Il microbiota intestinale regola molte funzioni corporee e le alterazioni nella sua composizione sono risultate correlate a moltissime patologie e condizioni, come per esempio i tumori, l’obesità e le malattie respiratorie.
Di recente, un gruppo di ricercatori ha sviluppato un metodo per visualizzare i batteri intestinali negli animali vivi.
L’approccio, descritto su Cell Chemical Biology, può fornire nuove informazioni sulla relazione tra i topi e il loro microbiota e sul turnover della parete cellulare dei batteri intestinali negli animali vivi.
Imaging e microbiota
L’imaging in modelli animali è ampiamente utilizzato per studiare i processi biologici. Tuttavia, non esistono tecniche standard per visualizzare i batteri intestinali negli animali vivi.
Per colmare questa lacuna, Marcos Pires della University of Virginia e i suoi colleghi hanno deciso di sviluppare un metodo che consenta ai ricercatori di “etichettare” i batteri con molecole fluorescenti per visualizzarli in vivo.
Vista la sua composizione chimica, il team ha deciso di “marcare” la parete cellulare batterica, il cui componente principale è il peptidoglicano, un polimero composto da due zuccheri, uno dei quali è legato a proteine note come peptidi staminali.
Una delle caratteristiche del peptidoglicano è che i peptidi staminali possono essere marcati con aminoacidi specifici chiamati D-aminoacidi, noti per essere inseriti nella struttura del peptidoglicano man mano che i batteri crescono.
Marcare la parete cellulare batterica
I ricercatori hanno ipotizzato che i batteri intestinali possano essere visualizzati alimentando i topi con un D-aminoacido marcato con un fluoroforo.
La sonda fluorescente è stata rapidamente incorporata nella parete cellulare dei batteri cresciuti in vitro.
I terreni di coltura che potenziano la crescita dei batteri sono risultati in grado di indurre una rapida perdita della marcatura fluorescente, probabilmente a causa di un più rapido rimodellamento del peptidoglicano.
Quando i batteri sono stati coltivati in terreni che promuovono invece una crescita meno rapida, è stata osservata una perdita più lenta della fluorescenza.
«Dai dati ottenuti possiamo ipotizzare che la perdita di marcatura fluorescente potrebbe essere un indicatore della cinetica della crescita e del rimodellamento cellulare e, pertanto, potrebbe essere utilizzata per ottenere informazioni sul rimodellamento del peptidoglicano nei batteri commensali intestinali», affermano i ricercatori.
“Illuminare” il microbiota
Per testare l’approccio di imaging negli animali vivi, i ricercatori hanno nutrito i topi con un D-aminoacido marcato con un fluoroforo.
Dopo due ore i topi hanno mostrato una maggiore fluorescenza a livello intestinale rispetto ai controlli. Il segnale fluorescente è diminuito tra le quattro e le 22 ore dopo l’ultima somministrazione del D-aminoacido.
Nei topi germ-free trattati con un D-aminoacido marcato è stata osservata la fluorescenza a livello intestinale solamente dopo un trapianto di microbiota.
La marcatura è risultata più evidente a livello del cieco e dell’intestino crasso, che hanno un carico maggiore di batteri.
«Questi risultati rappresentano un primo passo promettente per utilizzare in futuro questo metodo come strumento di imaging non invasivo in grado di fornire informazioni sulle dinamiche dei batteri commensali intestinali», concludono gli autori.