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Effetti collaterali dei farmaci: studio svela ruolo del microbiota intestinale

I farmaci attivano reazioni metaboliche sia da parte dell'ospite, sia del microbiota. Uno studio ha quantificato l'impatto di quest'ultimo.
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Effetti collaterali dei farmaci: studio svela ruolo del microbiota intestinale

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Stato dell'arte
Il microbiota intestinale è coinvolto nel metabolismo di molti farmaci e contribuisce ad aumentare la variabilità inter-individuale della loro efficacia e sicurezza. Rimane tuttavia da capire in che modo questo avviene
Cosa aggiunge questa ricerca
Lo studio propone un nuovo approccio quantitativo sia sperimentale sia computazionale per capire il reale contributo del microbioma nel metabolismo di alcuni farmaci, facendo attenzione a distinguerlo dal contributo dell’ospite stesso
Conclusioni
Conoscere e quantificare il rapporto di interconnessione tra microbioma e ospite nel metabolismo dei farmaci aiuta nell’aumentarne la risposta e la sicurezza in un’ottica di medicina sempre più personalizzata. Il metodo di indagine qui proposto potrà essere applicato anche ad altri principi attivi, nutrienti o metaboliti endogeni

In questo articolo

Quando si assume un farmaco, si attivano reazioni metaboliche a vari livelli, sia da parte dell’ospite sia da parte dei microorganismi che lo colonizzano, batteri intestinali in particolare. Questo doppio fronte di intervento, che in parte coopera, aumenta la variabilità di risposta inter-individuale ai farmaci in termini di efficacia e di sicurezza. Come distinguere e quantificare dunque il contributo del microbioma batterico da quello dell’ospite per intervenire in maniera sempre più personalizzata?

Michael Zimmermann e i colleghi dell’Università di Yale, negli Stati Uniti, hanno cercato di rispondere con uno studio pubblicato su Science. Lo scopo della ricerca è stato quello di sviluppare una strategia di indagine sperimentale e computazionale per quantificare il reale contributo dei batteri rispetto alle reazioni enzimatiche dell’ospite, nel metabolismo di alcuni farmaci: brivudina (antivirale), sorivudina (antivirale) e clonazepam (benzodiazepina). Per farlo sono stati messi a punto opportuni modelli murini, convenzionali (CV), germ-free (GF) e gnotobiotici (GN), attraverso i quali è stato possibile seguire la farmacocinetica dei principi attivi selezionati con i risultati riportati di seguito.

Metabolismo di brivudina: ospite vs microbiota

Il principio attivo brivudina (BRV) è un antivirale metabolizzato a livello epatico in bromoviniluracile (BVU) sia dall’ospite sia dai batteri che lo colonizzano.

Per determinare quanto pesa realmente il contributo del microbiota nel metabolismo del farmaco rispetto a quello dell’ospite, i ricercatori lo hanno somministrato inizialmente ai modelli CV e GF, confrontando poi i livelli sierici e le concentrazioni intestinali ed epatiche sia di BRV sia di BVU con le seguenti osservazioni:

  • i livelli sierici del metabolita BVU nei modelli convenzionali sono risultati cinque volte superiori a quelli della controparte senza un parallelo decremento della forma BRV, il che suggerisce un contributo sostanziale del microbiota intestinale
  • la cinetica di BRV nel duodeno è risultata simile in entrambi i modelli
  • i modelli GF hanno registrato i maggiori valori di BRV nel tratto gastrointestinale e nelle feci; di contro, i livelli intestinali di BVU sono risultati più elevati nei CV rispetto ai GF
  • l’aumentata concentrazione sierica di BVU nei CV rispetto ai GF è accompagnata da un suo aumento a livello epatico

Alcuni studi hanno dimostrato come il BVU interferisca a sua volta con il metabolismo epatico delle pirimidine legandosi all’enzima diidropirimidina deidrogenasi (DPD) con conseguenze potenzialmente letali soprattutto per pazienti sottoposti a terapia con farmaci simil-pirimidine (5-fluorouracile per esempio).

