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Obesità infantile e microbiota intestinale: i risultati del Koala study

Secondo il KOALA Birth Cohort Study, tra i fattori chiave di sovrappeso e obesità in età evolutiva rientrera anche il microbiota intestinale.
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Obesità infantile e microbiota intestinale: i risultati del Koala study

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Stato dell’arte
Come dimostrano alcuni studi condotti sugli uomini e sugli animali, il microbiota intestinale può contribuire alla comparsa del sovrappeso attraverso meccanismi che comportano un maggior assorbimento dell’energia contenuta negli alimenti e, ancora, attraverso la regolazione del metabolismo dell’ospite e l’attivazione dell’immunità innata.

Cosa aggiunge questa ricerca
Questa ricerca ha esaminato l’associazione tra la composizione del microbiota e il sovrappeso prendendo in esame una popolazione di 295 bambini in età scolare ed in buone condizioni di salute. Si tratta ad oggi del più grande studio osservazionale tra quelli che indagano sulla relazione esistente tra microbiota intestinale e peso corporeo di soggetti in età pediatrica.

Conclusioni
Diversi taxa batterici sembrano essere associati a un basso peso corporeo. Tra i batteri coinvolti vanno citati Akkermansia, UCII, S. wadsworthensis et rel. e M. formatexigens et rel. Pur trattandosi di risultati preliminari se ne comprende l’importanza nell’affrontare la crescente prevalenza del sovrappeso nei soggetti in età pediatrica.


Tra i fattori determinanti il sovrappeso e l’obesità in età evolutiva potrebbero non esserci solo l’eccessivo apporto calorico e la sedentarietà, ma anche il microbiota intestinale. Lo suggeriscono i risultati del KOALA Birth Cohort Study, il più ampio studio di popolazione condotto finora sulla relazione esistente tra la composizione del microbiota intestinale e il peso corporeo in un ampio gruppo di bambini. La ricerca, realizzata da Ilja C. W. Arts e i colleghi della Maastricht University, in Olanda, è stata pubblicata sulla rivista Obesity.

Microbioma e peso: un legame a lungo indagato

Il microbiota intestinale ha una composizione molto diversificata e svolge un ruolo importante nel definire il nostro stato di salute o di malattia. Come dimostrano alcuni studi condotti sugli uomini e sugli animali, il microbiota intestinale può contribuire alla comparsa del sovrappeso attraverso meccanismi che comportano un maggior assorbimento dell’energia contenuta negli alimenti (energy harvest) e, ancora, attraverso la regolazione del metabolismo dell’ospite e l’attivazione dell’immunità innata.

Negli esseri umani sono state trovate associazioni tra obesità e specifici batteri. Le specie maggiormente coinvolte sono:

  • Bacteroides fragilis,
  • Bifidobacterium,
  • Staphylococcus,
  • Akkermansia muciniphila,
  • Faecalibacterium prausnitzii,
  • Methanobrevibacter smithii, quest’ultimo appartenente agli Archaea

Sempre negli esseri umani la condizione di obesità è stata associata a una minore ricchezza e diversità della flora batterica residente e, in alcuni studi, a un ridotto rapporto tra Bacteroidetes e Firmicutes (B:F). Altri ricercatori hanno riportato esattamente il contrario (prevalenza dei Bacteroidetes sui Firmicutes) oppure non hanno rilevato alcun tipo di associazione. L’incoerenza di questi dati potrebbe essere attribuita al diverso approccio impiegato nello studio del microbiota intestinale (analisi dell’RNA ribosomiale 16S o metagenomica), all’eterogeneità delle popolazioni indagate, oppure al fatto di non aver tenuto conto di potenziali fattori confondenti (vedi stile di vita e dieta). La maggior parte degli studi ha posto a confronto le due categorie estreme, quella degli adulti magri e quella degli adulti obesi, mentre ci sono pochi lavori che indagano sul microbioma intestinale nei bambini sani in età scolare.

