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Come cambia il nostro microbioma dopo la morte?

Cosa succede al microbiota dopo la morte? Uno studio della Michigan State University, negli Stati Uniti, ha provato a rispondere.
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Stato dell'arte
Il microbioma rientra in molti dei processi che regolano la salute di un individuo, dalla sua nascita fino alla morte. Quello che accade dopo rimane però da scoprire
Cosa aggiunge questa ricerca
Con la più alta numerosità e diversificazione delle casistiche in questo settore, il presente studio indaga i cambiamenti di composizione batterica da 24 a 72 ore dopo la morte in diversi siti anatomici. Oggetto di indagine è stata anche l’eventuale correlazione tra espressione batterica e circostanze di morte
Conclusioni
Nonostante la comunità batterica sia stabile fino a due giorni dopo la morte, i successivi cambiamenti sono sito-dipendenti. Inoltre, la biodiversità batterica nel post-mortem è specchio della salute dell’individuo

In questo articolo

Il microbioma è un prezioso compagno di viaggio che ci accompagna per tutta la nostra vita. Ma cosa succede alla componente batterica che lo compone dopo la morte?

Hanno provato a rispondere Jennifer L. Pechal e i colleghi della Michigan State University, negli Stati Uniti, con uno studio pubblicato su Scientific Reports.

Indagando più siti anatomici (occhi, naso, orecchie, bocca e retto) di ben 188 persone decedute, differenti tra loro per età, sesso, condizione di vita e causa di morte, si è dimostrato come la composizione del microbioma sia pressoché stabile entro i due giorni e di come, in seguito, il suo cambiamento sia loco-dipendente. Si è inoltre visto come, considerando la biodiversità batterica, sia possibile risalire allo stato di salute dell’individuo mentre era in vita.

Quali variazioni dopo la morte per il microbioma

Da una prima indagine è emerso che:

  • il sito anatomico è il fattore che più influenza le variazioni del microbioma dopo la morte
  • il processo di decomposizione non comporta la trasmigrazione batterica in altri siti
  • a eccezione del retto, la ricchezza batterica diminuisce col passare delle ore, seguendo il ritmo decompositivo

Andando più nel dettaglio, inoltre:

  • a livello di phylum, Actinobacteria e Bacteroidetes diminuiscono durante la decomposizione, al contrario di Proteobacteria che aumenta
  • la sovrapposizione tassonomica degli OTUs tra i vari siti anatomici si verifica in meno del 10% dei casi
  • alcuni taxa comuni nei viventi, per esempio Staphylococcus e Streptococcus, continuano a persistere fino a due giorni dopo la morte
  • tredici OTUs hanno dimostrato abbondanza differente nello stesso sito anatomico in base alla fase di decomposizione. Di questi, quelli prevalenti ed espressi in più del 30% dei campioni sono risultati essere Streptococcus (occhi e bocca) e H. parainfluenzae (bocca)

Funzioni metaboliche nel post-mortem

I ricercatori hanno poi esplorato l’aspetto funzionale del microbioma attraverso modelli di intelligenza artificiale e con il database KEGG.

  • la motilità cellulare (chemotassi, assemblamento di flagelli ecc.) è aumentata col passare del tempo dal momento della morte, soprattutto nella bocca
  • le Enterobacteriaceae hanno dimostrato la correlazione più forte con la motilità cellulare
  • nonostante l’alta diversità di taxa in base al sito anatomico nelle prime 48 ore dalla morte, si è registrata una parziale sovrapposizione di funzioni metaboliche

Si è poi verificata l’eventuale associazione tra espressione batterica nel post-mortem e condizioni di salute precedenti. L’attenzione si è concentrata sulle malattie cardiache.

Per fare ciò sono stati prelevati campioni orali da individui deceduti entro le 24 ore.

  • si è osservato che una riduzione della diversità filogenetica è un buon predittore di patologia cardiaca
  • i taxa principali individuati sono stati Streptococcus, Heamophilus, Veillonella, Prevotella, Fusobacterium e Rothia
  • tra tutti, nei casi di morte per causa cardiaca o non violenta è stato registrato solo il discreto aumento di Rothia
  • nei casi di morte violenta si è osservato un aumento di diversità batterica

In conclusione, dunque, analizzare la componente batterica di diversi siti anatomici nel post-mortem può fornire informazioni utili sulle condizioni di salute dell’individuo.

Espandendo queste osservazioni alla popolazione, il microbioma potrebbe quindi diventare un ulteriore strumento epidemiologico.

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Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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