L’interdipendenza tra le specie può rendere i microrganismi suscettibili all’estinzione locale in caso di perdita di un partner, a meno che non siano presenti specie alternative per riempire quella nicchia ecologica.
In tale scenario, avere specie funzionalmente ridondanti in grado di produrre o consumare gli stessi nutrienti si rivela vantaggioso per l’ospite. Sebbene sia noto che i microbiomi intestinali umani sani sono caratterizzati da un’elevata ridondanza funzionale, le sue implicazioni sulla salute devono essere ancora in gran parte dimostrate.
Ristabilire la diversità dei partner microbici nel cross-feeding rappresenta quindi un approccio logico, ma in gran parte inesplorato, per combattere un ampio spettro di malattie associate a un microbioma intestinale alterato.
Samuel Foster e i suoi colleghi hanno recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Nature communications, in cui presentano un nuovo metodo per calcolare lo scambio di metaboliti e individuare così le interazioni di cross-feeding microbico più colpite nelle malattie.
Applicando un framework a un set di dati integrato di 1661 metagenomi fecali provenienti da 15 paesi e con 11 fenotipi di malattie, gli autori hanno identificato associazioni sia consolidate che nuove tra microbioma e malattie.
Risultati degni di nota includono una connessione tra cancro del colon-retto e metabolismo microbico dell’etanolo, tra artrite reumatoide e ribosil nicotinamide di derivazione microbica e tra malattia di Crohn e specifici batteri che metabolizzano l’idrogeno solforato.
Questo sistema di punteggio facilita la quantificazione e l’identificazione delle alterazioni nelle interazioni microbiche dipendenti dal contesto, offrendo potenziali bersagli per i farmaci basati sul microbioma.
Quantificare il cross-feeding
I ricercatori hanno progettato il Metabolite Exchange Score (MES), che viene calcolato moltiplicando la diversità dei taxa che si prevede consumino uno specifico metabolita per quella dei batteri che si prevede lo producano, normalizzando per il numero totale di taxa coinvolti.
La potenziale produzione, il consumo e lo scambio di metaboliti da parte di ciascun membro del microbiota, per i quali è possibile ricostruire genomi assemblati con metagenoma (MAG), viene stimato attraverso la “modellizzazione” metabolica. I metaboliti con MES elevati sono probabilmente componenti cruciali nella catena alimentare microbica, mentre quelli con un MES pari a zero non vengono prodotti o non vengono consumati da nessun membro della comunità.
Confrontando i MES di ciascun metabolita nei microbiomi “sani” e “malati”, è possibile classificare e individuare i metaboliti più colpiti dalla perdita di partner nel cross-feeding. Una volta stabilita la priorità con i MES, è possibile integrare le abbondanze dei taxa e i loro flussi metabolici stimati per identificare un consorzio di specie che agiscono come produttori o consumatori primari dei metaboliti target. Questo approccio è stato proposto come strategia per pianificare esperimenti mirati e studi clinici.
Le principali interazioni metaboliche
Per comprendere la correlazione tra il cross-feeding e varie malattie, sono stati analizzati 1661 campioni di metagenoma intestinale.
Questo set di dati comprendeva 871 individui sani e 790 pazienti affetti da una patologia, che avevano partecipato a 33 studi condotti in 15 paesi e che rappresentavano 11 fenotipi di malattie.
I ricercatori hanno rilevato 40 specie batteriche e una specie arcaica esclusivamente in individui affetti da una patologia, mentre i soggetti sani ospitavano 59 specie batteriche e una specie arcaica non osservate in nessun individuo malato. Per dedurre gli scambi metabolici tra microbi, sono stati costruiti modelli metabolici su scala comunitaria per ciascun individuo in base alle abbondanze a livello di specie ed è stato calcolato il MES. Inizialmente, l’attenzione degli autori si è focalizzata sull’identificazione degli scambi metabolici con la più alta diversità di partner di cross-feeding nei microbiomi sani.
