Additivi alimentari: possibile ruolo chiave nelle malattie infiammatorie croniche intestinali

Una review italiana sottolinea come gli additivi alimentari siano coinvolti nell’eziologia e nella predisposizione a patologie infiammatorie croniche dell’intestino
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Additivi alimentari: possibile ruolo chiave nelle malattie infiammatorie croniche intestinali

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Stato dell’arte
L’alimentazione è un fattore ambientale chiave nell’eziologia di patologie infiammatorie intestinali, ma potrebbe anche essere anche una “terapie”. La dieta spesso include cibi che contengono additivi il cui impatto sul microbiota e sulla salute dell’intestino è oggetto di vari studi.

Cosa aggiunge questa ricerca
Questo studio offre il primo focus sul ruolo degli additivi alimentari nel contesto delle patologie infiammatorie intestinali, in particolare, sulla modulazione e sulle alterazioni che determinano al microbiota residente.

Conclusioni
Grazie alle evidenze emerse da questo studio, è opportuno suggerire ai pazienti che soffrono di patologie infiammatorie intestinali di evitare cibi che contengono additivi chimici artificiali e di seguire un regime alimentare sotto il controllo di uno specialista.

Diversi additivi alimentari potrebbero essere coinvolti nell’eziologia e nella predisposizione a patologie infiammatorie croniche dell’intestino (IBD) attraverso meccanismi che provocano una disbiosi intestinale, ma anche attraverso alterazioni della permeabilità e dell’integrità della barriera intestinale e fenomeni infiammatori.

A dirlo è una review della letteratura scientifica sull’argomento pubblicata sulla rivista Microorganisms. Il team di clinici e ricercatori, coordinati da Antonio Gasbarrini e Maria Cristina Mele, entrambi del policlinico Gemelli di Roma, ha raccolto e selezionato i dati di numerosi studi con l’obiettivo di fornire una visione sinottica del ruolo degli additivi alimentari nel contesto di condizioni patologiche infiammatorie a carico dell’intestino in relazione al loro impatto sul microbioma presente in questo organo.

IBD, dieta e microbiota intestinale

Le malattie infiammatorie dell’intestino (IBDs, Inflammatory Bowel Diseases) interessano più di un milione di persone negli Stati Uniti e circa due milioni e mezzo di individui in Europa, determinando importanti costi economici e sociali. 

Includono sia la colite ulcerosa (UC, Ulcerative Colitis) sia la malattia di Crohn (CD, Crohn’s Disease). L’eziologia di queste condizioni, che interessano l’intestino tenue e il colon, è di tipo multifattoriale e l’alimentazione rappresenta uno dei fattori che impatta maggiormente sulla modulazione del microbiota intestinale, influenzando l’omeostasi dell’organo e dell’individuo stesso, l’equilibrio pro- e anti-infiammatorio e i processi immunologici. 

Da questo punto di vista, il microbiota intestinale può essere coinvolto come fattore terapeutico per il trattamento e la prevenzione delle IBDs, ma anche come fattore causativo se sregolato.

Nei paesi occidentali si assiste da anni all’aumento dei consumi di cibi super-raffinati e processati, che contengono un mix di ingredienti non nutritivi, detti additivi, sviluppati per migliorarne la sicurezza, la freschezza, il gusto, la texture e l’aspetto.

Il loro impatto sul microbiota intestinale sta ricevendo molta attenzione, soprattutto per i pazienti con IBDs e sta emergendo una relazione sempre più chiara tra l’insorgenza di patologie infiammatorie croniche intestinali, alterazioni del microbiota e assunzione di cibi ricchi di additivi artificiali.

Dolcificanti artificiali e microbiota

I dolcificanti artificiali sono presenti in molti cibi e bevande e sono raccomandati anche per pazienti con diabete di tipo II o che soffrono di intolleranza al glucosio

I dolcificanti approvati negli Stati Uniti e in Europa sono: aspartame, sucralosio, acesulfame di potassio e neotamo. 

Diversi studi condotti su modelli animali hanno evidenziato diversi effetti di queste molecole sui batteri intestinali, sulla barriera dell’intestino e sul sistema immunitario: essi possono infatti avere effetti negativi sugli individui suscettibili o con IBDs. 

Da studi su modelli murini è emersa una riduzione della diversità batterica nell’intestino e alterazioni delle comunità batteriche residenti con conseguente disbiosi intestinale

Inoltre, i cambiamenti a livello della flora batterica intestinale possono indurre modificazioni della patofisiologia della barriera intestinale aumentandone la permeabilità, richiamando linfociti e indicendo anche pathways apoptotici nelle cellule epiteliali, fenomeni accompagnati da un aumento della produzione di citochine pro-infiammatorie come IL-1b, IL-6, IL-12 ed LPS.

Emulsionanti, diversità microbica e barriera intestinale

Gli emulsionanti sono molecole aggiunte a molti alimenti per migliorarne la texture ed aumentarne la shelf-life. Ma queste sostanze, in particolare gli emulsionanti sintetici, possono avere effetti negativi sul microbiota intestinale e favorire l’insorgenza di condizioni infiammatorie. 

La maggioranza degli studi effettuati in vivo sugli emulsionanti sono stati condotti su modelli animali considerando in particolare la carbossimetilcellulosa

Essa contribuisce a diminuire la diversità microbica, inducendo variazioni nella popolazione di batteri intestinali soprattutto in condizioni associate a colite ulcerosa o malattia di Crohn. 

Sono state osservate anche in questo caso alterazioni della permeabilità della barriera intestinale associate alla riduzione dell’espressione di mucine che possono provocare lo spostamento e la colonizzazione dell’intestino da parte di batteri patogeni, determinando l’aumento dei livelli di MPS e flagellina.

Alcuni emulsionanti, al contrario, come il monolaurato sembrano avere un effetto protettivo.

Effetti dei coloranti alimentari in caso di IBD

I coloranti alimentari sono sostanze che vengono aggiunte ai cibi per migliorarne l’aspetto evitando cambiamenti nella loro colorazione indotti dagli agenti esterni come luce o temperatura, ma anche per rendere più attraenti alimenti altrimenti di colori neutri o per cambiare il colore di altri. 

Uno dei coloranti maggiormente usati fino ad ora è stato il biossido di titanio, recentemente considerato non più sicuro in quanto rilascia nanoparticelle

Queste ultime, infatti, possono aggregarsi danneggiando i microvilli intestinali e alterando l’integrità dell’epitelio nonché influenzare sia la composizione che l’attività del microbiota intestinale aggravando la situazione in caso sia di colite ulcerosa sia di morbo di Crohn, ma anche aumentando la predisposizione alla loro comparsa.

Altre sostanze che possono essere coinvolte nella predisposizione a patologie infiammatorie intestinali attraverso una sregolazione del microbiota intestinale sono: maltodestrine, conservanti, alluminio, nanoparticelle ed antiossidanti.

Conclusioni

Questo studio raccoglie i dati ottenuti da ricerche precedenti e sottolinea come una vasta gamma di additivi alimentari sia coinvolta nell’eziologia così come nella predisposizione a patologie infiammatorie croniche dell’intestino attraverso meccanismi che generano una disbiosi intestinale, ma anche attraverso modificazioni della permeabilità e dell’integrità della barriera intestinale e di promozione di fenomeni infiammatori. 

Da questo punto di vista, una revisione dell’alimentazione risulta altresì un’utile terapia per il trattamento e la prevenzione di queste condizioni.

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