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Grasso addominale: possibile ruolo del microbiota intestinale

Il microbiota intestinale influenza la deposizione di grasso addominale. Modularlo, quindi, potrebbe ridurre o prevenire sovrappeso e obesità.
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Grasso addominale: possibile ruolo del microbiota intestinale

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Stato dell’arte
Sia il microbioma intestinale sia la dieta influenzano la deposizione di grasso addominale. Il loro singolo contributo rimane però da chiarire.

Cosa aggiunge questo studio
Lo studio ha valutato gli effetti del microbioma intestinale e, separatamente, dell’apporto di alcuni nutrienti nella deposizione di grasso addominale in 1760 donne in età avanzata.

Conclusioni
Il microbioma intestinale ha un ruolo più importante nella deposizione del grasso addominale rispetto alla dieta. Terapie basate sulla manipolazione batterica mirata potrebbero essere utili nel ridurre l’incidenza di sovrappeso e/o obesità.


Il microbioma intestinale influenza la deposizione di grasso addominale più della dieta. Il ruolo di alcuni nutrienti nella deposizione di grasso addominale sembrerebbe infatti dipendere dalla composizione batterica intestinale. Di contro, specifici taxa hanno mostrato un effetto non correlato all’apporto dietetico. Nonostante una giusta dieta sia oltremodo fondamentale per mantenersi in salute, interventi mirati sul microbioma intestinale potrebbero offrire un valido supporto nel ridurre o prevenire sovrappeso e/o obesità.

È quanto dimostra lo studio coordinato da Caroline I. de Roy del Kings College London, di recente pubblicazione su Scientific Reports. 

Attualmente l’obesità è uno dei principali problemi di salute pubblica mondiale; se  trent’anni fa interessava solo il 5% della popolazione, oggi la percentuale è salita al 12,5%. Diete poco sane e stili di vita sempre più sedentari sono considerati, almeno finora, le cause principali. Tuttavia, non sempre la sola modulazione dell’alimentazione e/o dei livelli di attività fisica sono sufficienti nel risolvere questo problema. È stato quindi ipotizzato che esistano altre variabili da considerare. Tra queste il microbioma intestinale, in quanto direttamente influenzato sia dalla dieta sia dal movimento. In che misura dieta e la componente batterica, presi singolarmente, modulino la deposizione di grasso addominale (DGA) rimane però ancora da chiarire.

A tal proposito, contando su un ampio numero di soggetti precedentemente inclusi nella coorte “TwinsUK” (gemelli inglesi), i ricercatori hanno esaminato i campioni fecali e i diari alimentari di 1760 donne in età avanzata e con un elevato BMI (età media=68 anni; BMI medio=25,87). Di seguito i principali risultati.

Utilizzando un modello di regressione lineare, è stata valutata la rispettiva associazione tra OTUs, i 44 nutrienti abitualmente introdotti e ritrovati nei diari alimentari e i livelli di DGA, correggendo le analisi per BMI, età e struttura familiare. In particolare, considerando il rapporto tra composizione batterica e deposizione di grasso sono stati raccolti i seguenti risultati:

  • 93 OTUs sono significativamente associati a DGA, la maggior parte in maniera negativa (n=85, 91%)
  • il contributo maggiore è a carico del phylum Firmicutes con 41 OTUs appartenenti alla famiglia Rumminococcaeae, genere Oscillospira in particolare. Seguono Bacteroidetes, Proteobacterica e Tenericutes
  • 27 dei 93 OTUs hanno mostrato associazione con almeno un nutriente.

Considerando invece la dieta e i relativi metaboliti, 10 dei 44 nutrienti hanno registrato una qualche correlazione con la deposizione di grasso. In particolare:

  • i livelli di azoto, proteine, acidi grassi trans, colesterolo e triptofano sono risultati positivamente correlati
  • associazione negativa invece con gli zuccheri totali, fibre, magnesio, vitamina E e biotina.

Integrando poi i due fattori, dieta e microbioma intestinale, in relazione alla deposizione di grasso si è visto che:

  • 582 OTUs sono risultati associati significativamente a ciascun nutriente indipendentemente dalla loro capacità di modulare la struttura complessiva del microbioma
  • quattro dei 10 nutrienti significativamente correlati a DGA (azoto, colesterolo, proteine e triptofano) non hanno mostrato associazione con nessuno dei 582 OTUs identificati. Di contro, associazioni negative sono emerse con le fibre (n=34), la biotina (n=28), il magnesio (n=27), gli acidi grassi trans (n=21), la vitamina E (n=19) e gli zuccheri totali (n=6)
  • l’effetto di fibre, acidi grassi trans, magnesio, biotina e vitamina E (ma non  degli zuccheri) sul DGA potrebbe essere in parte mediato dalla modulazione del microbioma intestinale
  • altri 26 nutrienti non associati a DGA hanno tuttavia presentato correlazione con almeno un OTUs (il manganese in particolare con 19 associazioni).

Lo studio è quindi proseguito valutando come microbioma e dieta (fibre, magnesio, acidi grassi trans, vitamina E e biotina in particolare) possono impattare sull’adiposità:

  • l’apporto nutritivo, generale o singolo, non modifica significativamente il rapporto di correlazione tra OTUs e DGA precedentemente descritto
  • di contro, l’impatto di fibre, vitamina E, biotina e magnesio sull’adiposità dipende dalla composizione batterica. Il 69% e il 56% degli OTUs hanno infatti mostrato di regolare rispettivamente gli effetti delle fibre e di biotina e acidi grassi trans
  • la composizione del microbioma intestinale influenza la variazione della deposizione di grasso addominale più dei nutrienti. Sulla base dell’analisi Random Forrest, infatti, è stata registrata una correlazione debole con i 44 nutrienti, forte invece con i 93 OTUs associati a DGA.

In conclusione, dunque, nonostante l’indiscussa importanza di una corretta alimentazione, nonché del suo ruolo nel modulare la composizione batterica, il microbioma intestinale ha di per sé una più forte influenza sulla deposizione del grasso addominale e quindi sull’obesità, talvolta indipendente dai nutrienti stessi.

Di contro, la presenza di determinati taxa è indispensabile per il metabolismo di alcuni nutrienti, le fibre ad esempio. La modulazione mirata della composizione batterica (da studiare più approfonditamente in ulteriori studi), potrebbe perciò rappresentare un valido supporto nella prevenzione e/o nella cura dell’obesità.

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