Differenze inter-personali nel microbioma intestinale sembrerebbero determinare una diversa resistenza e suscettibilità al colera da ricondurre a un altrettanto differente espressione di idrolasi di sali biliari, enzimi risultati fondamentali in questo processo.
Modulando in maniera mirata l’espressione batterica per favorire l’attività di questi enzimi sembrerebbe quindi una promettente strategia per il controllo dell’infezione da colera. Conferme nell’uomo sono tuttavia necessarie. Lo dimostra lo lo studio di Salma Alavi e colleghi della University of California, di recente pubblicazione su Cell.
Colera e altre infezioni gastrointestinali
Le infezioni gastrointestinali sono tutt’ora uno dei maggiori problemi di salute pubblica nonché una delle principali cause di morte nei Paesi più poveri. Tra tutte, l’infezione da Vibrio cholerae, agente patologico del colera, infetta ancora milioni di persone, talvolta con gravi conseguenze.
Chi è più a rischio? La risposta sembrerebbe dipendere dalla componente batterica intestinale.
Per approfondire questo aspetto, dopo aver comparato le caratteristiche del microbioma intestinale complessivo di due coorti indipendenti (USA e Bangladesh) comprensive di pazienti e controlli sani per testare la variabilità, i ricercatori hanno condotto il trapianto di microbioma fecale da pazienti colerici o controlli sani in modelli murini d’infezione per meglio caratterizzare le specie chiave e i relativi meccanismi d’azione nello sviluppo o protezione. Di seguito i principali passaggi e risultati.
Il ruolo del microbiota
L’analisi delle caratteristiche batteriche di soggetti sani e pazienti, dopo aver tenuto conto dell’inter-variabilità, ha permesso di individuare un microbiota intestinale “sano” principalmente caratterizzato dai generi Bacteroides, Clostridium e Blautiae (modello CTRL) uno “patologico” (modello DS) comprensivo di Streptococci, Enterococcus faecalis ed E. coli.
Una volta isolati i ceppi e “creato” i profili, sono stati rispettivamente inoculati in modelli murini adulti germ-free (GF C57BL/6J). Ad entrambi i gruppi è poi stato introdotto il patogeno V. cholerae per via intra-gastrica.
- il modello CTRL non ha permesso la colonizzazione del patogeno. Di contro, nell’altro gruppo si è osservata la sua presenza sia a livello intestinale che fecale
- combinando batteri del modello CTRL con quello DS (1:1) è stato possibile migliorare la resistenza alla colonizzazione suggerendo come la suscettibilità sia reversibile modificando l’espressione e il contenuto batterico
Considerando la maggiore analogia con l’infezione umana, l’inoculazione con i profili batterici e il patogeno è stata testata e confermata su modelli murini lattanti in seguito a somministrazione con streptomicina dimostrando che:
- durante l’infezione i modelli riceventi il profilo CTRL hanno mostrato una struttura batterica differente rispetto alla controparte (DS) e al gruppo con profilo batterico misto (CTRL+DS 1:1)
- determinante si è dimostrata l’inter-variabilità. La colonizzazione con V. cholerae ha infatti mostrato un range di variabilità di 1.5 log in relazione al donatore di microbioma
- E. coli ha mostrato di incrementare la virulenza dell’infezione e il sistema di secrezione VI (T6SS) ha recentemente dimostrato di neutralizzarlo. L’effetto di T6SS è stato quindi testato sulla colonizzazione di V. cholerae ed E. coli dimostrando che:
- i ceppi mutati per non esprimere T6SS hanno mostrato un decremento di colonizzazione rispetto a V. cholerae wild-type
- T6SS non ha registrato tuttavia attività nei confronti del co-inoculato E. coli avendone osservato pari livelli nel gruppo DS e in mix (DS+CTRL). Tale differenza di attività può esser spiegata con la ceppo-specificità di azione o con la quota considerevolmente maggiore di V. cholerae introdotto
I batteri che ci “proteggono”
I ricercatori hanno quindi testato l’eventuale capacità dei ceppi caratterizzanti un microbioma “sano” (profilo CTRL) di contrastare la colonizzazione del patogeno in presenza di disbiosi (profilo DS). Per farlo è stata esaminata la struttura batterica del gruppo CTRL+DS dimostrando che:
- la comunità di CTRL è parzialmente distinta da quella DS nell’intestino tenue nonostante la colonizzazione principale sia a carico di Blautia e Bacteroides spp.
- la comunità DS ha registrato i valori principali a livello fecale e di intestino tenue con Streptococci come ceppo principale
- B. obeum ha mantenuto la sua abbondanza relativa in modelli CTRL+DS e CTRL mostrando inoltre una correlazione negativa e significativa con la colonizzazione del patogeno (non con la sua abbondanza) suggerendo un suo coinvolgimento nella resistenza all’infezione. Effetto altrettanto significativo non è stato tuttavia osservato per altri ceppi. Di contro, in modelli colonizzati solo con microbioma da DS, i ceppi tipici (Streptococcus, E. faecalis ed E. coli) hanno registrato positiva e significativa correlazione con i livelli di V. cholerae
- in presenza di B. obeum e S. thermophilus, la colonizzazione del patogeno è risultata comparabile con quella dei modelli privi dello Streptococcus sostenenendo ulteriormente un coinvolgimento di B. obeum nel contrasto della colonizzazione
Ma come agisce B. obeum? Sembrerebbe riducendo l’espressione di tcpA, gene di virulenza di V. cholerae efficacemente attivato dall’amminoacido biliare taurocolato (TC).
Il metabolismo dei sali biliari
Considerando come il microbioma sia coinvolto nel metabolismo dei sali biliari, sono stati ricercati i ceppi responsabili della degradazione appunto del TC. Nonostante questa capacità sia stata dimostrata da diversi microrganismi, ancora una volta B. obeum ha mostrato i risultati migliori nel processare il TC ad acido colico. Ciò si è mostrato possibile grazie alla presenza dell’enzima di idrolasi per gli acidi biliari (bsh tipo 1).
Valutando infine la distribuzione dei filotipi bsh nel completo microbioma intestinale umano “sano” o in disbiosi (coorte americana e del Bangladesh) si è visto come i filotipi 1, 3, 4 e 5 hanno registrato una notevole diminuzione nei pazienti rispetto ai controlli. Questi, tranne il filotipo 5, hanno poi mostrato elevata attività nel metabolismo di TC sostenendo l’ipotesi che un microbioma sano sia già di per sé un’arma contro l’infezione.
Conclusioni
Riassumendo dunque:
- la variabilità interpersonale del microbioma intestinale influenza anche la resistenza all’infezione colerica
- essendo la resistenza, e di conseguenza la suscettibilità, all’infezione un fattore microbioma-dipendente, una manipolazione mirata (trapianto di microbiota fecale) potrebbe rappresentare una valida strategia preventiva
- la resistenza alla colonizzazione del patogeno è mediata dall’enzima di idrolasi dei sali biliari la cui espressione ha registrato una correlazione positiva con lo sviluppo dell’infezione