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Ecco i batteri e i funghi presenti nella Stazione Spaziale Internazionale

Quali sono i microrganismi della Stazione Spaziale Internazionale? Da dove arrivano? Uno studio pubblicato su Microbiome ha indagato.
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Ecco i batteri e i funghi presenti nella Stazione Spaziale Internazionale

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Stato dell'arte
La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è colonizzata da microrganismi provenienti soprattutto dall’equipaggio, dai carichi o dai “supporti vitali” (sistemi di areazione, filtraggio ecc.). Il loro monitoraggio con le tradizionali tecniche di coltura non offre però un panorama realistico e ne sottostima la presenza
Cosa aggiunge questa ricerca
Scopo dello studio è stato quello di abbinare a metodi di coltura classici le più avanzate tecniche di indagine molecolare (Amplicon, qPCR ecc.) nell’analisi di campioni prelevati dalla superficie di otto compartimenti della ISS durante tre distinte missioni
Conclusioni
La popolazione batterica e micotica della ISS cambia nel tempo rimanendo però simile tra i compartimenti. Gli organismi predominanti sono associati al microbioma umano. Conoscere i microrganismi colonizzanti uno spazio chiuso, come la ISS ma anche gli ospedali e gli uffici, offre un valido aiuto per sviluppare adeguate misure di sicurezza

In questo articolo

I microrganismi, batteri e non, sono praticamente dappertutto, anche sulla Stazione Spaziale Internazionale. La maggior parte sono portati “da casa” e la loro popolazione cambia nel tempo, ma non tra i diversi compartimenti della stazione.

È quanto conclude lo studio coordinato da Aleksandra Checinska Sielaff del California Institute of Technology, negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista Microbiome.

Conoscere con precisione cosa e chi ci circonda è importante. Lo è ancora di più in ambienti chiusi e quando i nostri coinquilini sono microrganismi come batteri e funghi. Dalla loro diffusione può dipendere infatti la nostra salute. È stato proprio questo l’obiettivo principale di questo studio condotto grazie al supporto della NASA e degli astronauti in orbita. Nonostante siano già stati fatti studi simili sulla ISS, le limitazioni dei metodi classici di analisi coltura-dipendenti hanno, con ogni probabilità, sottostimato la popolazione batterica e micotica dando quindi risultati non veritieri.

In questa indagine, i ricercatori hanno qui applicato tecniche di indagine molecolare (Amplicon sequencing, qPCR ecc.) in grado di fornire dati più accurati. I campioni da analizzare una volta rientrati sono stati raccolti in otto diversi compartimenti della ISS durante tre distinte missioni (F1, F2, F3) per una durata di tempo complessiva di 14 mesi. I dati ottenuti sono stati poi confrontati con quelli disponibili e registrati da altri progetti (Earth built environment project, Hospital, Qiita study, Office microbiome).

Popolazione batterica coltivabile

Dato che non tutti i microrganismi possono essere messi in coltura, i metodi di analisi coltura-dipendenti classici non permettono l’identificazione di tutte le specie presenti in un determinato ambiente, ma sono comunque un punto di inizio.

6.7×103 – 7.8×1010 CFU/m2 è l’intervallo di conta dei batteri coltivabili e isolati dai 24 campioni.  In particolare:

  • il numero medio di batteri coltivabili si è mostrato simile tra i campioni raccolti nelle prime due missioni e maggiore nella terza, senza però raggiungere la significatività statistica;
  • la carica batterica coltivabile media tra i diversi comparti della ISS si è mostrata complessivamente paragonabile seppur con qualche variazione.

Per quanto riguarda invece la popolazione micotica, 1.1×105 – 3.1×108 CFU/m2 è il range della loro espressione nel totale dei campioni. Anche in questo caso non sono emerse differenze di distribuzione temporale o spaziale sebbene si siano registrati valori leggermente maggiori nei campioni prelevati durante la prima missione, e minimi nella seconda.

Di tutti i batteri e funghi isolati e messi in coltura, ne sono stati identificati 131 e 81 rispettivamente.

Focalizzandosi sulla popolazione batterica:

  • gli isolati sono risultati appartenenti a tre phyla: Actinobacteria, Firmicutes, Proteobacteria;
  • a livello di genere Staphylococcus (26% del totale di isolati identificati), Pantoea (23%) e Bacillus (11%) sono i più espressi;
  • tra le specie, invece, le dominanti sono risultate essere Staphylococcus aureus (10%), Pantoea conspicua (9%) e Pantoea gaviniae (9%);
  • gli isolati di Staphylococcus aureus hanno mostrato resistenza a penicillina, eritromicina, gentamicina e tobramicina, sensibilità invece a meticillina.

