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Colesterolo HDL e trigliceridi: microbiota nuova frontiera per future terapie

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Colesterolo HDL e trigliceridi: microbiota nuova frontiera per future terapie

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Il nostro profilo lipidico è, con ogni probabilità, legato alla composizione del microbiota intestinale il quale, attraverso determinate specie batteriche e relativi metaboliti, influenza i livelli plasmatici di colesterolo HDL e trigliceridi e, di conseguenza, il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari.

A sostenerlo sono un numero sempre più crescente di evidenze analizzate e riassunte nel lavoro di revisione condotto da Kazuhiro Nakaya e Katsunori Ikewaki (National Defense Medical College, Tokorozawa, Giappone), recentemente pubblicato in Current Opinion in Lipidology.

Nonostante le patologie cardiovascolari siano molte e, allo stesso tempo, multifattoriali, alti livelli di colesterolo, LDL in primis, e/o trigliceridi sembrerebbero essere aspetti comuni e importanti nell’incrementarne il rischio.

Le statine sono il trattamento più in uso e, benché riportino in generale buoni risultati di efficacia, non sono in grado di migliorare i valori del colesterolo HDL, le lipoproteine deputate al “trasporto inverso” del colesterolo libero cioè dal sangue al fegato per il suo catabolismo.

Attraverso questo ruolo da “spazzini”, le HDL contribuiscono quindi a mantenere pulite le arterie contrastando altri trasportatori di colesterolo, le LDL, che andando al contrario, cioè verso i tessuti periferici, contribuiscono alla formazione di placche aterosclerotiche e trombi.

Guarda anche: Aterosclerosi: perché è importante correggere la disbiosi intestinale

Considerando i molti ruoli e processi nei quali il microbiota è implicato nella nostra salute, potrebbe essere coinvolto anche nella regolazione di questi parametri lipidici offrendo quindi una possibile alternativa terapeutica? Sembrerebbe proprio di sì.

Microbiota intestinale associato al metabolismo del colesterolo HDL e dei trigliceridi

Karlsson et al., dopo aver caratterizzato attraverso tecniche di metagenomica i campioni fecali di donne europee rispettivamente sane, compromesse e diabetiche, ha dimostrato come 66 dei clusters batterici identificati erano positivamente correlati ai livelli di trigliceridi, 2 a quelli di HDL ma nessuno a quelli di LDL e al colesterolo totale.

Due studi europei indipendenti, che sono andati a confrontare invece donne obese vs normopeso, hanno riscontrato un rapido aumento di trigliceridi, oltre che di marcatori infiammatori, e una parallela riduzione di colesterolo HDL nei soggetti con scarsa ricchezza batterica.

In linea con quanto affermato, Fu et al. ha dimostrato come il microbiota umano influenzi in particolar modo l’espressione di HDL e trigliceridi indipendentemente da età, sesso o componente genetica.

Complessivamente si può dunque concludere come il microbiota condizioni specifici parametri lipidici e come pazienti caratterizzati da un profilo lipidico sfavorevole (alti trigliceridi e basse concentrazioni di colesterolo HDL) presentino anche scarsa biodiversità intestinale con predominanza di Actinobacteria e, al contrario, carenza di Ptoteobacteria e Bacteroides.

Modificare il microbiota potrebbe prevenire eventi cardiovascolari

Recenti studi clinici condotti dai gruppi di ricerca di Wang et al. e Tang et al. hanno mostrato come determinate specie batteriche siano coinvolte nella trasformazione della colina introdotta con la dieta a trimetilammina (TMA) e a sua volta metabolizzata in trimetilammina-N-ossido (TMAO).

Elevati livelli plasmatici di TMAO sono stati associati a un incremento del rischio di patologie cardiovascolari. In un altro studio, Koeth et al. ha inoltre riscontrato come un supplemento di L-carnitina favorisca la produzione di TMAO da parte del microbiota e, di conseguenza, un aumento di aterosclerosi in vivo.

A questo proposito, le proposte terapeutiche al momento disponibili in letteratura coprono principalmente queste quattro linee di intervento:

  • soppressione mirata di specie batteriche pro-TMAO attraverso antibiotici selettivi;
  • trapianto di microbiota fecale: nonostante non sia stato ancora testato nell’uomo per il trattamento delle dislipidemie, si è dimostrato efficace in più di un quadro clinico;
  • probiotici in grado di migliorare il rapporto colesterolo LDL / colesterolo HDL;
  • trattamento farmacologico mirato verso specifici meccanismi biologici del microbiota intestinale, in primis la metabolizzazione di TMAO.

Il microbiota intestinale sembrerebbe quindi in grado di influenzare il profilo lipidico, HDL e trigliceridi in particolare. Nonostante ciò, come sottolineano gli stessi autori, ad oggi sono ancora insufficienti i trial clinici a disposizione per determinare con una certa sicurezza l’esatto ruolo e meccanismi del microbiota nel trattamento delle dislipidemie. Rimane dunque aperta la discussione per indicare quali siano le specie batteriche o, in alternativa, i loro metaboliti, sui quali puntare al fine di sviluppare nuove terapie per la prevenzione e il trattamento di aterosclerosi e, auspicabilmente, di altre patologie cardiovascolari.

Leggi anche: Scompenso cardiaco e microbiota: esiste davvero un asse cuore-intestino?

Silvia Radrezza

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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