Tra gli strumenti di ingegneria genetica, CRISPR-Cas è tra i più noti e, ultimamente, è stato applicato anche ai probiotici.
In questa revisione della letteratura realizzata da Ling Liu e collaboratori della Huazhong Agricultural University (Wuhan, Cina) pubblicata su BioDesign Research si fa il punto sulle conoscenze e sulle applicazioni di questa tecnica nel contesto probiotico. Di seguito i punti principali.
Il sistema CRISPR-Cas e le sue varianti
Nonostante siano molte le varianti sulla base della tipologia di proteine Cas, il sistema CRISPR-Cas rientra nel sistema immunitario adattivo dei procarioti che sostiene le difese dell’ospite contro elementi genetici quali batteriofagi.
CRISPR-Cas è infatti presente nell’85,2% degli archea e nel 42,3% dei batteri, con una diversa distribuzione a seconda delle specie.
Lactobacillus, ad esempio, è principalmente caratterizzato da CRISPR-Cas II, poche specie con il tipo III. La manipolazione genetica di questo sistema avviene attraverso la rottura di acidi nucleici e il seguente inserimento della mutazione desiderata.
Tra tutte le proteine (nucleasi) in grado di rompere i legami nucleici, Cas9 è la più usata e versatile.
Tra i batteri lattici (LAB), i ceppi con CRISPR-Cas endogeno possono essere facilmente utilizzati come target di intervento. Per quelli (pochi) che non lo esprimono, invece, esistono tecniche diverse.
Tra queste, strumenti di editing genetico basati su Streptococcus pyogenes-Cas9 sono tra i più efficaci su LAB quali L. plantarum, L. brevi o L. lactis.
Non solo LAB. Modificazioni genetiche sono state condotte anche su ceppi di Bacillus e lieviti. Ad esempio, utilizzando un gene repressore xylosio-induttore si è aumentata la bioproduzione di N-acetilglucosammina in Bacillus.
Alcuni lieviti, Saccharomyces cerevisiae e S. Boulardii, sono considerati probiotici grazie alle loro proprietà benefiche. In S. Cerevisiae, CRISPR-Cas è stato utilizzato per ricostruire pathways metabolici complessi.
La tecnica di ingegnerizzazione genetica non si limita però a queste specie. Altri isolati ceppi di probiotici infatti sono stati testati con successo. Tra questi, grazie a CRISPR-Cas sottogruppo I-B Clostridium tyrobutyricum ha aggiunto alla produzione fisiologica di butirrato anche quella di butanolo.
Le possibili applicazioni cliniche
Ma quali sono le applicazioni terapeutiche di questi ceppi modificati? Un crescente numero di questi probiotici è impiegato per la prevenzione e il trattamento di vari disturbi.
L. reuteri ingegnerizzato ha, ad esempio, mostrato benefici nell’alleviare malattie epatiche indotte da alcol; E. coli Nissle modificato sembrerebbe invece eliminare i non modificati E. coli resistenti alla terapia antimicrobica. Passando ai lieviti, S. cerevisiae modificato ha dimostrato di riconoscere molecole infiammatorie promuovendo una risposta difensiva.
Nonostante i promettenti risultati preliminari, sono ancora molte le sfide che questi probiotici ingegnerizzati devono affrontare prima di un loro utilizzo su larga scala.
Tra queste, sembrerebbe essere necessario migliorare l’efficienza di trasformazione e la selezione di geni secondo la sensibilità antibiotica dell’ospite, oltre che la standardizzazione di produzione, stabilità e controllo di sicurezza.