Il sitagliptin è un farmaco utilizzato per abbassare i livelli di zucchero nel sangue negli adulti con diabete di tipo 2, ma il trattamento non è efficace in tutti i pazienti.
Di recente un gruppo di ricercatori ha identificato un enzima microbico intestinale la cui attività potrebbe contribuire a migliorare la risposta al sitagliptin osservata tra i pazienti con diabete.
I risultati, pubblicati su Science, suggeriscono che gli approcci terapeutici che hanno come target sia gli enzimi microbici umani sia quelli intestinali potrebbero essere clinicamente più efficaci.
Gli isoenzimi del microbiota
Il microbiota intestinale produce un’ampia gamma di proteine chiamate isoenzimi, che hanno funzioni simili agli enzimi prodotti dal corpo umano.
Ad esempio, in molti organismi, compresi i batteri, sono stati trovati isoenzimi della dipeptidil-peptidasi IV (DPP4) umana, un enzima che aumenta la secrezione di insulina e viene utilizzato come bersaglio terapeutico per la gestione del diabete di tipo 2.
Tuttavia, non è chiaro quali batteri intestinali producano isoenzimi della DPP4 o quali effetti possano avere sulla salute dell’ospite.
I ricercatori guidati da Kai Wang della Peking University, in Cina, hanno sviluppato una piattaforma di screening per esaminare le comunità di batteri intestinali umani e murini isolate dalle feci e identificare gli isoenzimi che potrebbero influenzare la fisiologia dell’ospite.
La scoperta: una DPP4 batterica
Tra gli enzimi identificati nello screening, il team ne ha selezionati 110 coinvolti in varie malattie umane, tra cui una DPP4 batterica espressa da specifiche specie di Bacteroides, tra cui B. thetaiotaomicron, B. fragilis, B. eggerthii, B. vulgatus e B. dorei.
Nei topi alimentati con una dieta ricca di grassi, questa DPP4 microbica ha ridotto l’attività del glucagon-like peptide 1 (GLP-1), un ormone che riduce l’appetito e stimola il rilascio di insulina.
Poiché una dieta ricca di grassi può indurre cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale, portando a danni alla barriera intestinale, i ricercatori hanno ipotizzato che nei topi il “leaky gut” indotto da una dieta ricca di grassi potrebbe consentire alla DPP4 microbica di ridurre l’attività del GLP-1 prodotto dall’ospite.
Dopo 12 settimane di dieta ricca di grassi, gli animali hanno mostrato un aumento della permeabilità della barriera intestinale.
In questi topi, il microbiota intestinale sembra contribuire all’attività della DPP4 attenuando i livelli di GLP-1.
Approccio “drugs for bugs”
Nei topi alimentati con una dieta ricca di grassi, la DPP4 microbica ha anche alterato il metabolismo del glucosio. Tuttavia, sitagliptin e altri inibitori della DPP4 umana, comunemente usati per trattare il diabete, non hanno compromesso completamente l’attività dell’isoenzima microbico.
Ulteriori test hanno dimostrato che l’enzima limita l’efficacia del sitagliptin nei pazienti con diabete e nei topi intolleranti al glucosio.
«Le differenze nel microbiota intestinale possono spiegare perché solo alcuni individui rispondono agli inibitori della DPP4», affermano i ricercatori.
Successivamente, il team ha deciso di identificare gli inibitori della DPP4 microbica. Per fare ciò, i ricercatori hanno sviluppato un sistema di screening dei farmaci e hanno testato gli effetti inibitori di oltre 100.000 composti sull’isoenzima microbico. È stato così identificato un composto chiamato Dau-d4 in grado di inibire l’attività della DPP4 prodotta dalle specie Bacteroides e di migliorare la tolleranza al glucosio nei topi obesi.
I risultati suggeriscono che Dau-d4 può integrare gli attuali approcci terapeutici per il diabete di tipo 2 che hanno come target la DPP4.
Conclusioni
«Avendo dimostrato i benefici dell’inibizione farmacologica della DPP4 microbica, il nostro studio evidenzia il potenziale valore di utilizzare questo enzima microbico come target nel trattamento clinico di pazienti con diabete di tipo 2 che mostrano scarse risposte agli inibitori della DPP4 attualmente utilizzati», affermano i ricercatori. «Un approccio “drugs for bugs” come quello utilizzato nella gestione di questa comune malattia cronica potrebbe essere esteso ad altre patologie simili».