In presenza di lesioni della pelle, il nostro corpo mette in moto una serie di processi che includono infiammazione e riparazione dei tessuti. Ma gli eventi che innescano la guarigione delle ferite sono ancora poco conosciuti. Di recente, un gruppo di ricercatori ha scoperto che i microbi della pelle (microbioma cutaneo) svolgono un ruolo chiave nel processo di guarigione delle ferite.
I risultati, pubblicati su Nature Immunology, potrebbero aprire nuove strade per lo sviluppo di strategie terapeutiche basate sul microbiota per favorire la cicatrizzazione.
Per comprendere i meccanismi che avviano e regolano la risposta immunitaria a livello delle ferite, Michel Gilliet della University of Lausanne ei suoi colleghi hanno studiato topi il cui strato cutaneo più esterno era stato rimosso.
Risposta immunitaria nei processi di cicatrizzazione
I ricercatori hanno scoperto che, quando la pelle dei topi viene lesionata, alcune cellule immunitarie producono una molecola infiammatoria chiamata CXCL10, che a sua volta recluta a livello della ferita un raro tipo di cellule immunitarie note come cellule dendritiche plasmacitoidi.
Il team di ricercatori ha confermato questa osservazione anche nell’uomo, causando la formazione di una vescica sull’avambraccio di volontari sani. I fluidi all’interno della vescica, raccolti dopo 12 ore, contenevano un numero elevato sia di cellule immunitarie che esprimevano CXCL10, sia di cellule dendritiche plasmacitoidi. Inoltre, i livelli di CXCL10 sono risultati correlati al numero di cellule dendritiche plasmacitoidi.
I ricercatori hanno anche osservato che le cellule immunitarie si accumulano a livello della ferita accanto a gruppi di batteri, suggerendo che le cellule iniziano a produrre CXCL10 solo dopo essere entrate in contatto con il microbiota cutaneo.
Il ruolo degli stafilococchi
Per valutare se i batteri della pelle siano responsabili della produzione di CXCL10 e del reclutamento di cellule dendritiche plasmacitoidi nella ferita, i ricercatori hanno causato lesioni nella pelle di topi nati e cresciuti in assenza di microbi (germ free).
Questi topi non hanno prodotto CXCL10 né reclutato cellule dendritiche plasmacitoidi a livello delle ferite, cosa che invece è stata osservata in seguito all’aggiunta sulla pelle di Staphylococcus epidermidis, S. xylosus e S. saprophiticus.
Le implicazioni cliniche
Ulteriori esperimenti hanno rivelato che CXCL10 agisce anche come proteina antimicrobica che uccide il microbiota esposto, portando alla formazione di complessi di DNA batterico-CXCL10. Questi complessi stimolano le cellule dendritiche plasmacitoidi a produrre molecole infiammatorie (interferoni di tipo I), che accelerano la chiusura della ferita innescando l’infiammazione della pelle e la riparazione della ferita.
«La scoperta che i microrganismi commensali cutanei accelerano la guarigione delle ferite ha una serie di potenziali implicazioni cliniche», affermano i ricercatori. «In caso di lesioni cutanee solitamente si cerca di ridurre la carica batterica per prevenire eventuali infezioni. I risultati ottenuti dovrebbero però indurre a una maggior cautela nell’uso prolungato di antibiotici e antisettici».
Inoltre, l’applicazione di microrganismi “buoni” sulla pelle lesionata potrebbe favorire la guarigione delle ferite. «Il nostro studio pone quindi le basi per lo sviluppo di strategie terapeutiche per migliorare la guarigione delle ferite basate sulla modulazione del microbiota cutaneo», concludono i ricercatori.
Traduzione dall’inglese a cura della redazione