Passando alla componente micotica:

  • Rhodotorula mucilaginosa, della famiglia Sporidiobolaceae (41%), e Penicillium chrysogenum (15%) hanno registrato la maggior espressione tra tutti gli isolati micotici identificati;
  • il sequenziamento genico completo abbinato alla caratterizzazione di virulenza è stato possibile solo per un ceppo di Aspergillus fumigatus.

Analisi molecolari della popolazione batterica

I ricercatori hanno quindi abbinato all’analisi coltura-dipendente quella molecolare con un incremento dei dati.

Solo il 46% e il 40% dei batteri e funghi vitali identificati con le indagini molecolari hanno dimostrato di essere coltivabili e quindi rintracciabili con il metodo classico.

La quota vitale batterica e micotica è risultata complessivamente paragonabile con valori medi di 3.1×109 e 7.1×108 rispettivamente per m2, seppure con alcune variazioni sia temporali sia spaziali:

  • mentre la conta batterica vitale ha registrato un incremento dalla prima alla terza missione, quella micotica ha subito un progressivo decremento;
  • la concentrazione batterica ha mostrato i valori maggiori nei campioni prelevati dalla superficie della tavola da pranzo e dalla stiva, e quella micotica anche nella porta pannello vicino alla cupola e nel dispensatore di acqua.

L’analisi quantitativa è stata poi integrata con una valutazione qualitativa.

Considerando la componente batterica del totale dei campioni è emerso che:

  • la famiglia Enterobacteriaceae domina entrambe le tipologie di campioni coprendo circa il 50% delle sequenze identificate, seguita da Methylobacteriaceae (~ 13%) e Staphylococcaceae (~ 10%);
  • i taxa di entrambi i gruppi seguono lo stesso andamento temporale. L’abbondanza relativa di Enterobacteriaceae è massima in F3 e minima in F2, quella di Methylobacteriaceae è più alta in F1 e minima in F3;
  • nel complesso, la diversità batterica ha registrato i valori minimi in F3, massimi in F2, mentre nessuna differenza in base al gruppo di appartenenza;
  • nessuna differenza significativa è, invece, emersa nella la distribuzione delle tre famiglie dominanti tra i compartimenti;
  • dei 121 taxa batterici identificati, 77 sono stati ricondotti a generi noti, il 68% dei quali sono costituenti del microbioma umano, mentre il 32% rimanente di quello ambientale (suolo o acqua).

Per quanto riguarda il micobioma l’analisi è stata possibile solo per i campioni prelevati nelle prime due missioni. La conta di funghi coltivabili prelevati durante la terza si è mostrata infatti troppo bassa. Dalla loro classificazione è emerso:

  • la suddivisione in quattro generi ai quali si aggiungono membri appartenenti a un phylum, due classi, quattro famiglie e altre sequenze non identificate;
  • eccetto Sporidiobolaceae, più espresso in F2 rispetto a F1, gli altri taxa non hanno mostrato differenze di abbondanza significative in base al tempo;
  • a differenza dei batteri, l’alpha e la beta diversity non hanno mostrato variazioni tempo-dipendenti.

Confronto del microbioma ambientale: Terra vs ISS

I dati qui ottenuti sono stati infine confrontati con quelli di studi analoghi condotti sulla ISS e sulla Terra. Il microbioma della superficie della ISS ha mostrato:

  • di differire da quello della polvere e filtri della stessa stazione oltre che da quello della “stanza pulita” del laboratorio a terra dedicato alla sua progettazione (JPL) e dagli ambienti di addestramento;
  • di assomigliare maggiormente a quello colonizzante la superficie di animali (pelle per esempio) rispetto a quello del suolo.

Da ultimo, confrontando le unità tassonomiche, solo quattro sOTUs (sub-operational taxonomic units) sono risultate uniche rispetto a tutti i dataset ambientali analizzati. Queste hanno espresso elevata affinità con Bacteroides sp., Gottschalkia acidurici, Paenibacillus thailandensis e Thermus thermophilus.

In conclusione, dunque, la popolazione batterica e micotica sulla superficie della Stazione Spaziale Internazionale cambia con il tempo, ma non tra i vari compartimenti. I microrganismi predominanti sono associati al microbioma umano e tra di loro potrebbero esserci anche alcuni patogeni. Monitorare la presenza di questi microrganismi, non solo sulla ISS, ma anche in tutti gli spazi chiusi ai quali siamo abituati (casa, ufficio, ospedale, scuole ecc.), può aiutare nella messa a punto di strategie di sicurezza su larga scala e di prevenzione di alcune patologie a loro associate.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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