Gli esseri umani e gli animali possono acquisire microbi attraverso i contatti sociali. Sebbene sia noto che le interazioni sociali consentono la diffusione di agenti patogeni, gli studi condotti finora non hanno ancora fornito un quadro chiaro della trasmissione sociale dei batteri commensali e dei suoi effetti sulla salute dell’ospite.
Per cercare di colmare questa lacuna di conoscenza, Amar Sarkar dell’Università di Harvard a Cambridge, Massachusetts, e i suoi colleghi hanno pubblicato sulla rivista Cell una revisione della letteratura esistente sul meccanismo con cui la diffusione dei microbi commensali influenza, attraverso i contatti sociali, lo stato di salute o di malattia dell’ospite.
«I microbi socialmente trasmissibili possono rappresentare un aspetto sottovalutato dei determinanti sociali della salute e possono contribuire sia alle cause sia alle conseguenze delle variazioni riscontrate nella socialità e nella salute dell’ospite», affermano gli autori.
Microbioma sociale
Il “microbioma sociale” è definito come la comunità microbica collettiva di un gruppo sociale animale. La trasmissione sociale dei microbi può avvenire direttamente attraverso le interazioni sociali e indirettamente attraverso l’ambiente, ad esempio in seguito al contatto accidentale con le feci.
Uno studio condotto nei villaggi dell’Honduras ha rilevato che le persone che vivono nella stessa famiglia condividono in genere il 12% dei batteri intestinali, mentre coloro che vivono nello stesso villaggio condividono dal 4 all’8% dei ceppi microbici.
I microbi non vengono trasmessi solo all’interno della stessa famiglia, ma anche tra le diverse zone del corpo. Ad esempio, è stato dimostrato che i microbi orali tendono a migrare verso l’intestino negli individui affetti da artrite reumatoide e malattie infiammatorie intestinali.
Nei babbuini, i ricercatori hanno scoperto che Bifidobacterium e Fusobacterium hanno maggiori probabilità di essere trasmessi socialmente rispetto ad altri taxa batterici. «Al contrario, la trasmissione sociale dei batteri sembra essere indipendente dalla tassonomia batterica negli esseri umani», affermano gli autori. «Ciò suggerisce che la maggior parte dei taxa microbici negli esseri umani potrebbero essere socialmente trasmissibili, almeno in linea di principio».
Combattere gli agenti patogeni
La trasmissione sociale dei microbi ha diversi effetti, tra cui la resistenza alla colonizzazione, ovvero la capacità del microbiota di proteggere l’ospite dalla colonizzazione e proliferazione di agenti patogeni.
I microbi socialmente trasmissibili possono aumentare la resistenza alla colonizzazione consumando i nutrienti di cui i patogeni hanno bisogno. Ad esempio, i ceppi commensali di Escherichia coli consumano gran parte dei nutrienti necessari per la crescita dei ceppi patogeni della stessa specie. Altri microbi, come i bifidobatteri, proteggono dalla colonizzazione degli agenti patogeni creando un ambiente intestinale ostile.
Ricerche recenti hanno dimostrato che un microbiota intestinale diversificato fornisce una maggiore protezione contro i batteri nocivi rispetto a singole specie microbiche. Tuttavia, continua a essere oggetto di dibattito la possibile associazione tra la diversità del microbiota e la salute dell’ospite. «Sebbene un’elevata diversità del microbioma sia comunemente associata a una migliore salute dell’ospite, diversi studi hanno anche scoperto che un’elevata diversità del microbioma può essere anche correlata a scarsi esiti di salute o non essere del tutto associata alla salute», affermano gli autori. Deve essere inoltre ancora chiarito il meccanismo con cui la trasmissione sociale influenza la diversità e la stabilità del microbiota.
Disturbi ambientali
È noto che i microbi trasmessi socialmente influenzano anche l’evoluzione della virulenza microbica, ovvero la capacità di un agente patogeno di causare malattie.
