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C. difficile: vitamina D modula il microbiota e potrebbe ridurre le recidive

Il supplemento di vitamina D in pazienti con infezione da C. difficile potrebbe favorire la proliferazione di batteri utili per contrastare il patogeno e limitarne le recidive.
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C. difficile: vitamina D modula il microbiota e potrebbe ridurre le recidive

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Stato dell'arte
Il trattamento per infezioni da C. difficile si basa su antibiotici e/o trapianto di microbiota fecale. In un terzo dei casi però queste strategie sembrano non essere efficaci.
Cosa aggiunge questa ricerca
Basse concentrazioni di vitamina D sono risultate associate a una maggiore ricorrenza e gravità delle infezioni da C. difficile. In questo studio ne è stato quindi valutato l’impatto sul microbiota intestinale dopo una sua somministrazione.
Conclusioni
Un incremento di vitamina D ha mostrato un parallelo aumento di batteri “buoni” quali Bifidobacteriaceae e Christensenellaceae suggerendo un suo possibile utilizzo, da confermare, nel contrastare l’infezione da C. difficile.

In questo articolo

Un supplemento di vitamina D sembrerebbe essere utile nel ridurre le recidive e la gravità delle infezioni da Clostridium difficile favorendo un incremento di batteri buoni quali Bifidobacteriaceae e Christensenellaceae

È quanto dimostra lo studio di Sang Hoon Lee e colleghi della Kangwon National University School of Medicine (Sud Corea) di recente pubblicato su Frontiers in Cellular and Infection Microbiology.

Clostridium difficile: le terapie disponibili

L’infezione da C. difficile (CDI) è una delle cause di infezioni nosocomiali con un incidenza e tasso di mortalità in costante incremento

Le attuali terapie includono l’uso di antibiotici orali (vancomicina o metronidazolo) sebbene siano inappropriati per le forme più gravi e ricorrenti. 

Con l’obiettivo  di sostenere il sistema immunitario ripristinando una corretta flora batterica intestinale, il trapianto di microbiota fecale ha recentemente mostrato un buon successo. Inefficacia è stata tuttavia registrata in alcuni casi. Quali sono dunque gli altri fattori influenzanti la buona riuscita della terapia? 

È stato dimostrato come una carenza di vitamina D (< 20 ng/ml) sia correlata a un incremento nel rischio di infezioni oltre a una loro maggiore gravità e ricorrenza. 

Un suo supplemento sembrerebbe, quindi,  essere utile nel contrastare infezioni, CDI inclusa. Che impatto abbia nella popolazione batterica commensale rimaneva, fino a questo studio, tuttavia da chiarire. 

Vitamina D e microbiota intestinale

È stato quindi confrontato Il microbiota intestinale di pazienti positivi per CDI, trattati con vancomicina (14 giorni, 125 mg) e carenti di vitamina D (< 17 ng/ml) con (200.000 IU/die, intramuscolo; n=10) o senza (n=8) un suo supplemento. Ecco quanto emerso. 

Partendo dall’analisi del microbiota all’inizio e alla fine dell’infezione (8 settimane) si è visto come l’alfa diversità sia aumentata con la guarigione. Andamento opposto invece per la beta diversità

Entrando più nel dettaglio invece:

  • a livello di specie, Proteobacteria (Enterobacteriaceae e Sutterellaceae) e Enterococcaceae, hanno mostrato un incremento durante l’infezione per poi diminuire
  • di contro, un aumento si è registrato per i batteri commensali nel periodo di guarigione
  • un aumento significativo con la guarigione si è registrato ad esempio per ceppi producenti acidi grassi a catena corta (SCFAs) come Lachnospiraceae o Ruminococcaceae oltre che a Bifidobacteriaceae e Christensenellaceae
  • con la guarigione si è inoltre osservata una diminuzione di Proteobacteria correlabile a un aumento di Lachnospiraceae e Ruminococcaceae

La vitamina D ha influenzato quindi il profilo batterico? Nonostante alfa e beta diversità non abbiamo mostrato variazioni, sembrerebbe avere un impatto. Infatti:

  • l’abbondanza di Proteobacteria, significativamente aumentata con CDI, ha invece registrato un andamento in diminuzione nel gruppo con supplemento seppur non significativo
  • a livello di famiglia e genere, il gruppo con vitamina D ha mostrato un significativo decremento di Enterobacteriaceae e Escherichia rispetto ai controlli. Aumentata in maniera evidente anche l’abbondanza di Christensenellaceae, Bifidobacteriaceae Sutterellaceae, Lachnospiraceae e Ruminococcaceae 

Conclusioni

Il supplemento di vitamina D in pazienti con infezione da C. difficile potrebbe quindi favorire la proliferazione di batteri utili per contrastare il patogeno e limitarne le recidive, suggerendo un uso di tale vitamina come coadiuvante la terapia antibiotica e/o trapianto di microbiota fecale. Ulteriori conferme con un maggior numero di pazienti sono tuttavia necessarie.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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