Adenoma e tumore al colon retto differiscono non solo in termini di caratteristiche cliniche, ma anche rispetto ai microrganismi presenti nel microbiota intestinale.
Mentre le analisi batteriologiche standard non riescono a distinguere tra le due patologie, con un approccio di metagenomica mirato a valutare il polimorfismo a singolo nucleotide (SNP), si potrebbe raggiungere un’accuratezza di diagnosi maggiore aprendo le porte a potenziali nuove metodologie di screening per tumore al colon retto.
È quanto conclude lo studio di Shuwen Han e colleghi della Zhejiang University School of Medicine (Cina), di recente pubblicato su Microbiology Spectrum.
Tumore al colon e microbiota intestinale
L’incidenza del tumore al colon retto (CRC) negli ultimi anni si aggira attorno al 10% con una mortalità del 9% circa.
Prima del carcinoma al colon, si sviluppa una lesione precancerosa, che va sotto il nome di adenoma (AA), la cui diagnosi, se posta in tempo, può ridurre l’incidenza e la mortalità per cancro colorettale.
Nonostante siano molti gli studi che dimostrano come entrambe le lesioni siano strettamente correlate al microbiota intestinale, la loro patogenesi rimane ancora poco chiara.
Differenze in termini di presenza di microrganismi sono già state dimostrate con analisi batteriologiche standard, seppur non sempre con risultati concordi e/o significativi. Fusobacterium e Bacillus fragilis, ad esempio, caratterizzano pazienti con AA, Parvimonas, Gemella e Leptotrichia quelli con CRC.
Alla ricerca di biomarker
Scopo di questo lavoro è stato quindi quello di identificare un più adeguato approccio per identificare target specifici per uno o l’altro stato, andando a considerare eventuali alterazioni di composizione e/o abbondanza batterica, correlazione con la popolazione virale o variazioni genetiche.
Di seguito un riassunto di quanto emerso dal confronto di pazienti con AA (n=26) o CRC (n=26).
Partendo da una caratterizzazione di base dei due gruppi si è visto come la composizione del microbiota differisca sotto diversi aspetti. Infatti:
- tra gli archea, si è, ad esempio, registrato un incremento di Methanosarcina nei pazienti con CRC contrapposto a una diminuzione di Methanobrevibacter
- tra la popolazione batterica invece, oltre 50 sono i diversi tipi di ceppi identificati, 5 dei quali (Shigella, Escherichia, Bacteroides, Klebsiella e Achromobacter) comuni a tutti i soggetti. L’abbondanza di Shigella si è mostrata tuttavia maggiore nei pazienti con CRC
- ricca anche la popolazione fungina con altre 30 diverse tipologie. Tra queste, Saccharomyces, Aspergillus, Candida, Alternaria e Trichosporon le più espresse. Anche in questo caso, Aspergillus ha registrato una maggiore abbondanza nel gruppo CRC
- passando alla componente virale, circa 30 specie sono state identificate in entrambi i gruppi con Podoviridae, Siphoviridae, Myoviridae, Peduovirus e Punavirus tra le principali. Pazienti con CRC hanno mostrato una sovraespressione di Siphoviridae
Passando quindi a un’analisi più dettagliata, sono emerse ulteriori differenze in termini di microrganismi. Tra queste:
- i virus Alphacoronavirus e Sinsheimervirus hanno mostrato un up-regolazione nei pazienti CRC, Gammaretrovirus in Artverviricota nella controparte
- 16 archea hanno mostrato alterazioni tra i gruppi. Tra questi, Methanomicrobia e Halobacteria sono risultati incrementati in CRC, includendo Methanosarcina, Methanoculleus e Methanolacinia come generi di Methanomicrobia e Halolamina tra gli Halobacteria
- differenze tra i gruppi anche per 54 batteri. Incremento nei pazienti AA per Firmicutes a livello di phylum e Clostridia, Blautia, Clostridium,e Ruminococcus come generi. Di contro, Acidihalobacter e Kushneria sono risultati maggiormente espressi nel gruppo CRC
Identificazione e quantificazione di microorganismi hanno dato seguito ad analisi di correlazione. In particolare:
- relazionando il microbioma di CRC e AA a livello di phylum, la funzionalità di Pisuviricota nel gruppo CRC sembrerebbe ad esempio avere un legame con il sistema sensoriale, Proteobacteria hanno mostrato invece correlazione negativa in entrambi i gruppi con il sistema immunitario. Passando a livello di genere, Christensenella, Angelakisella, Pseudobutyrivibrio, Roseburia, e Lachnobacterium sono risultati positivamente associati a pathways di replicazione di DNA, ribosomi, metabolismo del glutatione e glicerofosfolipidi
- associazioni anche inter-specie, tra popolazione batterica e virale, e con l’ospite stesso. CRESS virus sp., Circoviridae sp., e Lake Sarah2-12 sono in generale risultati maggiormente correlati al gruppo AA, Cellulophaga phage phi47:1 e Avian coronavirus con CRC. Burkholderia virus BcepC6B, Mus musculus mobilized endogenous polytropic provirus, Staphylococcus phage SPbeta-like, Staphylococcus phage, YMC-2011,e Staphylococcus virus Sfj19 hanno invece mostrato associazioni positive con molteplici ceppi batterici. Nessuna differenza tuttavia in termini di diversità batterica o virale quando si considera la progressione di malattia.
Ma quale è la migliore strategia per individuare e/o distinguere un casi di adenoma o tumore al colon retto? Nonostante le varie correlazioni tra microrganismi e le condizioni cliniche, non è stato possibile identificare marcatori univoci e significativi.
I ricercatori hanno quindi esplorato il mondo delle alterazioni genetiche in termini di SNP (polimorfismo a singolo nucleotide) andando a selezionare i 30 generi o specie batteriche con il maggior numero di SNP.
Mappando questi SNP si è ottenuta infatti una migliore stabilità temporale oltre che accuratezza nella predizione di diagnosi di CRC con valori di sensitività e specificità del 86,67% e 100% rispettivamente vs un 82,76% e 91,30% nel caso di modelli predittivi basati sulla popolazione virale.
Conclusioni
Per riassumere quindi, nonostante ci siano differenze nel profilo del microbiota tra adenoma e tumore al colon retto, basare su queste una predizione di diagnosi non sembrerebbe essere il metodo più robusto.
Monitorare le alterazioni genetiche (SNP) è risultato un approccio più accurato suggerendo la possibilità, in seguito a studi con un maggior numero di pazienti per confermare tali risultati, di implementare lo screening di SNP in un contesto di prevenzione.