Caratteristiche dei soggetti coinvolti nello studio

All’interno dello studio osservazionale di coorte KOALA sono state reclutate, nel periodo che va da ottobre 2000 a dicembre 2002, 2.834 donne alla 34esima settimana di gestazione. Nell’ambito di questo folto gruppo sono state selezionate quelle che conducevano uno stile di vita “convenzionale” (N = 2.343) allo scopo di stabilire l’eziologia del dolore pelvico correlato alla gravidanza. Altre 491 donne che avevano adottato uno stile di vita “alternativo” sono state reclutate attraverso una campagna che ha visto coinvolti i negozi di alimenti biologici, i medici e le ostetriche che seguivano il metodo antroposofico, le scuole di Steiner e le riviste dedicate. Lo stile di vita “alternativo” riguardava le abitudini alimentari (regime vegetariano, scelta di alimenti biologici), l’educazione dei figli, l’aderenza al calendario vaccinale e/o l’uso di antibiotici.

A un sottogruppo di 1.204 genitori è stato chiesto il consenso per una visita domiciliare da collocare a distanza di 6-7 anni dalla nascita e nel corso della quale si sarebbero valutati i parametri antropometrici del bambino. Nella stessa occasione era prevista la raccolta di un singolo campione di feci (N = 669). Una volta applicati i criteri di esclusione (prematurità, nascite gemellari, sindrome di Down, sindrome di Turner, tetralogia di Fallot, disabilità multiple e fibrosi cistica, campioni fecali con tempi di trasporto superiori ai 3 giorni o mancanza di dati relativi alla dieta) il numero dei campioni fecali si è ridotto a 295 (148 [50,2%] maschi e 147 [49,8%] femmine). L’età media dei soggetti esaminati era di 7,4 anni (SD 0,8).

I risultati dello studio

Il microbiota intestinale dei bambini è risultato dominato da:

  • Bifidobacterium,
  • Prevotella melaninogenica,
  • Bacteroides vulgatus,
  • Ruminococcus obeum,
  • F. prausnitzii et rel.

I ricercatori hanno inoltre osservato una distribuzione bimodale di:

  • P. melaninogenica,
  • Prevotella oralis et rel.,
  • Dialister,
  • Clostridiales II (Uncultured Clostridiales II, UCII)

Considerando i gruppi batterici con distribuzione bimodale, la prevalenza di UCII era inversamente associata al BMI e al sovrappeso. Il rischio di sovrappeso era ridotto anche in caso di abbondanza di P. melaninogenica et rel. e di P. oralis et rel.

Dopo aver tenuto conto dei fattori di confondimento, è stato possibile verificare che il peso dei soggetti pediatrici era inversamente proporzionale alla maggior presenza di:

  • Akkermansia (P = 0.009),
  • Burkholderia (P = 0.017),
  • Marvinbryantia formatexigens et rel. (P = 0.050),
  • S. wadsworthensis (P = 0.038),
  • M. formatexigens et rel. (P = 0,027).

Al contrario, è stata documentata una correlazione positiva tra l’abbondanza di Streptococcus bovis et rel. e il sovrappeso (P = 0,013).

Confermate alcune osservazioni precedenti

Fin qui il microbiota intestinale dei soggetti pediatrici è stato meno studiato rispetto a quello degli adulti. Nell’ambito della comunità scientifica si sta ancora discutendo se il microbiota nativo raggiunga uno stato relativamente simile a quello dell’adulto subito dopo lo svezzamento oppure se, al contrario, l’assetto microbico intestinale continui a modificarsi fino agli anni dell’adolescenza. Pertanto, anche se un confronto approfondito tra il microbiota dell’adulto e quello pediatrico andava oltre lo scopo dell’articolo, gli autori hanno voluto determinare se l’ecosistema intestinale a un’età compresa tra i 6 e i 7 anni fosse governato dalle stesse dinamiche che portano alla configurazione del microbiota negli adulti. Sono stati osservati numerosi gruppi batterici con distribuzione bimodale e si è ricercata la presenza di specie che in precedenza erano state segnalate negli adulti sani, incluse le specie UCII, il genere Prevotella (P. oralis e P. melaninogenica et rel.) e il genere Dialister.