Volendo testare il ruolo batterico anche in un fronte di potenziale tossicità, si è visto come, in seguito a somministrazione di BRV, i modelli CV accumulino più substrati DPD endogeni rispetto ai GF, confermando ancora una volta il contributo del microbiota.

Identificazione delle specie coinvolte

Dopo aver confermato il ruolo e l’essenzialità dal microbioma in generale, si è passati a identificare le specie direttamente coinvolte selezionando le otto, di norma, maggiormente espresse nell’intestino di mammiferi e tracciandone la capacità di convertire BRV in BVU.

Di queste, Bacteroidetes thetaiotamicron e B. ovatus hanno dimostrato la migliore attività metabolica. In che modo? Analisi di mappatura genomica hanno individuato come responsabile il gene bt4554, codificante per l’enzima purina nucleoside fosfatasi 2.

La ricerca si è quindi focalizzata sull’approfondimento del ruolo del gene identificato somministrando BRV dopo aver colonizzato modelli murini gnotobiotici (GN) rispettivamente con il ceppo Bacteroidetes thetaiotamicron wild-type (WT) e con quello mutato per non esprimerlo (MUT). La capacità di crescita e colonizzazione intestinale delle due varianti si è dimostrata comparabile.

  • i livelli sierici di BRV sono risultati analoghi nei due gruppi (GN-WT vs GN-MUT) suggerendo come l’attività batterica di metabolismo intestinale non influisca né sulla biodisponibilità del farmaco né sulla sua eliminazione
  • di contro, il gruppo GN-WT ha registrato valori sierici del metabolita BVU notevolmente maggiori rispetto alla controparte. Risultati analoghi sono stati riscontrati anche a livello epatico
  • come per i modelli CV e GF, l’incremento di BVU sistemica nei GN-WT è accompagnata da un significativo metabolismo intestinale di BRV
  • il ceppo Bacteroidetes thetaiotamicron WT converte totalmente BRV nel cieco. Il risultante BVU è poi assorbito a livello di cieco e colon. Nei modelli GN-MUT, date le sue concentrazioni fecali, l’assorbimento intestinale del metabolita è risultato ridotto

Modello farmacocinetico

Dall’approccio più sperimentale, i ricercatori sono passati a uno computazionale mettendo a punto un modello farmacocinetico per quantificare il contributo al metabolismo sistemico del farmaco rispettivamente dell’ospite e del microbiota (GN-WT vs GN-MUT).

I parametri considerati sono stati: il passaggio di BRV dall’intestino al circolo ematico; l’eliminazione di BRV (sede e velocità); la conversione da BRV in BVU mediata dall’ospite; l’eliminazione di BVU; il transito intestinale.

Senza entrare nei dettagli tecnici, il modello generato ha dimostrato:

  • di predire con ragionevole accuratezza la cinetica di BRV nel siero dei GN-WT oltre che il contributo di ospite e batteri per i livelli sierici di BVU
  • che, sebbene l’attività microbica sia la maggior responsabile della concentrazione sierica di BVU, anche la variabilità dell’ospite incide molto sulla biodisponibilità
  • di essere applicabile anche in modelli murini convenzionali

Per validare il metodo, i ricercatori lo hanno poi testato somministrando a modelli CV e GF altri principi attivi, ossia sorivudina (SRV), un analogo di BRV per struttura e attività, e clonazepam. I livelli dei farmaci e dei relativi metaboliti sono stati quindi monitorati nel tempo sia nei tessuti intestinali sia nel siero.

In entrambi i casi, il modello farmacocinetico ha permesso la distinzione del contributo dell’ospite rispetto a quello batterico nel metabolismo del farmaco anche quando i processi messi in atto erano di fatto chimicamente identici.

In conclusione, dunque, nel metabolismo di un farmaco la componente batterica offre un contributo importante e interconnesso con l’attività dell’ospite. Capirne e quantificarne nel dettaglio le dinamiche per predirne efficacia e sicurezza rappresenta un grande vantaggio nell’ambito della medicina personalizzata.

L’approccio farmacocinetico formulato in questo lavoro potrebbe inoltre essere applicato, con le dovute modifiche, anche allo studio della trasformazione di nutrienti, xenobioti o metaboliti endogeni.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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