Probiotici 2.0: quale futuro per i batteri ingegnerizzati con CRISPR-Cas?

I primi risultati sono promettenti, molte sono le opportunità e le sfide sull’uso di probiotici ingegnerizzati per promuovere lo sviluppo della salute di uomo e animali.
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Probiotici 2.0: quale futuro per i batteri ingegnerizzati con CRISPR-Cas?

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Stato dell'arte

I probiotici sono sempre più impiegati in diversi contesti clinici. Un filone di ricerca recente è quello che esplora le nuove tecniche nel campo dell’editing genetico al fine di modificare i probiotici per aumentarne efficacia e sicurezza.

Cosa aggiunge questa ricerca

In questa revisione, i ricercatori hanno riassunto le diverse tecniche di CRISPR-Cas applicate a probiotici oltre che gli ulteriori strumenti di editing genetico sviluppati a partire da tali tecniche  e i loro diversi utilizzi.

Conclusioni

Nonostante siano molti i progressi fatti dall’ingegneria genetica basata su CRISPR-Cas, rimangono ancora dubbi sul loro uso. I primi risultati sono promettenti, molte sono le opportunità e le sfide sull’uso di probiotici ingegnerizzati per promuovere lo sviluppo della salute di uomo e animali.

In questo articolo

Tra gli strumenti di ingegneria genetica, CRISPR-Cas è tra i più noti e, ultimamente, è stato applicato anche ai probiotici

In questa revisione della letteratura realizzata da Ling Liu e collaboratori della Huazhong Agricultural University (Wuhan, Cina) pubblicata su BioDesign Research si fa il punto sulle conoscenze e sulle applicazioni di questa tecnica nel contesto probiotico. Di seguito i punti principali. 

Il sistema CRISPR-Cas e le sue varianti

Nonostante siano molte le varianti sulla base della tipologia di proteine Cas, il sistema CRISPR-Cas rientra nel sistema immunitario adattivo dei procarioti che sostiene le difese dell’ospite contro elementi genetici quali batteriofagi. 

CRISPR-Cas è infatti presente nell’85,2% degli archea e nel 42,3% dei batteri, con una diversa distribuzione a seconda delle specie. 

Lactobacillus, ad esempio, è principalmente caratterizzato da CRISPR-Cas II, poche specie con il tipo III. La manipolazione genetica di questo sistema avviene attraverso la rottura di acidi nucleici e il seguente inserimento della mutazione desiderata. 

Tra tutte le proteine (nucleasi) in grado di rompere i legami nucleici, Cas9 è la più usata e versatile. 

Tra i batteri lattici (LAB), i ceppi con CRISPR-Cas endogeno possono essere facilmente utilizzati come target di intervento. Per quelli (pochi) che non lo esprimono, invece, esistono tecniche diverse. 

Tra queste, strumenti di editing genetico basati su Streptococcus pyogenes-Cas9 sono tra i più efficaci su LAB quali L. plantarum, L. brevi o L. lactis.

Non solo LAB. Modificazioni genetiche sono state condotte anche su ceppi di Bacillus e lieviti. Ad esempio, utilizzando un gene repressore xylosio-induttore si è aumentata la bioproduzione di N-acetilglucosammina in Bacillus

Alcuni lieviti, Saccharomyces cerevisiae e S. Boulardii, sono considerati probiotici grazie alle loro proprietà benefiche. In S. Cerevisiae, CRISPR-Cas è stato utilizzato per ricostruire pathways metabolici complessi

La tecnica di ingegnerizzazione genetica non si limita però a queste specie. Altri isolati ceppi di probiotici infatti sono stati testati con successo. Tra questi, grazie a CRISPR-Cas sottogruppo I-B Clostridium tyrobutyricum ha aggiunto alla produzione fisiologica di butirrato  anche quella di butanolo

Le possibili applicazioni cliniche

Ma quali sono le applicazioni terapeutiche di questi ceppi modificati? Un crescente numero di questi probiotici è impiegato per la prevenzione e il trattamento di vari disturbi. 

L. reuteri ingegnerizzato ha, ad esempio, mostrato benefici nell’alleviare malattie epatiche indotte da alcol; E. coli Nissle modificato sembrerebbe invece eliminare i non modificati E. coli resistenti alla terapia antimicrobica. Passando ai lieviti, S. cerevisiae modificato ha dimostrato di riconoscere molecole infiammatorie promuovendo una risposta difensiva.

Nonostante i promettenti risultati preliminari, sono ancora molte le sfide che questi probiotici ingegnerizzati devono affrontare prima di un loro utilizzo su larga scala. 

Tra queste, sembrerebbe essere necessario migliorare l’efficienza di trasformazione e la selezione di geni secondo la sensibilità antibiotica dell’ospite, oltre che la standardizzazione di produzione, stabilità e controllo di sicurezza.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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