Il microbiota del tratto riproduttivo non soltanto influenza il benessere locale, ma sembrerebbe agire anche sulle dinamiche sessuali dell’ospite, modulandone il processo riproduttivo ed evolutivo. Le ricerche in questo campo sono però in fase iniziale e saranno necessari ulteriori approfondimenti.
Lo affermano Melissah Rowh e colleghi della University of Oslo (Norvegia) in una revisione sistematica pubblicata di recente su Trends in Ecology & Evolution.
Microbiota dell’apparato riproduttivo
Rispetto al microbiota intestinale, gli studi su quello del tratto riproduttivo, femminile e maschile, sono ancora scarsi e talvolta dai risultati contrastanti. Come dimostra questa revisione, ancora meno si sa della tematica dal punto di vista ecologico-evoluzionistico.
Riassumiamo quindi gli aspetti fondamentali trattati dai ricercatori, concentrandoci in particolare sull’uomo.
Il microbiota del tratto riproduttivo influenza l’efficacia riproduttiva e, in generale, la salute sessuale dell’ospite.
Per l’uomo (maschio), per esempio, l’esposizione a Escherichia coli riduce la motilità degli spermatozoi mediante agglutinazione e danni al DNA. Inoltre, Lactobacillus e Gardnerella sono associati a uno sperma di “buona qualità”, Prevotella e Bordetella a uno con scarsa vitalità.
Gli effetti di certi batteri sulla funzionalità spermatica possono però essere anche indiretti. Il rilascio di metaboliti o proteine attive (per esempio batteriocine) possono infatti:
- ridurne la funzionalità agendo sui macrofagi
- incrementare la produzione di specie radicaliche dell’ossigeno (ROS)
- stimolare la produzione di anticorpi anti-spermatozoi, con conseguente rischio di infertilità, anche transitoria.
I termini del rapporto causa-effetto devono tuttavia essere ancora approfonditi.
Nella donna invece, la presenza di Lactobacillus spp. nei follicoli ovarici e nell’endometrio sembrerebbe correlata a una maggiore probabilità di fecondazione naturale o assistita, ridotta invece da Propionibacterium e Streptococcus spp.
Il decorso della gravidanza è risultato inoltre influenzato anche dal microbiota placentare e del liquido amniotico, un tempo considerati ambienti sterili.
Come si formi e si mantenga il microbiota del tratto riproduttivo è però ancora poco chiaro, nonostante siano note la sua elevata complessità e l’inter- e intra-variabilità.
Età, etnia, fase del ciclo mestruale e gravidanza sono tra i fattori che maggiormente incidono sulla sua composizione nelle donne. Meno noti sono invece quelli per l’uomo, benché sia stata dimostrata una maggiore ricchezza e diversità batterica nel liquido seminale, soprattutto degli uomini non fertili, rispetto all’ambiente vaginale. Il microbiota vaginale è infatti principalmente colonizzato da Lactobacillus spp., che promuove le difese immunitarie, la formazione di un biofilm e la produzione di sostanze antimicrobiche, ostacolando così l’invasione di patogeni. Uno stato di disbiosi sembrerebbe invece aumentare il rischio di infezioni, patologie infiammatorie locali, infertilità, parti pretermine e, nei casi più gravi, tumori ginecologici. Se la disbiosi si verifica o permane durante la gravidanza i suoi effetti negativi possono ripercuotersi sul microbiota del nascituro, data la sua esposizione all’ambiente intrauterino e vaginale durante la nascita.
A influenzare significativamente la variabilità del microbiota è l’attività sessuale. Nei rapporti monogami, infatti, la diversità/ricchezza batterica individuale è relativamente contenuta, mentre è più elevata la similarità con la popolazione microbica del partner. La situazione si inverte quando entrano in scena più “attori”, ossia nelle relazioni poligame. In questi casi l’intra-diversità è elevata, soprattutto nelle donne, mentre sono ridotte le analogie in termini di composizione con i partner.
Anche la “tolleranza” reciproca dei due ecosistemi ha un ruolo importante, soprattutto sull’aspetto riproduttivo. Il mix di specie batteriche (e non) tra i partner è infatti non prevedibile e, talvolta, non positivo per la salute dei ceppi commensali, soprattutto della donna in quanto più esposta a infezioni. Inoltre, in seguito al contatto con il microbiota dell’eiaculato, la risposta immunitaria della donna può comportare la produzione di anticorpi.
Di contro, la presenza di certi taxa nel microbiota vaginale può comportare l’agglutinazione degli spermatozoi, con conseguente diminuzione della loro capacità fecondativa, come dimostrato da uno studio in vitro condotto su Staphylococcus warneri isolato dalla cervice di una donna considerata non fertile.
In conclusione, dunque, seppur siano limitate, le attuali evidenze sottolineano come sia importante capire sia la struttura sia la funzionalità e le interconnessioni della comunità batterica del tratto riproduttivo maschile e femminile. Considerando però le molte questioni aperte, ulteriori approfondimenti, soprattutto sull’uomo, sono necessari.