Diversi livelli plasmatici di proteine di legame per lipopolisaccaridi (LBP) influenzano la composizione del microbioma intestinale di donne in pre-menopausa. E maggiore è la concentrazione di LBP, più alto è il grado di infiammazione.
È quanto dimostrato dallo studio condotto da Jessica S. Citronberg e colleghi, di recente pubblicazione su The ISME Journal.
I lipopolissacaridi (LPS), oltre a essere componenti strutturali della parete batterica dei Gram-negativi, sono da poco stati identificati come fattori correlati allo stato di obesità anche in presenza di bassi livelli di infiammazione.
La proteina di legame LBP, prodotta dal fegato in misura direttamente proporzionale alla quantità di LPS circolante, si occupa del loro trasporto e della loro associazione da singoli monomeri al complesso CD14.
Si innesca dunque una risposta infiammatoria mediata da Toll-like receptor 4 e dall’aumento di proteina C reattiva (CRP), prodotta in risposta a LPS.
Recenti studi hanno dimostrato che le LBP sono associate a una dieta ricca in grassi e alla condizione di obesità e che i suoi livelli variano a seconda della distribuzione del microbioma intestinale e del tessuto adiposo.
Fino a questo studio, tuttavia, l’interconnessione tra microbioma, LBP e infiammazione non è stata ancora approfondita.
A questo proposito, i ricercatori americani dell’University of Washington e del Fred Hutchinson Cancer Research Center, a Seattle, hanno voluto verificare se la componente batterica si modifichi in base a diverse concentrazioni di LBP, se siano presenti specifici generi associati a queste variazioni e, da ultimo, se i generi in questione siano anche correlati al processo infiammatorio attraverso la registrazione dei livelli di CRP.
Sono stati perciò collezionati ed esaminati campioni fecali ed ematici di 110 donne in pre-menopausa. Per determinare il contributo della dieta è stato inoltre richiesto di compilare un questionario relativo alle assunzioni alimentari degli ultimi 3 giorni.
In base alle analisi dei livelli di LPB, i soggetti inclusi sono stati suddivisi in 3 gruppi:
- LPB basse o “terzile 1” (0-14.9 µg/ml, n=36);
- LBP intermedie o “terzile 2” (15.0-22.1 µg/ml, n=37);
- LBP alte o “terzile 3” (22.4-94.7 µg/ml n=37).
Obesità: i risultati dello studio su lipopolisaccaridi e microbiota intestinale
I livelli di CRP sono risultati statisticamente differenti tra tutti i gruppi, registrando i valori massimi in corrispondenza di LBP alte.
Sempre in questo gruppo, le abitudini alimentari raccolte evidenziano un maggior introito di grassi oltre che la più alta percentuale di massa grassa, nonostante non sia stata raggiunta la significatività statistica.
I Firmicutes, il phyla batterico complessivamente più espresso, ha riportato una tendenziale diminuzione in termini di contrazione parallela all’aumento delle LBP, andamento contrario ai Bacteroidetes.
L’abbondanza relativa di Actinobacteria è inoltre risultata notevolmente differente nei 3 gruppi mentre, solo rispetto al terzo, è stata notata una discrepanza nell’espressione di geni imputati alla sintesi di LPS.
Anche la beta diversity è risultata in generale variata, sebbene in maniera significativa solo in base all’analisi Unifrac non ponderata.
Considerando invece l’indicatore per l’analisi delle specie (ISA), i ricercatori hanno identificato 16 OTUs associabili con LBP, 14 dei quali marcatori di bassi livelli di LBP mentre i restanti 2 di quelli elevati. Tra i più significativi per i bassi livelli troviamo Christensenellaceae e una specie non classificata di Rominococcaceae mentre Bacteroidetes per quelli alti.
Infine, dall’analisi di associazione tra batteri e CRP, è emerso ancora una volta come i Bacteroidetes siano correlati a livelli di CPR >1mg/L nel terzo gruppo. Di contro, alte concentrazioni di Phascolarctobacterium si sono dimostrati collegati a CPR</= 1mg/L.
Complessivamente, dai risultati di questo studio preliminare possiamo perciò affermare come la composizione del microbioma intestinale e l’espressione di particolari geni sia influenzata dai livelli di LBP circolanti.
L’associazione tra LBP e obesità potrebbe quindi essere in parte spiegata con le alterazioni batteriche indotte e dal conseguente aumento di infiammazione confermato dai crescenti livelli di CRP in risposta alla produzione di LPS.
Lo studio, a detta degli stessi autori presenta tuttavia alcune limitazioni tra le quali il ridotto campione, la mancata misurazione nel tempo e quella delle analisi di metagenomica.
Sono dunque necessari ulteriori studi prospettici al fine di stabilire una relazione temporale tra LBP e cambio di microbiota oltre che per andare ad approfondire il contributo della dieta in questo ambito di ricerca.