Nel suo “Contengo moltitudini” (1), Ed Yong definisce i bacteroides come “i signori dell’intestino”, intendendo che si tratta della specie dominante nell’affollata econicchia del microbiota.
In effetti, nella normalità, un terzo del microbiota dev’essere formato proprio da bacteroides, che nell’intestino interpretano un ruolo cruciale nel metabolismo delle molecole più complesse, utilizzando i glicani come principale fonte di energia. Ne fanno parte diversi ceppi, tra cui vere e proprie celebrità come il B. fragilis che da commensale può trasformarsi in un temibile patogeno negli organismi più defedati e fragili.
Ad assurgere di recente agli onori delle recenti cronache microbiologiche è stato comunque il B. ovatus, che era già stato collegato a un’eccessiva presenza di gas nell’intestino e quindi a una proprietà disdicevole come l’eccessiva flautolenza, ma che proprio per questa sua caratteristica ha contribuito a svelare perché a volte le feci galleggiano e altre no. Tema decisamente delicato, da trattare con la dovuta cautela.
Partiamo da lontano, cioè dal suo nome e dalle sue caratteristiche microbiologiche…
«Il nome mi è stato attribuito nel 1933 da Eggerth e Gagnon (2) e si riferisce ovviamente al mio aspetto ovoidale, alla colorazione sono Gram negativo come la maggioranza dei bacteroides e, nonostante sia un commensale nell’intestino, sono stato ufficialmente classificato tra i batteri patogeni in grado di infettare l’uomo (3) (lo afferma con malcelato orgoglio, ndr)».
Ci sono comunque dati recenti che indicano che possa avere anche effetti benefici per l’organismo…
«In effetti è così. Secondo alcune ricerche sembra che io sia potenzialmente in grado di contribuire a ridurre i livelli della colsterolemia (4). I meccanismi precisi con cui esercito questa azione restano ancora da dimostrare e francamente devo ammettere che non sono del tutto consapevole di questo effetto. Mi sembra comunque di aver capito che riguardi l’equilibrio dell’assetto del microbiota. Sta di fatto che l’ipotesi potrebbe spiegare come mai uno stato di disbiosi della microflora intestinale si associ a un aumento del rischio cardiovascolare. E questo rappresenterebbe un indubbio passo avanti nella prevenzione di un problema di portata globale come le malattie cardiovascolari».
Ma l’aspetto che l’ha portata all’onore delle cronache microbiologiche è un altro, legato al galleggiamento delle feci…
«E’ vero, vorrei però chiarire subito che non si tratta di una semplice curiosità che può apparire goliardica e che si presta a battutacce ironiche e scontate. La capacità delle feci di galleggiare può infatti indicare un’alimentazione squilibrata o vero e proprio malassorbimento, e rappresenta un segno caratteristico di una serie di condizioni che vanno dai semplici disturbi della funzione intestinale come l’intestino irritabile alla celiachia o a patologie decisamente più rilevanti come la steatosi epatica. Ma il fenomeno riguarda anche più del dieci per cento degli individui sani. E fino a poco tempo fa non trovava spiegazioni convincenti. Poi si è scoperto che a svolgere un ruolo decisivo sarei proprio io».
In che modo si è giunti a questa conclusione?
«Visto che mi coinvolge direttamente, sul tema mi sono dovuto giocoforza documentare. Va detto che prima degli anni Settanta si riteneva che il galleggiamento o meno fosse legato al contenuto in grassi delle feci. Poi si è scoperto che il fattore determinante è invece il loro contenuto in gas. Restava però da comprendere come mai il fenomeno del galleggiamento riguardasse alcuni individui e non altri. E uno studio recente (5) mi ha chiamato direttamente in causa».
D’accordo, ma quale sarebbe il suo ruolo specifico?
