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Ustioni gravi: microbioma intestinale possibile biomarker del decorso

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Ustioni gravi: microbioma intestinale possibile biomarker del decorso

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Un ampio team di ricercatori cinesi della Medical School of Nanjing University ha voluto approfondire, attraverso uno studio pubblicato recentemente in Journal of Critical Care, la correlazione tra il cambiamento del microbioma intestinale dopo una grave ustione e la nutrizione per via enterale.

Questo tipo di alimentazione è generalmente somministrata a pazienti che, pur mantenendo una totale o parziale funzionalità dell’apparato gastrointestinale, non riescono ad alimentarsi per bocca.

Nonostante siano numerose le ricerche che dimostrano come un trauma importante, ad esempio un’ustione estesa, possa comportare disbiosi intestinale, nulla, fino a questo studio, era stato detto riguardo un possibile beneficio in questo ambito da parte di una nutrizione enterale rispetto alla più classica per via parenterale.

La ricerca è stata condotta su 7 pazienti che riportavano ustioni (in media sull’84% del corpo) dovute all’esplosione di materiale metallico. A tutti loro è stata da subito somministrata nutrizione per via enterale.

Per 4 di loro è stato inoltre previsto un supporto nutritivo attraverso la parenterale. Ciascuno è stato posto poi sotto osservazione per valutare il grado di “tolleranza” alla nutrizione enterale attraverso il monitoraggio di sintomi quali diarrea, tensione addominale, nausea o vomito e ritenzione gastrica.

Sono stati collezionati campioni fecali a 1-3 giorni e poi settimanalmente fino alla sesta settimana dall’evento. Ai fini della caratterizzazione del microbioma intestinale, il materiale raccolto è stato poi analizzato con varie tecniche quali l’estrazione di DNA, la PCR e la classificazione OTUs.

Tra i pazienti inclusi nello studio, uno è deceduto per complicanze prima del termine dell’osservazione.

Così varia il microbiota in seguito alle ustioni

Per spiegare con maggiore chiarezza i risultati, gli stessi autori hanno suddiviso in tre fasce temporali la raccolta dei campioni denominandole rispettivamente “iniziale” (1-3 giorni), “vicina” (2°-4° settimana) e “ritardata” (5°-6° settimana).

Quello che Wang X. e colleghi hanno notato è soprattutto come fosse mutevole il microbioma, in termini di biodiversità, nel corso delle settimane.

Nei campioni raccolti durante i primi tre giorni, cioè nella fase iniziale, risultavano infatti predominanti i batteri patogeni, nella fattispecie il genere Enterococcus ed Escherichia. Nei campioni raccolti in seguito soprattutto nella quinta e sesta settimana, cioè quando le lesioni da ustione andavano verso la guarigione, a prevalere erano invece i “batteri buoni”, in particolar modo del genere Bacteroides. È importante tuttavia ricordare che il genere Escherichia è fisiologicamente presente a livello nel nostro intestino, ma allo stesso tempo alcuni ceppi sono patogeni e in grado di provocare gravi infezioni gastrointestinali.

Si è poi indagata la presunta correlazione tra alterazione del microbioma intestinale e via di nutrizione enterale.

La marcata rappresentanza di batteri patogeni è stata osservata soprattutto nei soggetti poco tolleranti alla nutrizione enterale mentre, al contrario, i pazienti con minori problemi ad assumere cibo attraverso la sonda mostravano una disbiosi intestinale molto meno accentuata.

In questi ultimi inoltre si sono registrati miglioramenti più rapidi nella risoluzione della disbiosi.

Questo diverso grado di espressione batterica può dunque ulteriormente accreditare l’ipotesi formulata dagli autori di un rapporto stretto tra via di nutrizione enterale e status del microbioma dopo un trauma severo rappresentato, in questo caso, da ustioni diffuse. Dato inoltre che la “normalizzazione” del microbioma intestinale è in linea con il processo di guarigione, sembrerebbe lecito supporre un ruolo di biomarker del microbioma stesso nella prognosi, se non altro, per questo tipo di pazienti.

Questi risultati, a detta anche degli stessi ricercatori, sono da considerarsi preliminari dato soprattutto il ridotto numero di pazienti inclusi nello studio e la “novità” della correlazione con la nutrizione enterale.

I dati ottenuti si sono dimostrati tuttavia promettenti nonostante siano necessari ulteriori studi che confermino il ruolo di specifiche specie batteriche come marcatori di prognosi per pazienti con gravi ustioni.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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