L’enteropatia cronica nei cani comporta sia una generale diminuzione degli acidi grassi a corta catena (SCFAs), propionato e acetato in particolare, sia una modulazione del microbioma fecale con perdita di diversità e ricchezza batterica aumentando di contro l’indice di disbiosi.
È quanto conclude lo studio pubblicato su Journal of Veterinary Medicine e coordinato da Yasushi Minamoto del College of Veterinary Medicine and Biomedical Science, Texas.
Nonostante i dati sull’essenzialità oltre che sugli effetti positivi degli SCFAs nella degradazione delle fibre e, nel complesso, nel mantenimento della salute dell’uomo siano molti e incoraggianti, scarsi sono invece quelli sui cani.
A tal proposito, i ricercatori hanno valutato e confrontato la concentrazione dei SCFAs fecali (propionato, acetato e butirrato) e le caratteristiche del microbioma fecale di 49 cani sani (gruppo controllo) vs 73 esemplari con diversi tipi di enteropatia cronica (gruppo EC) a vari livelli di gravità. I due gruppi sono risultati nel complesso comparabili per età, genere, introito di fibre cotte e crude (substrato batterico per la produzione di SCFAs). Tuttavia, dei 73 cani con EC, 18 hanno ricevuto antibiotici, 9 immunosopressori e 5 entrambi i trattamenti. Ecco cosa è emerso dall’analisi dei campioni fecali.
Concentrazione dei SCFAs fecali
Dal confronto dei due gruppi in termini di concentrazione fecale di SCFAs si è visto che:
- la concentrazione totale di SCFAs è significativamente minore nel gruppo EC
- acetato e propionato hanno mostrato marcata riduzione in presenza di EC al contrario di acetato che non ha registrato alterazioni significative tra i gruppi
- peso, gravità o tipologia della malattia, tipo di diarrea associata non influiscono sulla concentrazione fecale di SCFAs
- la precedente somministrazione di antibiotici e/o anti-infiammatori non altera l’espressione di nessuno dei SCFAs considerati
Caratteristiche del microbioma fecale
Tramite qPCR sono stati identificati un totale di 11 phyla e 210 generi sebbene con una diversa abbondanza tra i gruppi per molti taxa. Nel dettaglio:
- l’alpha diversity (Chao1 e indice di Shannon) è risultata inferiore nel gruppo con EC come del resto la beta-diversity
- Bacteroidetes, Blautia spp., Faecalibacterium spp., Fusobacterium spp, Turicibacter e C. hiranonis hanno mostrato una minor espressione nei cani con EC contrariamente a Bifidobacterium spp., Lactobacillus spp., Streptococcus spp. ed E.coli
- pari abbondanza tra i gruppi è stata dimostrata invece da Firmicutes, Ruminococcaeae e C. perfringens
- l’indice di disbiosi ha registrato valori significativamente maggiori nel gruppo con EC
- trattamenti medici precedenti non hanno influito significativamente sull’abbondanza batterica
Correlazione tra microbioma e SCFAs
Da ultimo, i ricercatori hanno valutato la presenza di eventuali associazioni tra determinati ceppi batterici e i livelli di SCFAs riscontrati.
12 correlazioni significative sono emerse con propionato e butirrato, nessuna con acetato.
Il propionato è risultato correlato ad esempio all’abbondanza di Bacteroidetes, Faecalibacterium spp. o Fusobacterium spp, il butirrato con C. perfringens o Fusobacterium spp.
In conclusione, questo studio pone dunque l’attenzione sull’importanza di valutare la concentrazione dei SCFAs fecali oltre che le caratteristiche del microbioma fecale nei cani con problematiche gastrointestinali come l’enteropatia cronica al fine di individuarne un nuovo target terapeutico e/o preventivo.