La disbiosi e la conseguente compromissione della funzione di barriera mucosale sono state riscontrate in pazienti con malattia diverticolare sintomatica non complicata (SUDD). In tale ambito, per favorire l’equilibrio del microbiota intestinale, l’impiego di probiotici potrebbe essere utile.
In questa review è stato studiato e approfondito il potenziale ruolo di Lactobacillus paracasei CNCM I-1572 come nuova opportunità terapeutica per il trattamento della DD.
Tale ceppo, attraverso molteplici meccanismi d’azione, tra cui il riequilibrio del microbiota intestinale e, di conseguenza, la regolazione del sistema immunitario, può apportare benefici in tali pazienti.
A riassumerlo è la revisione della letteratura realizzata dal gruppo di studio coordinato dal prof. Silvio Danese, direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, di recente pubblicata su Journal of Clinical Medicine.
Malattia diverticolare e microbiota intestinale
La malattia diverticolare (DD) comprende uno spettro di condizioni gastrointestinali caratterizzati dalla presenza di diverticoli, ossia piccole sacche sulla parete del colon.
I meccanismi alla base della DD potrebbero essere associati a quelli della sindrome dell’intestino irritabile (IBS).
I diverticoli, nonostante nella maggior parte dei casi non provochino alcun sintomo, talvolta possono causare dolore addominale, gonfiore, alterazione del transito intestinale (sindrome sintomatica non complicata, SUDD).
Questa condizione può in alcuni casi sfociare in un’infiammazione acuta (diverticolite), che può essere complicata dalla formazione di ascessi, emorragie e perforazioni intestinali.
Diversi studi hanno dimostrato un coinvolgimento del microbiota intestinale: condizioni di disbiosi potrebbero, infatti, comportare un peggioramento dello stato infiammatorio e creare un danno alla mucosa. Inoltre, disbiosi e infiammazione sono associati a problemi di motilità, da qui i sintomi addominali.
I probiotici (“microorganismi vivi in grado di apportare un beneficio all’ospite se somministrati nelle giuste quantità”) si sono dimostrati efficaci rimedi in svariate problematiche intestinali. Nel caso di malattia diverticolare, L. casei DG® (Lactobacillus paracasei CNCM I-1572—LCDG) potrebbe rivelarsi un ceppo d’elezione. Vediamo perché sulla base dei dati raccolti in questa revisione.
Lactobacillus paracasei CNCM I-1572
Lactobacillus paracasei CNCM I-1572 è un batterio Gram positivo normalmente presente nella nostra flora intestinale.
Ingerito per via orale (alla dose di almeno 109 CFU), ha mostrato di sopravvivere al transito gastrointestinale e di aderire alla parete intestinale, caratteristiche fondamentali per un probiotico.
A queste proprietà di base si aggiungono:
- produzione di acido lattico, utile per favorire un rapido ribilanciamento del microbiota fecale
- sicurezza nell’uomo, dal momento che il ceppo non possiede geni di resistenza antibiotica acquisita
- produzione di un particolare esopolisaccaride, ricco in ramnosio (DG-EPS), dalla struttura chimica unica e ben definita, che aiuta non solo il probiotico ad “autoproteggersi” e, quindi, a sopravvivere maggiormente al transito gastrointestinale, ma anche a stimolare la risposta immunitaria dell’ospite
«L. casei DG (Lacticaseibacillus paracasei CNCM I-1572) è un ceppo ampiamente studiato in diversi ambiti, non solo quello gastrointestinale» spiega Danese. «Nella malattia diverticolare, gli studi pubblicati finora hanno dimostrato che è in grado di agire positivamente a livello di alcuni fattori chiave che contribuiscono alla progressione della malattia stessa, quali l’alterazione del microbiota e l’infiammazione cronica intestinale di basso grado».
«Tutti questi dati ed evidenze» aggiunge l’esperto «ci hanno spinti ad approfondire e studiare il potenziale ruolo nella malattia diverticolare di L. casei DG, che, come dimostrato ampiamente dagli studi pubblicati in merito, può di sicuro essere un ottimo candidato nella gestione di tale patologia».
