La dieta occidentale, ricca in grassi e povera di fibre, ha dimostrato di aumentare il rischio di recidiva di tumore al colon-retto anche in pazienti sottoposti a resezione del tratto interessato dalla neoplasia.
L’azione della dieta sembrerebbe mediata dalla presenza di batteri in grado di produrre collagenasi, che risultano aumentati in sede di anastomosi in modelli murini sottoposti a questa tipologia di alimentazione rispetto a una dieta standard. Approfondire il profilo batterico dei pazienti potrebbe quindi aiutare a diminuire il rischio di recidiva.
È quanto dimostra lo studio di Sara Gaines e colleghi della University of Chicago, di recente pubblicazione su Gastroenterology.
Resezione chirurgica e recidiva tumorale
L’incidenza di tumore al colon-retto è tuttora elevata e con prognosi non sempre positiva. Inoltre, il 25% dei pazienti va incontro a recidiva anche dopo resezione del tratto interessato dalla neoplasia. Dopo anastomosi (cioè il ricongiungimento intestinale dopo la resezione) alcune cellule cancerose rimaste potrebbero provocare una recidiva nonostante la presunta impermeabilità del ricongiungimento.
Un fattore di rischio sembrerebbe essere la dieta occidentale, seppur con meccanismi ancora non del tutto chiari. A questo proposito un gruppo di ricercatori si è concentrato sul profilo batterico di modelli murini alimentati con dieta occidentale o standard per 4 settimane, sottoposti a terapia antibiotica mirata (clindamicina per via orale, cefoxitin intramuscolo) e al contatto con E. Faecalis e cellule cancerose e, infine, a resezione del colon-retto per mimare quanto più possibile le condizioni cliniche dei pazienti. Di seguito i principali risultati.
Dieta occidentale e rischio di nuove neoplasie
La formazione di tumore extra-mucosale è stata osservata del 67% degli esemplari in dieta occidentale (8 su 12) rispetto al 10% della controparte (1 su 10), quota incrementata ulteriormente in seguito a esposizione a E. Faecalis (88% vs 30%).
Di contro, in sede mucosale nessuna massa tumorale è stata osservata in entrambi i gruppi. Aggregati di E. Faecalis sono stati tuttavia ritrovati in sede anastomotica.
Confrontando poi il profilo batterico generale è stato osservato che:
- il gruppo in dieta occidentale ha registrato, rispetto alla controparte, un significativo incremento di Proteus Akkermansia e Trabulsiella, e un decremento di Bacteroides, Roseburia e Ruminococcus
- l’esposizione a E. Faecalis ha comportato un aumento dell’abbondanza relativa di Proteus, Enterococcus, Trabulsiella, Akkermansia e Clostridium, e una diminuzione di Roseburia.
Precedenti studi condotti dallo stesso gruppo di ricercatori hanno evidenziato come P. mirabilis ed E. faecalis siano in grado di esprimere geni per la collagenasi, un enzima in grado di degradare il tessuto anastomotico permettendo quindi l’invasione delle cellule cancerose ancora in circolo dopo l´intervento e determinando così una recidiva.
È stata quindi valutata l’attività delle collagenasi di tali ceppi nei campioni prelevati da entrambi i gruppi, dimostrando che:
- nel gruppo in dieta occidentale, la concentrazione di P. mirabilis ed E. faecalis è maggiore di circa 3 volte rispetto alla controparte
- la densità di batteri con attività collagenasica ha mostrato correlazione positiva con la formazione tumorale.
La terapia antibiotica con vancomicina per eliminare tali ceppi non ha però bloccato del tutto lo sviluppo tumorale, ma di contro è stata registrata una significativa alterazione nella struttura batterica. Sono stati infatti osservati nel gruppo trattato con vancomicina una notevole diminuzione di Bacteroides, Clostridium, Dorea, Akkermansia e Parabacteroides e un aumento di Sutterella e Proteus.
Risultati simili anche con la combinazione di antibiotici a più ampio spettro.
Si è quindi puntato sulla collagenasi, utilizzando Pi-PEG, un copolimero in grado di inibirne l’attività. Rispetto ai controlli, i modelli a cui è stato somministrato questo inibitore hanno dimostrato:
- profilo batterico generalmente inalterato seppur con una minor espressione di E. faecalis e P. mirabilis
- minor attività di C. parapsilosis nel degradare il collagene 1 e 4.
Conclusioni
L’interessamento batterico sembrerebbe perciò confermato e l’inibizione di una collagenasi batterica potrebbe rappresentare una strategia potenzialmente valida per limitare la degenerazione del tessuto in sede di anastomosi e, di conseguenza, lo sviluppo di recidive tumorali.
Al fine di una sua implementazione nella pratica clinica, sono tuttavia necessari ulteriori approfondimenti nell’uomo.