«Sebbene aumentare le opportunità di trasmissione orizzontale (sociale) dei microbi possa promuovere l’evoluzione della virulenza, la teoria evoluzionistica prevede anche che crescenti opportunità di trasmissione sociale possono in alcuni casi selezionare una ridotta virulenza nei microbi che sono trasmissibili sia verticalmente che socialmente», affermano gli autori.
Fattori ambientali transitori, compreso l’uso di antibiotici, rendono l’intestino vulnerabile alla colonizzazione da parte di agenti patogeni come Clostridioides difficile. Sebbene i disturbi indotti dagli antibiotici siano generalmente lievi negli adulti, possono avere conseguenze a lungo termine nei bambini. «La resilienza osservata tra gli adulti può essere parzialmente attribuibile al fatto che gli esseri umani operano in reti sociali piuttosto dense che forniscono continue esposizioni microbiche», affermano gli autori.
Metabolismo e immunità
I contatti sociali promuovono anche la trasmissione di microbi che influiscono sulla salute dell’ospite. Tra questi ci sono i batteri che influenzano il metabolismo e il sistema immunitario dell’ospite.
Ad esempio, i topi del deserto mangiano piante ricche di tannini, che vengono metabolizzati da Enterococcus faecalis e da altri microbi intestinali socialmente trasmissibili. Inoltre, è noto che i metaboliti microbici come gli acidi grassi a catena corta influenzano l’immunità dell’ospite inducendo la produzione di cellule immunitarie nel colon. «Le singole specie batteriche influenzano anche la frequenza di diversi tipi di cellule immunitarie», affermano gli autori.
Infine, i microbi acquisiti socialmente possono favorire la diffusione di malattie zoonotiche, che vengono trasmesse tra animali e esseri umani attraverso contatti diretti o indiretti, nonché di geni di resistenza agli antibiotici.
«Gli animali da compagnia sono una potenziale fonte di microbi e geni resistenti agli antibiotici. Inoltre, gli individui che lavorano con animali agricoli esposti agli antibiotici o in ambienti abitati da questi animali mostrano prove di rimodellamento del microbioma e di acquisizione di microbi e geni microbici resistenti agli antibiotici”. spiegano gli autori.
Salute e malattia
Diversi studi hanno esaminato la trasmissione sociale dei microbi in relazione alle malattie infettive, ma questi microrganismi potrebbero anche svolgere un ruolo nelle malattie non trasmissibili come i disturbi autoimmuni, le condizioni neurologiche e i tumori. «Gli studi esaminati suggeriscono che la trasmissione sociale dei microbi possa aumentare o ridurre la suscettibilità dell’ospite alle malattie sia trasmissibili sia non trasmissibili», affermano gli autori.
Ad esempio, uno studio sui bombi ha dimostrato che i microbi acquisiti socialmente possono avere effetti protettivi contro le malattie trasmissibili proteggendo gli insetti dalle infezioni parassitarie. Inoltre, i topi germ-free colonizzati con microbi intestinali provenienti da esseri umani che vivono in diverse regioni geografiche mostrano una suscettibilità differenziale all’infezione da Citrobacter rodentium, la controparte murina di Escherichia coli enteropatogeno.
Sono state inoltre osservate associazioni microbiche anche per diverse condizioni originariamente classificate come non trasmissibili, comprese le malattie metaboliche, l’aterosclerosi e le patologie cerebrali. Inoltre, gli studi hanno dimostrato che la risposta di una persona ai trattamenti oncologici può essere influenzata almeno in parte da microbi socialmente trasmissibili.
Conclusioni
Studiare il modo in cui si diffondono i microbi acquisiti socialmente potrebbe quindi non solo facilitare lo sviluppo di terapie per le malattie umane, ma anche aiutare a gestire le sfide sanitarie globali. «Comprendere la trasmissione microbica sociale e il microbioma sociale può aiutarci a capire meglio gli aspetti microbici dei determinanti sociali della salute e il ruolo che i commensali e i mutualisti trasmissibili possono svolgere nell’evoluzione sociale».