Le donne con un’esperienza di parto pretermine presentano sia una maggiore biodiversità sia un numero di specie all’interno di un singolo ecosistema microbico più elevato, caratterizzato tra l’altro da un’alta presenza di Mollicutes. È quanto dimostra lo studio di Aline C. Freitas e colleghi, di recente pubblicazione sulla rivista Microbiome.
Neonati prematuri e microbioma
Si definisce un parto “pretermine” quando la durata di gestazione è inferiore alla 37° settimana completa di gravidanza.
I nati pretermine, circa l’11% dei bambini in tutto il mondo, oltre a incorrere nella possibilità di varie complicazioni subito dopo la nascita, presentano un maggior rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, disturbi respiratori o del neuro-sviluppo in età adolescenziale e adulta.
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Andare perciò a determinarne le cause o i fattori di rischio è quanto mai indispensabile per prevenirne l’occorrenza e salvaguardare la salute del nuovo nato anche in un futuro.
Sebbene ci sia ancora molta incertezza a riguardo, tra gli agenti eziologici ad oggi riconosciuti per un parto pretermine troviamo ad esempio l’elevata età della madre, un ridotto BMI, l’uso di sostanze d’abuso o alcol, il fumo o una gestazione gemellare.
Anche le infezioni batteriche intrauterine sembrerebbero essere coinvolte, come dimostrato da un numero sempre maggiore di studi.
La fisiologia del microbiota vaginale è generalmente determinata in base all’indice Nugent che vede la predominanza delle specie di Lactobacillus in condizioni “normali” mentre un incremento di batteri anaerobi come Gardnella vaginalis, Prevotella spp., Bacteroides spp. Mobiluncus spp. e Mycoplasma hominis in situazioni “anormali”.
Un microbiota definito “anormale” secondo questi criteri è stato associato da precedenti ricerche al parto pretermine nonostante siano evidenze ancora poco conclusive e in numero esiguo.
Attraverso questo studio dunque, i ricercatori della University of Saskatchewan, a Saskatoon, in Canada, hanno voluto approfondire la questione andando a verificare se ci fossero differenze in termini di composizione batterica vaginale tra donne con un’esperienza di parto pretermine (n=46) e altre che hanno invece portato a termine la gestazione (n=170).
Per fare ciò è stato caratterizzato il microbioma vaginale di donne che hanno avuto l’esperienza del parto pretermine (n=46) andandolo poi a confrontare con quello di donne che, al contrario, hanno portato a termine la gestazione (n=170). I campioni sono stati collezionati tra l’undicesima e la sedicesima settimana di gestazione e analizzati tramite PCR e sequenziamento del DNA.
I 7 cluster del microbioma vaginale
Dall’analisi gerarchica è emerso come sia possibile suddividere il microbiota vaginale in 7 comunità batteriche o “community state types” (CST), ognuna delle quali dominata da una particolare specie. Nel dettaglio:
- CST I: Lactobacillus crispatus
- CST II: Lactobacillus gasseri
- CST III: Lactobacillus iners
- CST IVA: Gardnerella vaginalis sottogruppo B
- CST IVC: G. vaginalis sottogruppo A
- CST IVD: G. vaginalis sottogruppo C
- CST V: Lactobacillus jensenii
Tra tutti, il gruppo CST IVA si è presentato come il più eterogeneo comprendendo Lactobacillus delbrueckii, Bifidobacterium dentium, Bifidobacterium infantis, Atopobium vaginae, Bifidobacterium breve.
Complessivamente però l’appartenenza a un determinato cluster non è risultata associata all’età gestazionale alla nascita.
Microbiota vaginale: maggiore biodiversità con parto pretermine
In base ai valori di alpha diversity è stato dimostrato come le madri con esperienza di parto pretermine abbiano una maggiore biodiversità e ricchezza batterica rispetto alla controparte oltre che una carica batterica più elevata.
Per andare a determinare l’eventuale correlazione tra uno specifico taxa e l’anticipazione del parto è stata valutata l’abbondanza e la prevalenza di ogni specie.
- Un totale di 8 OTUs/specie sono risultati più espressi nel gruppo di donne con parto a termine sebbene caratterizzati tutti da specie rare. Ad esempio, L. acidophilus ha presentato una concentrazione pari all’1.98% nelle donne a termine vs uno 0.18% delle pretermine.
- 60 taxa hanno riportato differenze in termini di prevalenza (presenza/assenza) tra i due gruppi, 11 più espressi nella coorte delle donne con parto a termine e 49 nell’altro gruppo. Tra questi, Bifidobacterium infantis ha presentato una prevalenza due volte maggiore nel primo gruppo mentre Prevotella timonensis di 1.58 volte nel secondo, cioè le pretermine.
- Mollicutes e Ureaplasma sono risultati i ceppi maggiormente caratterizzanti il profilo microbico delle donne con parto prematuro risultando presenti rispettivamente nel 60% e nel 30% dei campioni analizzati. Molto più rara è invece la loro presenza nel materiale raccolto dalle donne con gestazione completa.
In conclusione, questo studio dimostra come ci siano effettive differenze in termini di ricchezza e diversità batterica tra donne con esperienza di parto prematuro e altre con parto a termine andando a sostenere inoltre, in linea con precedenti ricerche, l’associazione tra Mollicutes e parto pretermine non riuscendo tuttavia ad identificare alcuna struttura batterica specifica (CST).
Ulteriori studi sono perciò necessari al fine di valutare se la produzione di determinati metaboliti batterici e la conseguente risposta dell’ospite possano essere annoverati o meno tra i fattori di rischio del parto pretermine.