La diversità del microbioma intestinale tra le differenti classi di vertebrati è riconducibile principalmente alla loro dieta e al percorso evolutivo.
È quanto conclude l’ampio studio coordinato da Nicholas D. Youngblut del Max Planck Institute for Developmental Biology (Tubingen, Germania), di recente pubblicazione su Nature Communication.
Genetica, dieta, evoluzione, ambiente, sesso e stato di fertilità sono solo alcuni dei principali fattori che influenzano la componente batterica intestinale dell’uomo. Tuttavia, i dati sulle varie specie di animali, in cattività o meno, sono talvolta discordanti.
Per far chiarezza e per comprendere meglio il peso che questi aspetti hanno nella diversità del microbioma intestinale, un team di ricercatori tedeschi ha analizzato e confrontato 213 campioni fecali provenienti da 128 specie di vertebrati (mammiferi, pollame, rettili, anfibi e attinopterigi), l’80% dei quali cresciuti liberi in natura.
Composizione del microbioma
Dall’identificazione degli OTUs presenti è emerso che:
- Firmicutes (Clostridia soprattutto) e Proteobacteria (Betaproteobacteria e Gammaproteobacteria soprattutto) sono comuni ad almeno un esemplare per specie mentre Actinobacteria e Bacteroidetes sono risultati nell’87% e 86% delle specie rispettivamente
- la filogenesi dell’ospite influenza la beta-diversity batterica. Esemplari della stessa specie mostrano generalmente analoga abbondanza di phyla. Tra questi, gli attinopterigi (pesci) sono dominati da Proteobacteria, i chirotteri (pipistrelli) da Preoteobactera e Firmicutes mentre i perissodattili (cavallo, rinoceronte ecc.), gli artiodattili (giraffe ecc.) e i primati non umani da Spirochaete
- la maggior parte degli OTUs identificati soprattutto nei mammiferi e appartenenti a Bacteroidetes e Firmicutes rappresentano una novità in quanto mancanti di rappresentanti in coltura
Evoluzione e dieta nella diversità batterica
Attraverso opportuni modelli matematici, i ricercatori hanno poi valutato in che misura la diversità batterica possa essere spiegata dalla filogenesi dell’ospite, dalla dieta, dall’habitat e da un eventuale variazione delle tecniche di indagine.
Solo la dieta e la filogenesi, ossia il processo evolutivo, hanno dimostrato una correlazione significativa con le variazioni di alpha-/ beta-diversity incidendo rispettivamente per un 20-30% e 18%. Inp particolare:
- nonostante la dieta sostenga alterazioni di diversità complessiva, solo due OTUs appartenenti a Ruminoccaceae e Bacteroidaceae sono risultati attivamente implicati in questo
- in base all’indice LIPA (local indicator of phylogenetic association), gli erbivori dimostrano il più elevato numero di OTUs in comune con specie evolutivamente vicine nonostante si mantenga una buona variazione inter-clade pur seguendo la stessa dieta
- gli OTU-LIPA sono risultati appartenenti a sei phyla batterici (Firmicutes in primis) e a uno archea mostrandosi predominanti soprattutto tra gli artiodattili seguiti da primati e perissodattili. Ciò suggerisce una maggiore influenza del processo evolutivo nei primi e, nel complesso, nei mammiferi rispetto ai non mammiferi
Co-filogenesi a confronto
Si parla di “co-filogenesi” quando il processo evolutivo di due o più organismi avviene insieme, vertebrati e batteri intestinali in questo caso.
I mammiferi hanno mostrato il maggior segnale di co-filogenesi seguiti da pollame, rettili, anfibi e actinopterigi, dati supportati da più di un approccio analitico (PACo, Parafit etc.).
Ambiente e interazioni inter-batteriche
Considerando come dieta e storia evolutiva hanno dimostrato di spiegare la maggior parte delle differenze di alpha/beta diversity tra le specie, anche l’ambiente circostante potrebbe esserne ragionevolmente coinvolto.
Da due analisi eco-filogenetiche, la “distanza media filogenetica” (mean phogenetic distance o MPD) e la “distanza media tra i taxa più vicini” (mean nearest taxon distance o MNTD) si è visto come:
- la maggior parte delle specie sia significativamente correlato (clustering) per MNTD, circa la meta per MPD
- molte poche sono le specie omogenee per filogenesi, tutte per altro appartenenti agli artiodattili
Da ultimo, l’attenzione si è spostata sulle interazioni tra batteri individuando quattro sottogruppi o network distinti, ognuno con differenti composizioni tassonomiche e diversi gradi di rappresentanza a seconda delle specie e diete.
- network 1: composto prevalentemente da Ruminoccocaceae e Peptostreptococceae ed espresso unicamente da artiodattili erbivori
- network 2: dominato anch’esso da Ruminoccocaceae e Peptostreptococceae ma comune a ordini di mammiferi come artiodattili, diprotondi, pelosi e primati soprattutto erbivori
- network 3: include Enterobacteriaceae, Clostridiaceae e Lachnospiraceae, presente in molti ordini carnivore
- network 4: il più diversificato in termini di OTUs e di specie che lo esprimono, soprattutto carnivore
Riassumendo, la dieta e la storia evolutiva sono i principali fattori che determinano la presenza e l’abbondanza di un OTU intestinale. Questo studio inoltre, per la sua ampia varietà di specie incluse e l’elevato numero di campioni analizzati, offre una valida panoramica sui processi che guidano la maturazione e la composizione della comunità batterica di molteplici classi di vertebrati, la maggior parte ancora poco indagati.