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Virus Chikungunya: la risposta immunitaria dipende dal microbiota intestinale

Il microbioma intestinale sembra contrastare l’infezione da Chikungunya virus. Lo afferma uno studio USA recentemente pubblicato su Cell.
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In questo articolo

Stato dell’arte
Il Chikungunya virus (CHIKV), un alphavirus, ha infettato milioni di persone. I fattori che modulano la malattia rimangono però ancora poco chiari.

Cosa aggiunge questo studio
Scopo dello studio è indagare il ruolo del microbioma intestinale e dei relativi metaboliti nella modulazione della risposta immunitaria in seguito a infezione in modelli murini.

Conclusioni
Cooperando tra loro i batteri intestinali modulano l’immunità antivirale e i livelli circolanti del virus influenzando virulenza e trasmissione.


Il microbioma intestinale, in particolare la presenza di Clostridium spp., sembra contrastare l’infezione da Chikungunya virus (alphavirus) e la sua trasmissione modulando l’immunità antivirale attraverso l’asse di segnalazione acidi biliari, cellule dendritiche e interferone.

Lo dimostra lo studio di Emma S. Winkler e colleghi della Washington University School of Medicine (USA), di recente pubblicazione su Cell.

Virus Chikungunya e risposta immunitaria

Il Chikungunya virus (CHIKV) è un alphavirus trasmessoci dalle zanzare che ha infettato milioni di persone e per il quale non ci sono ancora trattamenti efficaci. Si manifesta con febbre, dolore muscoloscheletrico, infiammazione che dura anche mesi o anni.

La risposta immunitaria innata controlla le prime fasi dell’infezione. Nonostante sia stato dimostrato il coinvolgimento di mediatori come interferone di tipo 1 (IFN) o cellule dentriche plasmacitoidi (pDCs), i precisi meccanismi rimangono però da chiarire.

Scopo dello studio è stato quindi quello di approfondire questo aspetto focalizzandosi sul ruolo del microbiota intestinale considerando la sua dimostrata azione di regolazione del sistema immunitario in diverse situazioni.

Per farlo, i ricercatori hanno inoculato CHIKV in modelli murini trattati con antibiotici, germ-free o sottoposti a trapianto di microbioma fecale confrontando poi la risposta all’infezione e la trasmissibilità monitorando parametri virali ed ematici. Di seguito i principali risultati di questo ampio studio.

Microbiota intestinale essenziale nel decorso dell’infezione

La deplezione del microbioma intestinale ha dimostrato di aumentare lo sviluppo sistemico dell’infezione. Rispetto ai wild-type infatti, i modelli trattati con antibiotici (ampicillina e vancomicina) e, di conseguenza, con disbiosi intestinale hanno registrato una carica virale maggiore nel siero, milza e sito d’iniezione (arto inferiore).

Il ripristino dell’equilibrio batterico mediante trapianto di microbioma fecale ha di contro migliorato la situazione clinica e virale (contenuto di RNA virale) confermando il coinvolgimento batterico nel decorso dell’infezione.

Considerando poi la carica virale nella milza, la disseminazione dell’infezione sembrerebbe essere mediata dalle cellule mieloidi. Infatti, la presenza di RNA virale si è mostrata estremamente maggiore rispetto alle altre cellule plasmatiche soprattutto se confrontate con modelli non trattati con antibiotici (125 e 13 volte rispettivamente per cellule mieloidi e altre cellule).

Analizzando ulteriormente i parametri immunitari, i monociti circolanti (Ly6Chi) del gruppo trattato con antibiotici o germ-free sono risultati più “permessivi” nei confronti del CHIKV ai primi stadi dell’infezione rispetto ai controlli in maniera proporzionale alla compromissione batterica.

Ma in che modo il microbioma influenza la suscettibilità dei monociti all’infezione? Sembrerebbe attraverso i geni di stimolazione dell’interferone (ISG). In risposta all’infezione infatti, i livelli di IFN hanno registrato, nel gruppo controllo, un significativo aumento.

L’espressione di ISG ha di contro mostrato un decremento nei monociti e pDC del gruppo germ-free o post-antibiotico rispetto ai wild-type, più resistenti all’infezione. La resistenza è stata invece acquisita in seguito a trasferimento di monociti (CCR2+GFP+) da donatori wild-type o con stimolatori di IFN esogeni (TLR7-9).

Non solo IFN. La viremia sembrerebbe dipendere, seppur in misura minore, anche dall’espressione di STAT1 in cellule mieloidi LysM+, monociti inclusi.

Trasmissione del virus

Il microbioma sembrerebbe poi influenzare anche la trasmissibilità del virus. Come? Regolando l’attività del gene MyD88 (anch’esso implicato nella produzione di IFN) presente nelle pDC, significativamente più espresso nei modelli con compromissione batterica e dalla registrata maggiore trasmissibilità virale.

Visto il ruolo del microbioma nello sviluppo e contagio, è quindi possibile manipolarlo in maniera da controllare l’infezione?

Sembrerebbe di sì. Tra tutti i taxa testati, la colonizzazione con Clostridium spp., C. scindens, in particolare ha mostrato di contrastare efficacemente l’infezione da CHIKV regolando proprio la segnalazione di MyD88. Ridotta è inoltre risultata la trasmissione.

Un supporto nel controllare l’infezione è poi stato dimostrato da metaboliti batterici, gli acidi biliari secondari come acido deossicolico e litocolico, in grado di promuovere la produzione sistemica di IFN 1.

I modelli wild-type (più resistenti all’infezione) ne hanno infatti dimostrato maggiori livelli in maniera fisiologica. La loro somministrazione per via esogena nei gruppi con disbiosi ha ugualmente aumentato le loro difese supportandone i benefici nel controllo dell’infezione.

Conclusioni

Per riassumere quindi:

  • Un microbioma intestinale alterato predispone all’infezione e trasmissione di alphavirus per una diminuita produzione di IFN da parte di monociti e pDC
  • La colonizzazione con C. scindens sembrerebbe ripristinare l’immunità virale in presenza di disbiosi
  • Un aiuto al controllo dell’infezione è stato dimostrato anche da acidi biliari secondari anche per via esogena

Trattandosi tuttavia di dati preliminari, ulteriori approfondimenti sull’uomo sono necessari.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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