I trapianti di microbiota fecale stanno diventando un trattamento sempre più utilizzato per una serie di infezioni intestinali, in primis le infezioni ricorrenti da Clostridium difficile, ma non è chiaro se e come questa procedura influisca sulla composizione del microbiota nelle persone con diabete e sindrome metabolica.
Per fare chiarezza su questi aspetti un gruppo di ricercatori guidati da Francis Chan della The Chinese University of Hong Kong Faculty of Medicine ha analizzato gli effetti a lungo termine dei ripetuti trapianti di microbiota fecale con o senza modifica dello stile di vita in persone con obesità e diabete di tipo 2.
Anche se per il momento è un piccolo studio clinico, stando a quanto emerso sembra che ripetuti trapianti di microbiota fecale siano realmente in grado migliorare la colonizzazione intestinale di microbi benefici nelle persone con sindrome metabolica.
Ma non solo. La combinazione di trapianti di microbiota e interventi sullo stile di vita può portare altri effetti benefici, tra cui un miglioramento dei livelli di colesterolo e del grado di rigidità epatica.
Diabete, obesità e microbiota intestinale
I risultati, pubblicati sulla rivista Gut, indicano che i trapianti di microbiota fecale potrebbero quindi diventare una potenziale terapia per la sindrome metabolica.
Precedenti studi hanno suggerito che i microbi intestinali sono coinvolti nello sviluppo dell’obesità e del diabete di tipo 2 e che le persone diabetiche in genere mostrano squilibri nel microbiota intestinale.
Inoltre, è stato dimostrato che i trapianti di microbiota fecale migliorano la sensibilità all’insulina e aumentano la diversità microbica intestinale nelle persone con sindrome metabolica.
«Due domande importanti rimangono ancora senza risposta: in primo luogo, non è chiaro se il trapianto di microbiota fecale possa portare a una colonizzazione stabile del microbiota» spiegano i ricercatori.
Il successo dell’attecchimento del microbiota è necessario affinché la procedura sia considerata un’opzione valida per il trattamento dell’obesità e della sindrome metabolica.
Non è inoltre chiaro se i cambiamenti nella dieta e nello stile di vita possano fornire ulteriori benefici alle persone che ricevono trapianti di microbiota fecale, migliorando così i risultati clinici.
Migliorare lo stile di vita aiuta in ogni caso
I ricercatori hanno reclutato 61 individui obesi con diabete di tipo 2 e li hanno assegnati in modo casuale a tre gruppi: il primo ha ricevuto solo trapianti di microbiota fecale, il secondo trapianti di microbiota fecale e un intervento sullo stile di vita e il terzo trapianti “placebo” e un intervento sullo stile di vita.
I trapianti sono stati eseguiti ogni quattro settimane per 12 settimane. L’intervento sullo stile di vita consisteva in consigli personalizzati su dieta, stile di vita e comportamento per facilitare la perdita di peso.
La ripetizione del trapianto di microbiota a intervalli fissi ha portato a un maggiore attecchimento di microbi benefici, indipendentemente dall’introduzione di modifiche nello stile di vita.
Tuttavia, sebbene non vi fosse alcuna differenza nella diversità batterica tra i due gruppi, la ricchezza batterica è aumentata nelle persone che, oltre ad aver ricevuto il trapianto fecale, hanno anche modificato il proprio stile di vita.
Conclusioni
Tutti gli individui che hanno ricevuto trapianti di microbiota fecale, indipendentemente dal loro stile di vita, hanno mostrato un aumento significativo di Prevotella copri e diversi batteri, tra cui Faecalibacterium prausnitzii e Collinsella tanakaei, produttori di butirrato, che secondo i ricercatori potrebbe ridurre i livelli di acidi grassi circolanti.
La combinazione dell’intervento sullo stile di vita con il trapianto di microbiota fecale ha portato a un aumento dei livelli di Bifidobacterium e Lactobacillus, nonché a una riduzione dei livelli di colesterolo e del grado di rigidità epatica sei mesi dopo la procedura.
«Il nostro studio ha dimostrato per la prima volta che il trapianto di microbiota fecale ripetuto a intervalli programmati porta a una maggiore e sostenibile colonizzazione del microbiota da donatori normopeso in riceventi obesi con diabete di tipo 2, che è persistito per almeno 6 mesi», concludono i ricercatori.