Un team di ricercatori dell’Università di Teramo ha messo a punto un modello in vitro, denominato SCIME (Simulator of the Canine Intestinal Microbiome), in grado di simulare l’ecosistema intestinale del cane per valutare gli effetti di farmaci e nutraceutici sul suo microbiota e superare così le problematiche tecniche ed etiche tipiche degli studi in vivo.
I risultati dello studio, coordinato da Giulia Pignataro, saranno pubblicati sul Journal of Veterinary Internal Medicine.
I ricercatori hanno racconto campioni fecali da quattro cani sani (ognuno dei quali è stato nutrito con due diversi tipi di alimenti) e li hanno inoculati nel sistema SCIME. Il modello è stato validato mediante la quantificazione di SCFA, lattato e ammonio. La composizione del microbiota del colon è stata analizzata attraverso qPCR utilizzando primer specifici per Firmicutes, Bacteroidetes, Bifidobacteria, Lactobacilli ed Enterobacteriaceae e mediante la tecnica 16S sequencing per analizzare la popolazione batterica totale.
Di seguito i principali risultati ottenuti:
- per quanto riguarda i Firmicutes, è stato registrato un aumento significativo di Acidaminococcaceae ed Enterococcaceae
- tra i Bacteroidetes sono stati rilevati sia una riduzione delle specie che appartengono alla famiglia Bacteroidaceae sia un aumento delle famiglie Coriobacteriacaee ed Enterobatteriacee
- è stato rilevato un aumento significativo nella concentrazione di SCFA (in particolare butirrato, acetato e acidi grassi ramificati) e di ammonio (concentrazione media di 461,37 ± 63,80 mg/l per il colon prossimale e 580,79 ± 68,25 mg/l per il colon distale).
Questi dati dimostrano la capacità del nuovo modello in vitro di consentire la crescita dei batteri presenti nell’inoculo originale. «È dunque possibile – afferma Giulia Pignataro – considerare il modello SCIME come una piattaforma tecnologica in grado di simulare l’ecosistema intestinale del cane non solo in caso di buona salute, ma anche in caso di malattia, selezionando l’inoculo fecale del cane donatore, per esempio affetto da una malattia infiammatoria cronica intestinale, per ricreare l’ambiente intestinale patologico. Inoltre, lo SCIME rappresenta un utile strumento per testare diete commerciali e non, probiotici, prebiotici, FOS e MOS mediante le successive analisi di sequenziamento del DNA batterico e quantificazione di SCFA, lattato e ammonio».
I prossimi passi? «Stiamo valutando la possibilità di “mappare” il microbiota intestinale del cane in corso di patologia, dopodiché testare gli effetti dei principali prebiotici e probiotici presenti in commercio» conclude Pignataro.