A differenza di quanto ipotizzato da alcuni studi, una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Diabetes & Endocrinology sembra dimostrare che ad aumentare il rischio di obesità infantile siano le infezioni contratte nel primo anno di vita e non gli antibiotici somministrati per curarle.
I ricercatori del Kaiser Permanente Division of Research, in California, hanno condotto uno studio di coorte longitudinale, che ha incluso più di 260.000 bambini nati fra il 1997 e il 2013.
Dai dati ottenuti risulta che nei bambini a cui è stata diagnosticata un’infezione nel primo anno di vita, ma che non hanno ricevuto alcuna terapia antibiotica, il rischio di diventare obesi aumenta del 25% rispetto ai bambini che nello stesso arco di tempo non avevano sviluppato alcuna infezione.
E maggiore è stato il numero di infezioni non trattate con antibiotici, più alta è risultata essere la probabilità di divenire obesi.
Al contrario, il confronto fra infezioni trattate e non trattate con antibiotici non ha messo in luce alcuna differenza tra i due gruppi in termini di rischio obesità. Peraltro non è stata osservata alcuna distinzione fra farmaci a spettro ampio o ristretto.
L’ipotesi di una relazione tra la terapia antibiotica e l’obesità infantile nasce dalla constatazione che, tra gli effetti secondari di questa classe di farmaci, c’è la disbiosi.
Gli antibiotici inducono infatti una modificazione del microbioma intestinale, che a sua volta si associa a un maggior rischio di diventare obesi già durante l’infanzia.
D’altra parte è noto che anche le infezioni batteriche, agendo sul sistema immunitario, contribuiscono a modulare sia la composizione del microbioma, sia i processi metabolici, e quindi influiscono sulla possibilità di accumulare chili di troppo fino a divenire obesi.
Questo studio è però riuscito a scindere i due fattori, dimostrando per la prima volta che, a differenza delle infezioni, la terapia antibiotica, di per sé, non sembra in alcun modo associata all’obesità infantile.