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Ovaio policistico: nuove speranze di cura da studi sull’asse microbiota intestinale-acidi biliari

Un gruppo di autori ha analizzato l’impatto del microbiota intestinale sulla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). Ecco cosa emerge.
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Ovaio policistico: nuove speranze di cura da studi sull’asse microbiota intestinale-acidi biliari

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Stato dell’arte
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è una sindrome caratterizzata da un eccesso di ormoni androgeni, disfunzioni ovariche e ovaio policistico e, spesso, è anche accompagnata da resistenza all’insulina. Il meccanismo alla base di questa patologia è ancora sconosciuto, limitando così lo sviluppo di terapie.

Cosa aggiunge questo studio
Scopo dello studio è indagare l’impatto del microbiota intestinale e dei suoi metaboliti sul meccanismo che regola la disfunzione ovarica e la resistenza all’insulina associate alla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). Dallo studio è emerso che il Bacteroides vulgatus è ampiamente presente nel microbiota intestinale di pazienti affette da PCOS. Il trapianto di microbiota fecale proveniente da queste donne o da topi colonizzati da Bacteroides vulgatus causa la soppressione delle funzioni ovariche, resistenza all’insulina, un metabolismo degli acidi biliari alterato, una ridotta secrezione di IL-22 e, infine, infertilità.

Conclusioni
La correzione del microbiota intestinale, del metabolismo degli acidi biliari e/o l’aumento dei livelli di IL-22 potrebbero rappresentare un potenziale trattamento per curare la PCOS.


In una Letter pubblicata di recente su Nature Medicine, un gruppo di autori guidato da Xinyu Qi, della Peking University, a Beijing (Cina), ha indagato quale sia l’impatto del microbiota intestinale e dei suoi metaboliti sul meccanismo che regola la disfunzione ovarica e la resistenza all’insulina associate alla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).

Studi recenti hanno dimostrato che pazienti affette da PCOS possiedono una comunità microbica intestinale diversa da quella di pazienti sane. Il ruolo svolto dal microbiota intestinale nella patogenesi di questa sindrome è però tuttora sconosciuto. Per questo motivo, i ricercatori hanno esaminato i cambiamenti nella struttura della comunità microbica di 50 pazienti con PCOS e 43 donatrici sane. Dall’analisi del sequenziamento shotgun dell’intero genoma (Whole-genome shotgun sequencing) non emerge una significativa differenza in termini di α-diversità tra le comunità batteriche dei due gruppi. Al contrario, la β-diversità risulta significativamente diminuita nelle pazienti con PCOS rispetto alle donatrici sane, suggerendo una maggiore omogeneità nella struttura della comunità batterica delle pazienti con PCOS.

Il batterio che maggiormente contribuisce alla separazione dei due gruppi è il Bacteroides vulgatus, la cui presenza è risultata evidentemente aumentata nelle pazienti con PCOS. È stato inoltre osservato dai ricercatori che quello degli acidi biliari è uno dei pathway metabolici maggiormente influenzato dai cambiamenti del microbiota in caso di PCOS. In particolare, è stato dimostrato che l’acido glicodesossicolico (GDCA) e quello tauroursodesossicolico (TUDCA) sono sostanzialmente ridotti nelle feci e nel siero del gruppo PCOS e che B. vulgatus è negativamente correlato alla loro presenza.

Allo scopo di indagare quale sia l’effetto del microbiota intestinale sul fenotipo PCOS nell’ospite, feci provenienti sia da donatrici sane sia da pazienti affette da PCOS sono state trapiantate nei topi attraverso somministrazione orale. Dal confronto dei due gruppi di topi, è emerso che:

  • i topi trapiantati con feci appartenenti a pazienti PCOS mostrano resistenza all’insulina
  • le ovaie dei topi trapiantati con feci provenienti da donatrici sane contengono follicoli a diversi stadi di sviluppo e presentano un numero di corpi lutei normale
  • le ovaie dei topi trapiantati con feci appartenenti a pazienti PCOS mostrano un maggior numero di follicoli simili a cisti e pochi corpi lutei; inoltre, i livelli di testosterone e ormone luteinizzante risultano elevati
  • il numero di cuccioli nati dai topi trapiantati con feci provenienti da pazienti con PCOS è minore se paragonato a quello dell’altro gruppo.

Allo scopo di definire il ruolo di B. vulgatus nella patogenesi del fenotipo PCOS, il batterio vivo oppure inattivato con il calore (controllo) è stato somministrato a topi wild-type. Inoltre, un modello di topo PCOS, ottenuto in seguito al trattamento con DHEA (deidroepiandrosterone), è stato utilizzato per valutare l’influenza del batterio B. vulgatus nella patogenesi della PCOS. Dai risultati ottenuti è emerso che la somministrazione orale del batterio induce resistenza all’insulina e altera il ciclo estrale, la morfologia ovarica e il profilo ormonale. Questi dati indicano quindi che il microbiota intestinale di donne affette da PCOS arricchito in B. vulgatus è in grado di modulare la resistenza all’insulina e la disfunzione ovarica in un modello murino di PCOS.

Per valutare se il microbiota intestinale e i suoi metaboliti possano contribuire all’omeostasi del glucosio influenzando il sistema immunitario, i ricercatori hanno effettuato uno screening degli acidi biliari intestinali e delle cellule immunitarie. I livelli di acidi biliari sono risultati drasticamente diminuiti, così come i livelli di interleuchine prodotte dalle cellule del sistema immunitario, in particolare IL-22. Per questo motivo, gli autori hanno deciso di analizzare gli effetti di IL-22 e di GDCA sul metabolismo del glucosio e sulla funzionalità ovarica nei topi PCOS. La somministrazione di IL-22 o di GDCA a topi trattati con B. vulgatus è risultata associata a una riduzione della resistenza all’insulina e al ripristino del ciclo estrale, della morfologia ovarica, dei livelli ormonali e del numero di cuccioli. Quindi, allo scopo di capire se l’effetto della IL-22 sia preventivo nei confronti della PCOS in topi trattati con B. vulgatus, la somministrazione di IL-22 è stata iniziata contemporaneamente al trattamento con B. vulgatus. Dai risultati ottenuti è emerso che IL-22 migliora la resistenza all’insulina e lo stato di infertilità in modelli murini di PCOS.

Indagini effettuate, poi, su linee cellulari coltivate in vitro hanno dimostrato che gli acidi biliari sono coinvolti nella produzione di IL-22, influenzando funzionalità ovarica e sensibilità all’insulina nella PCOS. Inoltre, gli acidi biliari sembrano aumentare anche l’espressione di GATA3, proteina fondamentale per l’omeostasi. Il trattamento con triamterene, antagonista di TGR5, una proteina-G associata ai recettori dell’acido biliare, blocca infatti l’espressione di GATA3 in topi trattati con GDCA; verifiche successive hanno rivelato che lo stesso succede in topi trattati con feci derivanti da pazienti con PCOS o da pazienti trattate con B. vulgatus. Perciò, anche il pathway di GATA3 risulta coinvolto nella regolazione della produzione di IL-22 mediata da acidi biliari.

Un altro evento chiave nella patogenesi della PCOS è l’infiammazione. La somministrazione di IL-22 diminuisce lo stato infiammatorio, portando a un miglioramento sia della resistenza all’insulina sia delle disfunzioni ovariche.

In conclusione, dunque, la modificazione del microbiota intestinale, del metabolismo degli acidi biliari e/o un aumento dei livelli di IL-22 potrebbero essere rilevanti per il trattamento della PCOS.

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