Sebbene studi precedenti abbiano riportato un rapporto B:F ridotto (per la prevalenza dei Firmicutes) negli individui in condizioni di sovrappeso o di obesità, in altri lavori si è trovato esattamente il contrario. Ilja C. W. Arts e i suoi colleghi arrivano a confermare i risultati di una precedente meta-analisi di secondo la quale il rapporto B:F non sembra essere una caratteristica in grado di distinguere tra il microbiota dei soggetti magri e quello dei soggetti sovrappeso/obesi.

Sebbene non sia stata trovata un’associazione significativa tra la composizione complessiva della comunità microbica e i dati antropometrici, gli autori hanno documentato la variabilità di alcuni specifici gruppi batterici che potrebbero avere effetti sull’intero ecosistema microbico intestinale. Si è trovata conferma a osservazioni precedenti secondo le quali le specie UCII sono inversamente associate al peso corporeo. Allo stesso modo l’abbondanza relativa di P. oralis et rel. e P. melaninogenica et rel. era inversamente associata al sovrappeso.

Possibili associazioni tra abbondanza di alcune famiglie batteriche e peso corporeo

L’associazione inversa tra abbondanza di Akkermansia e peso corporeo è coerente con alcuni studi precedenti condotti sia sui topi che sull’uomo. Sebbene il meccanismo attraverso il quale l’Akkermansia influenza il metabolismo dell’ospite non sia stato ancora del tutto chiarito, gli studi su topi hanno dimostrato che questo batterio è coinvolto nella riduzione dell’endotossemia, a sua volta associata all’obesità e ai disturbi metabolici. L’Akkermansia sarebbe inoltre in grado di ripristinare la funzione di barriera intestinale attraverso una proteina di membrana che interagisce con il recettore Toll-like 2. Inoltre è stato visto che M. formatexigens et rel. fermenta il glucosio in acetato in presenza di alte concentrazioni di formiato e che la produzione di acetato può provocare la soppressione dell’appetito, suggerendo un possibile meccanismo attraverso il quale questi batteri potrebbero essere collegati a un basso peso corporeo.

I punti di forza di questo studio rispetto ai precedenti studi trasversali sul microbiota intestinale e sul sovrappeso infantile sono le ampie dimensioni del campione in combinazione con l’analisi ad alta risoluzione dell’intera comunità microbica intestinale e con l’azzeramento delle variabili confondenti.

Poiché lo studio ha voluto indagare l’associazione tra composizione del microbiota e peso corporeo in una popolazione di bambini per la maggior parte magri e sani, se ne possono derivare importanti informazioni sul ruolo del microbiota intestinale nel processo di crescita fisiologico.

Un limite del presente studio è nel tempo di trasporto dei campioni fecali che variava da meno di 1 giorno a 3 giorni a temperatura ambiente. Si tratta di un aspetto che potrebbe aver influenzato la diversità delle comunità batteriche. Tuttavia, diversi studi precedenti hanno dimostrato che la diversità microbica e la composizione dei campioni fecali risente molto di più delle differenze interindividuali e delle tecniche di studio che non delle differenze nella modalità di conservazione a breve termine.

In conclusione, i parametri relativi al peso corporeo non sono in grado di condizionare la composizione microbica intestinale di bambini relativamente magri e sani. Nondimeno, diversi taxa batterici sembrano essere associati a un basso peso corporeo. Tra i batteri coinvolti vanno citati Akkermansia, UCII, S. wadsworthensis et rel. e M. formatexigens et rel. Pur trattandosi di risultati preliminari se ne comprende l’importanza nell’affrontare la crescente prevalenza del sovrappeso nei soggetti in età pediatrica.

Roberta Martinoli

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