L’efficacia di Lactobacillus paracasei CNCM I-1572 è stata testata in diversi contesti clinici, che includono soggetti sani o pazienti con malattie urologiche, come la prostatite batterica cronica, e disturbi gastrointestinali, come l‘IBS, la SIBO (sindrome da sovraccrescita batterica intestinale) e la malattia diverticolare. A tal proposito, per esempio:
- in 34 soggetti sani, la supplementazione con L. paracasei CNCM I-1572, secondo quanto riportato da Ferrario et al., ha modulato positivamente il microbiota di tali soggetti, aumentando i Proteobacteria e, soprattutto, i Coprococcus (Clostridiales), che svolgono un ruolo cruciale nella biosintesi dei folati e nella fermentazione delle fibre alimentari, che portano alla produzione di acidi grassi a corta catena (SCFAs; acetato, butirrato ecc.), altrettanto importanti per preservare l’equilibrio intestinale
- in pazienti con SIBO, l’aggiunta del probiotico al trattamento antibiotico ha mostrato, secondo Rosania et al., di migliorare la sintomatologia gastrointestinale associata (dolore addominale, meteorismo, flatulenza, nausea)
- in pazienti con IBS, secondo lo studio di Cremon et al., Lactobacillus paracasei CNCM I 1572 ha indotto: una riduzione significativa dei batteri appartenenti al genere Ruminoccocus (presenti in elevate quantità nei pazienti con IBS) e della citochina pro-infiammatoria IL-15 e, di contro, un aumento significativo nella produzione degli SCFAs acetato e butirrato
- in campioni bioptici intestinali umani di pazienti con IBS post infettivo, Compare et al., con lo scopo di studiare maggiormente i meccanismi d’azione del probiotico in tale ambito, hanno dimostrato come L. paracasei CNCM I-1572 riduca significativamente i livelli di citochine proinfiammatorie (IL-1a, IL-6 e IL-8) a livello intestinale oltre che della proteina TLR-4, marcatore pro-infiammatorio.
E nel contesto della malattia diverticolare?
Negli ultimi anni i dati a supporto dell’uso di L. paracasei CNCM I-1572 nella gestione della malattia diverticolare sono in aumento. Tra questi:
- in biopsie intestinali di pazienti con diverticolite, SUDD e SUDD preceduta da diverticolite acuta, che sono state esposte al patogeno Escherichia coli enteroinvasivo e trattate o meno con LCDG, Turco et al. hanno dimostrato che l’impiego del ceppo L. paracasei CNCM I-1572 è in grado di ridurre la produzione di ossido nitrico e favorire un ritorno alle condizioni simil-fisiologiche, quadro che, invece, non viene osservato nel gruppo controllo, senza il probiotico
- Lactobacillus paracasei CNCM I-1572, somministrato in combinazione con mesalazina (ASA), farmaco comunemente utilizzato per il trattamento di disturbi infiammatori intestinali, è in grado di migliorare la sintomatologia associata a tale condizione (costipazione, dolore addominale, sanguinamento ecc.). Inoltre, in uno studio pubblicato nel 2013, Tursi et al. hanno dimostrato che utilizzando la suddetta co-somministrazione (24 miliardi CFU/die e 5-ASA 1.6 g/die) non si verificano recidive di SUDD in alcun paziente (0%). Anche i singoli trattamenti sono risultati significativamente migliori del placebo nel prevenire l’insorgenza di diverticolite acuta in tali pazienti.
Conclusioni
Per concludere quindi, Lactobacillus paracasei CNCM I-1572 è un candidato promettente nella gestione della malattia diverticolare, garantendo molteplici effetti benefici sull’omeostasi intestinale. Studi specifici per valutare la sua efficacia in ogni contesto clinico della malattia diverticolare sono tuttavia necessari.
Ma non solo. «Un ambito interessante sicuramente da approfondire in futuro con alcuni studi, sia clinici che preclinici, è quello delle IBD» sottolinea Danese. «I pazienti con IBD, infatti, potrebbero trarre di sicuro beneficio dall’assunzione del prodotto».
«Diverse pubblicazioni» spiega «hanno già dimostrato la capacità di L. casei DG di modulare positivamente la risposta immunitaria e infiammatoria, sia in caso di colite ulcerosa, che in caso di IBS e di infezione da SARS-CoV-2. Inoltre, nei pazienti con IBD, è sempre presente un’alterazione del microbiota intestinale (disbiosi)».
L. casei DG ha dimostrato in più occasioni di modulare positivamente il microbiota intestinale e, nel contempo, i livelli di acidi grassi a corta catena, quali butirrato, i cui valori nei pazienti con IBD sono più bassi rispetto a quelli delle persone sane. «In futuro andremo a valutare in maniera più specifica l’azione di tale ceppo in questo importantissimo ambito di ricerca».