sull’impatto del glifosato sulla salute e sull’ambiente. Questo è quanto evidenziato dallo studio di Peter C. Lehman e colleghi della University of Iowa (USA), di recente pubblicato su Environmental Toxicology and Pharmacology.
Glifosato e microbiota intestinale
Il glifosato è un diserbante sistemico e non selettivo. L’assorbimento da parte delle piante avviene a livello fogliare e, nell’arco di sei ore, l’erbicida risulta diffuso in tutta la pianta. Il glifosato inibisce l’enzima 5-enolpyruvylshikimate-3-phosphate synthase (EPSPS) coinvolto nella via shikimate, interrompendo la produzione di tre aminoacidi essenziali: fenilalanina, tirosina e triptofano.
L’EPSPS non è presente nei mammiferi e ciò ha fatto inizialmente pensare che fosse sicuro per l’uomo. Purtroppo, solo in seguito si è scoperto che tale enzima, oltre alle piante, è presente anche in funghi, batteri e archeobatteri.
L’uso del glifosato in agricoltura è stato autorizzato per la prima volta negli anni Settanta, e oggi diffuso in oltre 140 Paesi nel mondo. Il suo utilizzo è cresciuto negli anni con la diffusione di coltivazioni di piante OGM (organismi geneticamente modificati) e specificatamente con l’introduzione di specie vegetali resistenti al glifosato (soia, mais e cotone) che hanno permesso ai coltivatori di utilizzare l’erbicida su queste piante senza danneggiare i raccolti.
Numerosi studi hanno collegato l’esposizione al glifosato a varie patologie, prevalentemente infiammatorie, incluse diverse tipologie di tumore. Tuttavia, la rilevanza biologica della disbiosi intestinale indotta dal glifosato sugli effetti osservati sulla fisiologia dell’ospite rimane controversa. Nonostante alcuni studi riportino modifiche significative della composizione del microbioma intestinale dopo l’esposizione al glifosato, la tossicità sull’uomo non è ancora del tutto chiarita in quanto, la maggior parte degli effetti evidenziati si basa su dosi molto più alte della ADI statunitense.
Pertanto, in questo studio si è voluto approfondire l’effetto del glifosato a basse dosi sul microbiota intestinale e comprenderne il meccanismo d’azione mediante il quale la composizione del microbiota intestinale, modulata dal glifosato, può indurre esiti avversi per la salute umana.
Nello specifico, sono state studiate le alterazioni microbiche intestinali nei topi dopo l’esposizione al glifosato puro a dosi di 0 μg/ml (controllo), 1 μg/ml, 10 μg/ml (dose simile alla ADI) e 100 μg/ml.
I risultati dello studio
L’analisi e il confronto della composizione microbica e dei metaboliti tra i gruppi esposti al glifosato e il gruppo di controllo evidenzia:
- una ridotta abbondanza di batteri benefici, in particolare Lactobacillus e Bifidobacterium, nei topi esposti al glifosato rispetto al gruppo di controllo
- una variazione della quantità di geni associati alla produzione di SCFA nei gruppi esposti al glifosato
- un aumento dei marcatori di infiammazione, tra cui un aumento della lipocalina-2, delle cellule immunitarie dell’intestino CD4+IL17A+ e del pH fecale in tutti i gruppi esposti al glifosato
Questi dati indicano che il glifosato può esercitare una pressione selettiva sul microbioma intestinale in cui i batteri con enzimi EPSPS sensibili possono essere preferenzialmente impoveriti, determinando un vantaggio competitivo per le specie batteriche resistenti.
Conclusioni
Nel presente studio, è stato dimostrato che l’esposizione al glifosato, a dosi simili alla ADI, può alterare la composizione del microbiota intestinale e modulare il sistema neuro-immuno-endocrino generando in un ambiente pro-infiammatorio.
Le alterazioni microbiche sono state caratterizzate dalla perdita di batteri benefici (Lactobacillus e Bifidobacterium) e da una riduzione delle vie geniche microbiche che producono SCFA. Inoltre, queste alterazioni microbiche sono accompagnate da un aumento dei marcatori di infiammazione, tra cui un aumento della lipocalina-2, delle cellule immunitarie dell’intestino CD4+IL17A+ e un aumento del pH fecale.
Collettivamente, i risultati suggeriscono che l’esposizione al glifosato a basse dosi è sufficiente per alterare l’omeostasi intestinale.
Questo studio fornisce nuove informazioni sui meccanismi attraverso i quali il glifosato agisce sulla fisiologia dell’ospite e invita ad effettuare ulteriori ricerche per capire se l’esposizione cronica della popolazione al glifosato alle dosi attualmente utilizzate possa avere effetti fisiologicamente rilevanti sulla salute umana attraverso la modulazione del microbioma intestinale.