Dall’analisi del microbiota delle urine e da quello prostatico potrebbero vedere la luce nuovi biomarker per la prognosi del tumore alla prostata. Lo rivela uno studio pubblicato su European Urology Oncology dal gruppo di ricerca coordinato da Colin Cooper del Norwich Medical School, University of East Anglia, in Gran Bretagna.
Tumore alla prostata e microbiota
Il cancro alla prostata è uno tra i tumori più frequenti tra i maschi dei paesi sviluppati con oltre 250.000 morti ogni anno nel mondo.
Un campo che sta suscitando molto interesse è l’identificazione di nuovi biomarcatori nell’urina che possano aiutare ad identificare le forme più aggressive di tumore alla prostata. Ad oggi, vengono utilizzati a questo scopo i profili di metilazione o l’espressione di particolari geni come PCA3 e varie combinazioni alleliche di suscettibilità.
Sia l’assetto genetico sia l’etnia giocano un ruolo importante nell’eziopatogenesi del tumore prostatico ma, resta da capire se microrganismi, al pari dell’Helicobacter pylori nel cancro gastrico, sono coinvolti nella trasformazione e progressione tumorale per la prostata.
Molteplici batteri sono presenti nel tratto urogenitale maschile così come nella prostata e alcuni di essi, isolati da tumori alla prostata, sono in grado di sostenere e promuovere fenomeni infiammatori in modelli animali.
Inoltre, studi precedenti hanno mostrato come le popolazioni microbiche presenti in tessuto prostatico sano e in quello tumorale (secondo vari livelli di gravità in base alla Gleson scale) sono differenti così come quelli isolati dalle corrispondenti urine.
Nel microbioma un fattore di rischio?
L’analisi iniziale del sedimento urinario ha evidenziato la presenza di DNA batterico nel 50% dei campioni considerati.
Per approfondire, ulteriori campioni di urina di 300 persone con cancro alla prostata e di 18 persone con ematuria sono stati analizzati.
È stata notata una significativa associazione statistica tra la presenza di batteri ed il rischio di cancro alla prostata, confermata anche dalle associazioni con biomarcatori come PSA, stadio clinico e scala di Gleason.
Il sequenziamento del gene per la subunità ribosomiale 16S effettuato sul sedimento urinario di 46 maschi, 24 dei quali con diagnosi di cancro prostatico, ha consentito di identificare un totale di 1.614 unità tassonomiche operative (OTUs), molte delle quali non ben classificate, suggerendo che questo tipo di campione biologico contenga nuove specie batteriche.
Grazie a protocolli di colture batteriche per anaerobi, è stato possibile identificare 39 batteri sia dal sedimento urinario che dal tessuto maligno prostatico.
Appartengono ai phyla Firmicutes, classe Clostridia, genere Peptoniphilus, Fenolaria e Anaerococcus. Da tre campioni di sedimento urinario sono stati isolati sedici tipi di Propionimcrobium lymphophilim. Inoltre, le secrezioni prostatiche hanno evidenziato la presenza di Porphyromonas, Staphylococcus, Streptococcus e Cutibacterium. In più, l’analisi filogenetica ad alta risoluzione ha evidenziato quattro nuove specie dei phyla Firmicutes (Fenollaria sposofastidious e Peptoniphilus rachelemmaiella) Actinobacteria (Varibaculum prostatecancerukia) e Bacteroidetes (Porphyromonas bobii).
I dati ottenuti dal sequenziamento del gene 16S da sedimenti urinari ha consentito di evidenziare cinque generi di batteri anaerobi stretti strettamente collegati al rischio di tumori prostatici aggressivi o metastatici: Fenollaria, Peptoniphilus, Anaerococcus, Porphyromonas e Fusobacterium. Essi sono stati chiamati “Anaerobic Bacteria Biomarker set – ABBS”.
Conclusioni
I risultati descritti sottolineano l’importanza delle comunità batteriche presenti nell’urina e nel tessuto prostatico come potenziali biomarcatori prognostici nell’insorgenza e nella progressione del cancro alla prostata.