L’encefalomielite mialgica (ME), nota anche come sindrome da stanchezza cronica (CFS), è una malattia debilitante che colpisce fino a 2,5 milioni di persone solo negli Stati Uniti.
Di recente, due team indipendenti di ricercatori hanno scoperto che la ME/CFS è associata a livelli ridotti di microbi intestinali in grado di produrre butirrato, un metabolita coinvolto nella conservazione dell’integrità della barriera intestinale e nella modulazione del sistema immunitario.
I risultati degli studi, entrambi pubblicati su Cell Host & Microbe, potranno aiutare a sviluppare nuovi strumenti diagnostici e migliori modelli animali di ME/CFS.
Stanchezza cronica e microbiota intestinale
«Queste ricerche dimostrano che esistono solide firme batteriche di disbiosi intestinale negli individui con ME/CFS», spiega Brent Williams della Columbia University, autore senior di uno degli studi.
«I dati ottenuti consentono di individuare le alterazioni strutturali e funzionali del microbioma in una malattia cronica che influenza negativamente la qualità della vita di milioni di persone».
La sindrome da stanchezza cronica è infatti caratterizzata, tra gli altri sintomi, da un prolungato ed estremo affaticamento che non migliora con il riposo, annebbiamento mentale, dolori muscolari e problemi intestinali.
I fattori scatenanti della condizione sono sconosciuti e, sebbene i pazienti presentino alterazioni del microbiota intestinale, le conseguenze dei cambiamenti microbici associati alla ME/CFS sono ancora poco chiare.
Per indagare il legame tra sindrome da stanchezza cronica e microbiota intestinale, il team guidato da Brent Williams ha analizzato campioni di feci di 106 pazienti con ME/CFS e 91 persone sane.
Un secondo gruppo di ricercatori, guidati da Julia Oh del Jackson Laboratory, ha esaminato campioni di feci e sangue di 149 soggetti con ME/CFS e 79 controlli sani.
Il ruolo del butirrato
Il team di ricercatori guidato da Brent Williams ha scoperto che i livelli di Faecalibacterium prausnitzii e Eubacterium rectale, due microbi produttori di butirrato comuni nell’intestino umano, sono ridotti nei pazienti con stanchezza cronica.
In particolare, livelli più bassi di F. prausnitzii sono risultati associati a un affaticamento più grave.
«Sebbene non sia stata ancora inequivocabilmente dimostrata una relazione causale tra alterazioni del microbioma e sintomi, i dati ottenuti forniscono target potenzialmente utili per futuri studi terapeutici, che potrebbero concentrarsi su interventi dietetici, probiotici, prebiotici o simbiotici e fornire prove dirette che i batteri intestinali influenzano la comparsa dei sintomi cronici», afferma Brent Williams.
Metaboliti alterati
Lo studio guidato da Julia Oh ha mostrato che i pazienti affetti da sindrome da stanchezza cronica da meno di quattro anni presentavano livelli ridotti sia di butirrato sia dei batteri produttori di questo acido grasso, tra cui Roseburia e F. prausnitzii.
Il microbiota intestinale dei pazienti con ME/CFS da più di 10 anni è invece tornato a una composizione simile a quella dei controlli sani, ma i livelli ematici di metaboliti immunomodulatori sono risultati ridotti.
Poiché la sindrome da stanchezza cronica condivide molti sintomi con il “long COVID”, svelare i meccanismi biologici della condizione può essere rilevante anche per chiarire questa complicanza dell’infezione da SARS-CoV-2.
«Questa ricerca mostra una correlazione, non un rapporto causa-effetto, tra i cambiamenti del microbioma e la sindrome da stanchezza cronica», spiega Julia Oh. «Tuttavia, i risultati ottenuti possono rappresentare il preludio di molti altri esperimenti meccanicistici che speriamo possano fornire nuove conoscenze sulla ME/CFS e sulle sue cause».