Dai dati ottenuti è emerso che i metaboliti erano caratterizzati da notevoli variazioni nei MES tra gli individui. Quelli con il MES medio più alto includevano basi azotate come uracile e timina, nutrienti essenziali come fosfato e ferro e zuccheri come glucosio e galattosio. I ricercatori hanno poi confrontato i MES tra il gruppo sano e 11 fenotipi della malattia e hanno osservato una perdita significativa di partner nel cross-feeding per specifici metaboliti in tutti i gruppi di malattie, ad eccezione della schizofrenia.
Metaboliti cruciali per la salute umana, come la vitamina B1 (tiamina) e i precursori degli acidi grassi a catena corta (ad esempio malato, glucosio, galattosio), che presentavano elevati MES negli individui sani, erano significativamente alterati in molteplici fenotipi di malattie. Per esempio, la tiamina ha mostrato la più alta differenza nei MES tra microbiomi sani e malati in caso di cirrosi e spondilite anchilosante, e si è classificata al secondo posto nelle malattie infiammatorie intestinali (IBD), suggerendo una potenziale mediazione microbica della carenza di tiamina nella cirrosi e nelle IBD. Allo stesso modo, per la prima volta è stata suggerita una connessione tra la ribosil nicotinamide di origine microbica e l’artrite reumatoide.
I risultati hanno anche confermato le associazioni malattia-metabolita mediate dai microbi precedentemente segnalate, come l’etanolo nel cancro del colon-retto e l’idrogeno solforato nelle IBD, sottolineando il potenziale di questo approccio innovativo per identificare relazioni plausibili. È inoltre interessante notare che i MES di 22 metaboliti, tra cui l’idrogeno solforato (H2S) e il D-galattosio, sono risultati significativamente più elevati nei microbiomi associati al diabete di tipo 2 (T2D) rispetto a quelli sani, in accordo con uno studio precedente che aveva suggerito un’associazione tra gli scambi metabolici microbici che avvengono a livello intestinale e l’intolleranza al glucosio e il T2D.
La diversità delle specie è sempre un indicatore di salute?
La diversità delle specie microbiche nella comunità intestinale è comunemente considerata un indicatore di salute. I microbiomi correlati a cinque malattie hanno mostrato una significativa riduzione della alfa-diversità. Tuttavia, negli individui con T2D l’alfa-diversità è risultata significativamente più elevata rispetto al gruppo sano. Le malattie caratterizzate da una bassa diversità di specie, come le IBD, hanno mostrato le differenze più pronunciate nei MES, in linea con l’ipotesi che il numero di specie microbiche coinvolte nello scambio di metaboliti sia naturalmente correlato al numero complessivo di specie nella comunità.
Per comprendere meglio la relazione tra diversità e scambio di metaboliti, gli autori hanno valutato se il numero di specie influenzi lo scambio di sostanze. A questo scopo hanno confrontato l’impatto della diversità delle specie sia sui microrganismi che producono queste sostanze sia su quelli che le consumano in modo da verificare se l’aumento del numero di specie influisca allo stesso modo su entrambi.
I risultati ottenuti indicano che nella maggior parte dei casi produttori e consumatori sono influenzati dalla diversità delle specie. Ciò significa che all’aumentare della varietà delle specie, il numero di produttori o consumatori potrebbe non aumentare allo stesso ritmo. Ad esempio, osservando i metaboliti con il maggiore impatto (MES più elevati), solo i produttori e i consumatori di glicerolo non hanno mostrato differenze significative nella risposta alla ricchezza delle specie.
Possibile nuovo approccio terapeutico per la malattia di Crohn
Per esplorare come l’applicazione del MES e il modello utilizzato possano guidare l’identificazione di potenziali bersagli terapeutici, i ricercatori si sono focalizzati sulla malattia di Crohn.
