Un’elevata espressione di Prevotella copri nel microbiota materno, sostenuta da una dieta ricca in fibre, sembrerebbe ridurre l’incidenza di allergie (alimentari, asma allergica, eczema atopico) nei neonati entro un anno di vita. Data l’elevata diffusione della problematica, una modulazione mirata del microbiota materno potrebbe rappresentare quindi una valida nonché utile strategia per supportare la salute dei nuovi nati.
È quanto sostiene lo studio condotto da Peter Vuillermin e colleghi della School of Medicine di Geelong (Victoria, Australia), di recente pubblicazione su Nature Communications.
Prevotella, dieta e stili di vita
Il genere Prevotella, seppur commensale, ha dimostrato un’abbondanza in genere minore in individui occidentali rispetto ai Paesi meno industrializzati. Le abitudini alimentari e gli stili di vita ne sono le principali cause. Tra le proprietà dimostrate da questo ceppo troviamo il metabolismo delle fibre, con la conseguente produzione di acidi grassi a catena corta (SCFAs) e succinato, entrambi attivamente coinvolti nel mantenimento della nostra salute attraverso il sistema immunitario.
Considerando il dialogo bidirezionale tra feto e madre, anche in termini batterici, una sua carenza nel microbiota materno potrebbe comportarne di riflesso una sua mancanza nel nascituro, con aumento del rischio di avere difese immunitarie deboli e, di conseguenza, di sviluppare allergie.
Per approfondire questo aspetto, i ricercatori australiani hanno confrontato le abitudini alimentari e il microbiota di madri con figli allergici e non al fine di identificare una possibile relazione con quello del neonato.
I campioni fecali e plasmatici sono stati raccolti da una coorte di soggetti con diagnosticata allergia (“coorte di studio”, n=60 madri/61 figli) e, come confronto, da una più ampia (“coorte random” n= 321 madri/ 324 figli) durante la gravidanza e periodicamente dopo la nascita del bambino fino a un anno d’età. Di seguito i principali risultati.
Cosa emerge dallo studio
Analizzando le caratteristiche generali dei soggetti inclusi è emerso che:
- le allergie alimentari più diffuse sono alle uova, agli arachidi, alle noci e al latte bovino
- all’interno della coorte di studio, sono state riscontrate allergie alimentari nell’81% dei soggetti, l’asma allergica nell’85% e l’eczema atopico nell’88%
- nella “coorte random”, il 7% dei bambini ha sviluppato allergie alimentari entro un anno, il 6% asma allergica, il 5% eczema.
Mettendo poi in relazione il microbiota materno con la presenza di allergie nel neonato e la sua composizione batterica si è visto che:
- madri allergiche e non hanno una diversa espressione di OTUs, OTU41 e OTU697 in particolare
- il 79% dei ceppi compresi nell’OTU41 appartengono al genere Prevotella
- la presenza di OTU697, seppur meno espressa, è stata registrata solo in concomitanza con quella di OTU41, suggerendo una possibile connessione
- l’espressione di P. copri (OTU41) è significativamente maggiore nelle madri non allergiche; inoltre è stata osservata correlazione positiva con l’alpha-diversity e il rapporto Bacteroides:Firmicutes. Nessuna relazione significativa invece con la beta-diversity
- un raddoppio dell’espressione di P. copri nelle feci materne (qPCR) è associata a una riduzione dell’8% del rischio di allergie alimentari nel neonato
- nella coorte random, l’elevata presenza di P.copri nelle feci materne è stata correlata alla completa assenza di asma e a una riduzione significativa di eczema nei figli
- la quota di P. copri materno è positivamente correlata con quella del figlio a 1, 6 e 12 mesi
- madri cresciute in famiglie numerose hanno, in generale, una maggiore abbondanza di P. copri, suggerendo che l’ambiente esterno possa rappresentare un possibile fattore confondente
- l’espressione di P. copri nel neonato a 6 mesi è inversamente correlata con il rischio di allergie alimentari a un anno.
Considerando infine le abitudini alimentari delle madri in gravidanza si è visto che:
- non è stata registrata una correlazione significativa e indipendente tra il consumo di fibre e lo sviluppo di allergie nel neonato o l’espressione di P. copri
- un maggior apporto di fibre (>22,4 gr/die) e grassi (>77,3 gr/die) è risultato associato a una buona riduzione dei casi di allergia nei neonati.
Conclusioni
Per concludere, dunque, l’espressione di P. copri nel microbiota materno sembrerebbe influenzare lo sviluppo di allergie nel nascituro. Ulteriori studi volti ad approfondire soprattutto i meccanismi d’azione sono però necessari. Se questi dati fossero confermati, P. copri potrebbe quindi essere utilizzato come biomarcatore predittivo di allergie, permettendo di intervenire precocemente manipolando in modo mirato il microbiota materno in gravidanza.