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Aterosclerosi: batteri intestinali potrebbero avere un ruolo importante

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Aterosclerosi e microbioma intestinale sembrerebbero essere in qualche modo collegati. Lo si capisce dall’alterata composizione del microbioma stesso, soprattutto in termini quantitativi, nei campioni prelevati da pazienti rispetto a quelli di controlli sani.

Questa nuova evidenza emerge dallo studio condotto da Zhuye Jie e colleghi della BGI-Shenzhen, pubblicato in Nature Communications.

Il microbioma intestinale è stato in più occasioni associato a diverse patologie, comprese quelle cardiovascolari tra le quali, è ragionevole pensare, l’aterosclerosi.

Sono pochi ad oggi gli studi che hanno caratterizzato il microbioma di pazienti con questo particolare quadro clinico andando tuttavia a dimostrare come il microbioma intestinale, attraverso il metabolismo di colina, fosfatidilcolina e L-carnitina, porti alla sintesi dell’enzima trimetilammina (TMA), precursore della forma attiva trimetilammina N-ossido (TMAO) implicata attivamente, nonché fattore aggravante, nella patologia aterosclerotica. Inibendo a monte le specie batteriche che sintetizzano TMA si potrebbe dunque intervenire alleviando notevolmente l’insorgenza e la sintomatologia ad essa correlata.

A questo proposito, il team di ricercatori cinesi ha raccolto un totale di 405 campioni fecali rispettivamente da 218 individui con patologia aterosclerotica (gruppo 1) e da 187 controlli sani (gruppo 2), andandoli poi ad analizzare e confrontare attraverso tecniche di metagenomica ad ampio spettro.

È stata inoltre indagata l’associazione tra microbioma intestinale e diabete di tipo 2, obesità, cirrosi epatica ed artrite reumatoide attraverso l’analisi comparata di ulteriori 845 campioni provenienti da altri studi clinici disegnati ad hoc.

Da ricerche precedenti era stata infatti ipotizzata una correlazione con lo stato di disbiosi e infiammazione intestinale anche per queste patologie.

Le differenze nel microbiota in presenza di aterosclerosi

Confrontando i campioni ottenuti dai due gruppi in studio si è notata una prevalenza di particolari specie di Enterobacteriaceae e Streptococcus spp. in quelli del primo gruppo rispetto ai soggetti sani.

Fra le Enterobacteriaceae particolarmente presenti sono risultati infatti Escherichia coli, Klebsiella spp. ed Enterobacter aerogenes. Bacteroides e Prevotella, al contrario, sono risultati particolarmente carenti.

Queste differenze sembrerebbero dunque confermare l’ipotesi di partenza che prevede cioè una correlazione tra aterosclerosi e composizione del microbiota intestinale.

Oltre che una differente espressione batterica nei due gruppi, è stata riscontrata anche una diversa potenzialità del microbioma a livello funzionale in particolar modo nella sintesi di alcuni dei metaboliti fisiologici.

Infatti, nei pazienti con aterosclerosi è risultato ridotto il metabolismo dei folati e dei glicani mentre si è dimostrato essere più pronunciato quello di lipo-polisaccaridi, acidi grassi a corta catena, glicerofosfolipidi e, in particolar modo, di TMA.

Questi dati seguono la linea di quelli ottenuti con studi precedenti confermando il ruolo di TMA/TMAO nella patologia in questione e, indirettamente, del microbiota intestinale, come anticipato.

Dall’analisi comparata si è inoltre riscontrata una generale analogia tra il microbiota dei soggetti con aterosclerosi e quello di pazienti con le altre patologie indagate, diabete, obesità e cirrosi in particolar modo.

A detta di William T. Barrington, che ha ripreso lo studio qui descritto sulla rivista Atherosclerosis, il lavoro presenta però alcune limitazioni tra cui la possibile alterazione dei risultati finali da parte di fattori confondenti quali trattamenti terapeutici in corso nel gruppo di pazienti e/o particolari regimi alimentari. Le differenze di microbiota potrebbero essere inoltre dovute a uno scarso metabolismo in generale e non necessariamente correlato al quadro aterosclerotico.

Nonostante questi risultati siano supportati e concordi con le evidenze emerse da studi condotti in vivo, sono tuttavia da considerarsi preliminari in quanto si tratta di una tematica ancora poco esplorata in clinica.

Ulteriori ricerche saranno quindi necessarie al fine di approfondire e, possibilmente, confermare il ruolo del microbioma intestinale nella prevenzione e nel trattamento anche dell’aterosclerosi oltre che di altre patologie per le quali è già stato da tempo comprovato.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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