È stato selezionato un singolo studio caso-controllo, che presentava il maggior numero di campioni provenienti da individui sia sani sia malati all’interno di un set di dati con controllo di qualità. L’idrogeno solforato (H2S), un gas precedentemente collegato ai sintomi della malattia celiaca e delle malattie infiammatorie intestinali, è risultato il metabolita più colpito dalla perdita di partner microbici. Mentre studi precedenti si erano concentrati sulla produzione di H2S da parte del microbiota intestinale, ma non sul consumo di questo gas, gli autori suggeriscono che i batteri possono consumare H2S e incorporarlo in amminoacidi contenenti zolfo come la cisteina.
È stato inoltre scoperto che il microbioma di individui sani ospita un maggior numero di specie potenzialmente in grado di produrre, nonché di consumare, H2S rispetto ai microbiomi associati alla malattia di Crohn. In particolare, in questi pazienti la diversità dei potenziali consumatori di H2S è risultata maggiormente influenzata rispetto a quella dei produttori; di conseguenza, il rapporto produttore-consumatore di H2S è risultato significativamente più elevato negli individui affetti da malattia di Crohn.
Tendenze simili sono state osservate studiando il flusso di H2S tra i microrganismi: nello stato patologico, la capacità totale stimata del microbioma di consumare H2S è stata ridotta del 74%, mentre la produzione totale è rimasta inalterata, portando a un rapporto produzione/consumo di H2S più elevato nella malattia di Crohn. Tuttavia, l’eccesso di H2S non era significativamente diverso tra soggetti sani e malati; pertanto, i consumatori di H2S sono più colpiti dei produttori di H2S nella malattia di Crohn.
Per identificare le specie chiave legate allo squilibrio di H2S in questa patologia, è stato analizzato il contributo di ciascuna specie alla produzione o al consumo totale di H2S sia nelle coorti sane che in quelle con malattia di Crohn.
In queste ultime le specie che hanno mostrato l’aumento più sostanziale nella produzione di H2S includevano membri delle classi Clostridia, Bacteroidia e Bacilli. Molte specie sono risultate in grado sia di produrre sia di consumare H2S, a seconda del contesto della loro comunità. Phocaeicola dorei (Bacteroidia) ha mostrato la più alta differenza nella produzione prevista di H2S tra individui sani e celiaci, nonostante fosse comune a entrambe le coorti. I membri dei Clostridia, tra cui Roseburia intestinalis, Blautia_A obeum e due specie Faecalibacterium, erano i consumatori di H2S con la riduzione più sostanziale nei microbiomi dei pazienti con malattia di Crohn.
Successivamente, gli autori hanno confrontato i risultati del loro approccio di modellizzazione metabolica con le tradizionali analisi compositive del microbioma e hanno identificato le specie che contribuiscono maggiormente alle differenze tra microbiomi sani e associati alla malattia di Chron. Alcune di queste specie si sovrapponevano all’approccio di modellizzazione metabolica utilizzato in questo studio, inclusi i consumatori di H2S Roseburia intestinalis, Escherichia coli e Anaerostipes hadrus, nonché il produttore di H2S Clostridium_Q symbiosum.
Nel complesso, il presente studio ha introdotto un nuovo quadro concettuale basato sul MES rivelando una notevole riduzione delle potenziali interazioni di cross-feeding all’interno dei microbiomi collegati a 10 malattie e ha identificato bersagli terapeutici promettenti nella malattia di Crohn.
In particolare, il quadro analitico qui presentato ha rilevato associazioni note e non tra il microbioma e alcune malattie. I dati ottenuti offrono quindi una strategia economicamente vantaggiosa e meccanicamente fondata per guidare gli studi clinici.
Conclusioni
In conclusione, gli autori suggeriscono che i modelli metabolici basati sui dati metagenomici, insieme a una valutazione delle interazioni di cross-feeding microbico, saranno utili per lo sviluppo di terapie basate sul microbioma nell’identificare specie o metaboliti da utilizzare come target terapeutici.
Concentrandosi sul ripristino di elementi cruciali dell’ecologia intestinale, potrebbe essere possibile introdurre modifiche più incisive e durature nel microbioma intestinale umano.