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Microbiota intestinale: ecco i fattori ambientali che possono modificarlo

Uno studio olandese offre una prospettiva ad ampio raggio, multi-generazionale e su larga scala sulle dinamiche ospite-microbioma, considerando molteplici scenari sia per fattori interni, sia esterni.
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Microbiota intestinale: ecco i fattori ambientali che possono modificarlo

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Stato dell’arte
Le caratteristiche del microbioma intestinale sono associate a molti disturbi o patologie. Un profilo universale in condizioni di salute o malattia non è stato tuttavia ancora identificato. Molti sono infatti i fattori, esterni o dell’ospite, da considerare.

Cosa aggiunge questa ricerca
In questo studio è stato analizzato il profilo batterico intestinale in termini di composizione, funzionalità, resistenza antibiotica e virulenza di oltre 8 mila olandesi, su tre generazioni e quasi 3 mila famiglie. Fattori ambientali, abitudini alimentari, stile di vita e condizioni di salute sono stati considerati per testare l’impatto.

Conclusioni
L’ambiente e la co-abitazione, più che l’ereditarietà, sono i responsabili della modificazione del microbioma intestinale. Disturbi apparentemente non correlabili hanno poi dimostrato simile alterazione della composizione e funzionalità batterica. La panoramica qui offerta ha quindi le potenzialità per offrire le basi e ottimizzare nuove terapie mirate sul microbioma.

Più che fattori genetici, la popolazione batterica sembrerebbe manipolata da fattori ambientali quali stile di vita, co-abitazione, alimentazione. Conoscerne le dinamiche e le potenziali implicazioni è quindi fondamentale per uno sviluppo mirato ed efficace di nuove terapie mirate sul microbioma. 

È quanto riassume il lavoro di R. Gacesa e colleghi dell’University of Groningen (Olanda), di recente pubblicato su Nature.

Microbiota, tra ambiente e genetica

Che il microbiota intestinale sia influenzato da molteplici fattori, sia esterni sia propri dell’ospite, è noto, come del resto il suo impatto in vari disturbi o patologie anche apparentemente non correlabili con il mondo intestinale. 

Rimane però poco chiaro cosa si intenda per “microbiota fisiologico”. Sono infatti ancora scarse le indagini ad ampio spettro, standardizzate e con un numero adeguato di soggetti nonostante la loro importanza nella scoperta delle interazioni microbioma-ospite. 

Con lo scopo di portare evidenze in tal senso, i ricercatori olandesi hanno coinvolto 8.208 individui (8-84 anni d’età, 57,4% donne) appartenenti a 2.756 famiglie e analizzato la componente batterica intestinale dopo aver considerato svariati fattori confondenti (genetici, antropometrici, situazione clinica, eventuali farmaci, dieta, ambiente, abitudini e condizione sociale). Di seguito i principali risultati di questo studio osservazionale. 

Una prima indagine sulla composizione batterica ha mostrato:

  • 1.253 taxa riconducibili a 4 regni, 21 phyla, 35 classi, 62 ordini, 128 famiglie, 270 generi e 733 specie; 
  • 564 pathways metabolici inclusivi di 257 taxa batterici e archeae. Di questi, 277 hanno mostrato un’abbondanza relativa superiore allo 0,01% e una presenza in più del 5% dei soggetti;
  • la copertura di oltre il 90% delle funzionalità microbiche stimate tra fattori di virulenza, resistenza batterica ecc. il numero delle specie batteriche identificate ha, ad ogni modo, mostrato di crescere con la dimensione del campione suggerendo come sia alta la probabilità che molti altri ceppi siano ancora non noti;
  • un’elevata variabilità inter-individuale. L’abbondanza relativa di Bacteriodetes ad esempio ha mostrato un range tra il 5 e 95%. Di contro, i pathway metabolici più abbondanti sono risultati più stabili della maggior parte dei phyla.

Il nodo del “core microbiome”

Al fine di individuare più nello specifico le specie e i pathways potenzialmente critici per l’organizzazione e il mantenimento di un ecosistema intestinale equilibrato, i ricercatori si sono concentrati su quei taxa presenti in più del 95% dei soggetti e al centro di nodi di co-espressione, detti per questo “core taxa”