«E’ stato un gruppo di ricerca della Mayo Clinic a svelare il mistero in modo abbastanza casuale. Mentre stava studiando l’assetto del microbiota in modelli animali germ-free e colonizzati da batteri, ha notato che la galleggiabilità delle feci veniva determinata dalla natura dei batteri presenti nell’intestino. Si è trattato insomma di un classico caso di serendipity. Verificato che i batteri della microflora intestinale possono produrre quantità diverse di gas, i ricercatori non sono riusciti a isolare un batterio specifico, ma per logica sono arrivati fino a me che – per quanto possa essere imbarazzante – avevo già mostrato di essere responsabile della maggiore flautolenza che caratterizza certi individui. Di conseguenza, da qualche tempo vengo ormai indicato come uno dei fattori principali che determinano il galleggiamento delle feci. Non che si tratti di un effetto della quale andare particolarmente fieri, ma quanto meno posso affermare di aver avuto una parte importante nella dimostrazione che la composizione del microbiota è coinvolta anche in questo fenomeno e poi è anche per questo che oggi sono al centro di studi che stanno valutando la possibilità di utilizzarmi in futuro per scopi terapeutici».
Il coinvolgimento del microbioma nel galleggiamento delle feci chiama comunque in causa anche l’alimentazione…
«Certamente. Anzi, per quanto riguarda il mio gruppo di appartenenza, vale la pena di sottolineare che alcuni studi hanno dimostrato come una dieta ricca di grassi e proteine animali porti prevalentemente alla presenza di bacteroides (6) nell’ecosistema del microbiota, me compreso, fornendo così indicazioni pratiche precise in questo senso».
Intanto ha sicuramente preso parte alla soluzione di un mistero di lunga data, ma quali sono i suoi obiettivi per il futuro prossimo?
«Prima di tutto, se posso essere onesto, mi piacerebbe lasciarmi finalmente alle spalle l’imbarazzante proprietà che mio malgrado mi ha dato una fama non richiesta e non proprio edificante. Se vogliano essere più seri, credo che l’obiettivo più importante sia, assieme al genere akkermansia, di confermare l’ipotesi che mi vede candidato a diventare un probiotico 2.0, che gli anglosassoni chiamano “next generation probiotics”, cioè quell’innovativo gruppo di batteri attualmente in fase di sviluppo che potrebbero rappresentare una svolta nell’approccio ad alcune diffusissime patologie non solo come integratori alimentari, ma nel contesto di vere e proprie applicazioni farmaceutiche. Se così fosse, il mio nome verrebbe definitivamente riabilitato».
Reference
- Yong E (2023). Contengo moltitudini. Milano: La nave di Teseo
- Eggerth AH, Gagnon BH. The Bacteroides of Human Feces. J Bacteriol. 1933 Apr;25(4):389-413. doi: 10.1128/jb.25.4.389-413.1933. PMID: 16559622; PMCID: PMC533498.
- Bartlett A, Padfield D, Lear L, Bendall R, Vos M. A comprehensive list of bacterial pathogens infecting humans. Microbiology (Reading). 2022 Dec;168(12). doi: 10.1099/mic.0.001269. PMID: 36748702.
- Jia B, Zou Y, Han X, Bae JW, Jeon CO. Gut microbiome-mediated mechanisms for reducing cholesterol levels: implications for ameliorating cardiovascular disease. Trends Microbiol. 2023 Jan;31(1):76-91. doi: 10.1016/j.tim.2022.08.003. Epub 2022 Aug 22. PMID: 36008191.
- Aalam, S.M.M., Crasta, D.N., Roy, P. et al. Genesis of fecal floatation is causally linked to gut microbial colonization in mice. Sci Rep 12, 18109 (2022). https://doi.org/10.1038/s41598-022-22626-x
- Wu GD, Chen J, Hoffmann C, Bittinger K, Chen YY, Keilbaugh SA, Bewtra M, Knights D, Walters WA, Knight R, Sinha R, Gilroy E, Gupta K, Baldassano R, Nessel L, Li H, Bushman FD, Lewis JD. Linking long-term dietary patterns with gut microbial enterotypes. Science. 2011 Oct 7;334(6052):105-8. doi: 10.1126/science.1208344. Epub 2011 Sep 1. PMID: 21885731; PMCID: PMC3368382.