  • Subdoligranulum sp., Alistipes onderdonkii, Alistipes putredinis, Alistipes shahii, Bacteroides uniformis, Bacteroides vulgatus, Eubacterium rectale, Faecalibacterium prausnitzii e Oscillibacter sp. sono le 9 specie identificate come “core”, altamente consistenti in coorti indipendenti e internazionali (UK, USA, EU, Asia);
  • 28 specie e 53 pathways sono stati poi classificati come potenzialmente elementi chiave (keystone) essendo definiti da 109 e 337 co-espressioni significative rispettivamente;
  • cinque delle 9 specie core (A. putredinis, A. shahii, F. prausnitzii, Oscillibacter sp. e Subdoligranulum sp.) sono risultate essere keystone e quindi attivamente implicate nel bilanciamento dell’ecosistema intestinale della popolazione olandese. F. prausnitzii, ad esempio, è uno dei principali produttori di butirrato nonché co-espresso con Bacteroidetes e Bifidobacterium, è difatti risultato significativamente depleto nella maggior parte delle patologie croniche. A queste cinque altamente espresse si aggiungono poi specie meno abbondanti (<10%), ma incluse ugualmente tra le keystones. R. gnavus e molteplici specie del genere Clostridium hanno infatti mostrato associazione positiva con diverse patologie in linea con risultati di precedenti studi.

Correlazioni con l’intestino irritabile

Passando quindi alle interazioni inter-specie e alla loro distribuzione si è visto come Prevotella copri definisca due clusters in base alla sua presenza o assenza (distribuzione bimodale). Il cluster con elevata espressione di P. copri è infatti risultato associato a un minor rischio di sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e, in generale, a una condizione di salute.

Inoltre, la co-abitazione ha mostrato di influenzare il microbioma più dell’ereditarietà. In particolare:

  • 17 taxa sono stati identificati come ereditabili (6,6% dei taxa considerati). Tra questi la maggior “ereditabilità” è stata dimostrata da Proteobacteria seguiti da A. mucuniphila, Bacteroidaceae (Parabacteroides goldsteinii, Bacteroides coprocola, Bifidobacterium longum), dal genere Phascolarctobacterium e da generi dell’ordine Clostridiales;
  • tra i pathways microbici, solo 7 hanno mostrato un carattere ereditario (biosintesi di lipidi, piridossale 5-fosfato, isoleucina, pre-chinone);
  • elevata la concordanza tra taxa e pathway ereditabili. Il pathway di biosintesi di lipidi (NAGLIPASYN-PWY) ha infatti mostrato correlazione con Proteobacteria, i restanti pathway con membri della famiglia Bacteroidaceae;
  • 125 degli 257 (48,6%) taxa hanno invece mostrato di essere influenzati dalla co-abitazione attuale, per 22 (8,6%) da quella passata;
  • il microbiota dei coinquilini ha presentato, come preventivabile, una maggiore similitudine rispetto a soggetti con abitazioni separate indipendentemente della consanguineità (genitori-figli, fratelli ecc.). 

I ricercatori hanno poi valutato associazioni a più ampio raggio tra ceppi batterici e fattori confondenti dimostrando come:

  • i fenotipi spiegassero il 12,9% della composizione tassonomica e il 16,3% delle funzionalità batterica. Il maggior contributo è risultato essere da caratteristiche fecali, situazione clinica, farmaci e fattori antropometrici. In particolare, 4.530 associazioni tra fenotipi e taxa, 5.224 con pathways metabolici, 1.848 con geni di resistenza antibiotica e 385 con fattori di virulenza;
  • la maggior parte delle associazioni è risultata coperta da taxa del core o classificati come keystones. Tra questi, Flavonifractor salivarius, F. prausnitzii, Alistipes senegalensis, Clostridium e specie di Subdogranulum. A. senegalensis ad esempio è risultato correlato con 43 fenotipi evidenziando la sua possibile implicazione in molti quadri patologici; C. asparagiforme è poi stato associato a diabete di tipo 2, ipertensione, spondilite alchilosante e altre 23 patologie.

Il microbiota intestinale “fisiologico”

Nonostante le diversità inter-individuali da considerare, è possibile se non altro definire un profilo generale di microbioma fisiologico o associato a patologia? 

Avendo a disposizione un numero di soggetti così ampio, i ricercatori olandesi hanno cercato di rispondere associando le caratteristiche batteriche di ciascuno con le informazioni di salute ottenute da un questionario e 81 patologie diagnosticate in almeno 20 casi. Da qui è emerso come:

  • 1.206 sono le associazioni significative tra taxa batterici, 1.182 con pathways batterici, 390 con geni di resistenza antibiotica e 76 con fattori di virulenza;
  • diverse patologie hanno anche un diverso numero di associazioni. Tra tutte, disordini cardiovascolari e metabolici sono risultati le più correlate, seguite da NAFLD e diabete di tipo 2;
  • si è tuttavia osservato un profilo microbico condiviso tra patologie per di più rappresentato da un incremento di Anaerotruncus, Ruminococcus, Bacteroides, Holdemania, Flavonifractor, Eggerthella e Clostridium contrapposto a un decremento di Faecalibacterium, Bifidobacterium, Butyrivibrio, Subdoligranulum, Oxalobacter, Eubacterium e Roseburia;
  • analogie anche tra pathways metabolici tra disturbi diversi. Tra questi troviamo ad esempio un aumento nella biosintesi di L-ornitina, ubichinolo o Kdo-lipide-A, un decremento del metabolismo anaerobio, fermentazione degli acidi grassi a catena corta o biosintesi di aminoacidi, nucleotidi o deossiribonucleosidi. I fattori di virulenza hanno invece registrato un incremento solo in alcuni quadri clinici, diabete e disordini gastrointestinali inclusi.

Una volta validate queste associazioni è stato calcolato il rispettivo indice di salute del microbioma intestinale (GMHI) individuando 43 delle 50 alterazioni significative tra soggetti sani o meno. A questi si aggiungono altre 55 associazioni microbioma-salute non incluse nei criteri GMHI. 

Approfondendo le varie relazioni si è poi visto come un microbiota alterato rifletta non solo la patologia/disturbo in corso, ma anche i farmaci utilizzati per la loro cura/controllo

Infatti, patologie comuni non ereditarie e relativi trattamenti (inibitori di pompa protonica, antibiotici, antidiabetici, lassativi osmotici e agenti anti-infiammatori intestinali) hanno mostrato effetti analoghi nel microbiota (con 84, 65,47 e 32 taxa rispettivamente). 

I primi anni di vita sono fondamentali (anche) per un corretto sviluppo del corredo batterico che accompagnerà l’individuo nella vita adulta. Ma quali sono i taxa della nostra fanciullezza (entro i 4 anni) ad influenzare maggiormente il microbiota adulto? 

  • 106 taxa, 30 pathways, 22 geni di resistenza antibiotica e 2 fattori di virulenza sono risultati associati alle caratteristiche del microbiota adulto;
  • un ambiente di crescita rurale sembrerebbe supportare la proliferazione di vari ceppi quali P. copri, F. prausnitzii, Rothia mucilaginosa, specie di Bifidobacterium e generi di Mitsuokella, generalmente indici di buona salute. A diminuire invece, specie di Bacteroides, Alistipes e Bilophila nei bambini di città. Modalità di nascita, allattamento e nascita prematura hanno invece mostrato scarsa influenza; 
  • bambini con genitori fumatori hanno mostrato un minor abbondanza di specie Veillonella e Oscillibacter e P. copri in linea con gli effettivi fumatori;
  • l’essere esposti a un animale domestico comporta, in generale, un decremento di Alistipes finegoldii, Lactobacillus delbrueckii, Dialister e Bilophila nella vita adulta.

Infine, sono stati considerati fattori ambientali a prescindere dall’età dimostrando come:

  • l’avere un animale domestico, vivere in un ambiente rurale e avere uno spazio verde ha mostrato di aumentare l’espressione di P. copri, Bacteroides plebeius, Desulfovibrio piger e Mitsuokella, contrapposto a un decremento in Bacteroides fragilis e Bilophila wadsworthia;
  • il fumo attivo è risultato associato a 41 specie e 84 pathways con il 60% di questi associati a fumo in passato, suggerendo effetti a lungo termine, 15 a fumo passivo; 
  • 220 associazioni sono risultate con aspetti socioeconomici (stipendio, quartiere ecc) con un profilo batterico migliore con un uno stile di vita più agiato come prevedibile;
  • 20 fattori dietologici hanno mostrato 378 associazioni con 82 specie. Non solo. L’indice LLDS basato sulla letteratura internazionale sulla nutrizione, ha evidenziato 79 associazioni con taxa, 44 con pathways, 20 con geni di resistenza antibiotica e con 8 fattori di virulenza seguiti da il consumo di alcol, il carico glicemico, proteico e di carboidrati. Il consumo di proteine sembrerebbe positivo per la salute del microbioma favorendo un aumento dei generi Butyrivibrio e Roseburia con una diminuzione di Clostridia. Situazione opposta con l’apporto di carboidrati e i livelli glicemici.

Conclusioni

Per riassumere quindi, questo studio offre una prospettiva ad ampio raggio, multi-generazionale e su larga scala sulle dinamiche ospite-microbioma, considerando molteplici scenari sia per fattori interni (situazione clinica, età ecc.) sia esterni (stile di vita, ambiente, esposizione a fumo ecc.), utile risorsa per futuri studi e terapia focalizzate sul rapporto ospite-microbioma. 

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